A Lecco in occasione di Goletta dei Laghi si è svolto il workshop Le risorse idriche di laghi e bacini nella transizione energetica e climatica di Legambiente
LECCO – L’energia idroelettrica in Lombardia rappresenta una risorsa chiave per la transizione energetica. È quanto emerso dal workshop “Le risorse idriche di laghi e bacini nella transizione energetica e climatica”, promosso da Legambiente nell’ambito della campagna Goletta dei Laghi, durante il quale sono stati presentati dati e analisi sul ruolo strategico dell’idroelettrico e sulle criticità ancora aperte in tema di sicurezza, governance e sostenibilità ambientale.
Gli invasi idroelettrici, grazie alla loro capacità di accumulo, offrono una forma di energia programmabile che integra e stabilizza la produzione da fonti rinnovabili, in particolare fotovoltaico ed eolico. A differenza del solare, l’idroelettrico consente infatti di modulare la generazione in base alla domanda energetica, grazie anche ai sistemi di pompaggio che permettono di risalire i volumi d’acqua nei momenti di surplus energetico. Questo rende il comparto un acceleratore della transizione energetica, insieme agli accumuli elettrochimici e a una maggiore efficienza nei consumi.
Un patto con il territorio da rinnovare
Tuttavia, come sottolinea Legambiente, il “patto” che un tempo legava i gestori degli impianti idroelettrici al territorio – fondato su grandi investimenti e benefici condivisi – si è in parte incrinato. Oggi i profitti generati dall’energia prodotta spesso superano di gran lunga i benefici restituiti alle comunità locali, che invece devono far fronte ai costi ambientali: artificializzazione dei corsi d’acqua, interruzione della loro continuità ecologica, alterazioni nel trasporto dei sedimenti, impatti sulla biodiversità e sulla fauna ittica, nonché conflitti sull’uso della risorsa idrica, particolarmente sentiti in agricoltura durante i periodi di siccità sempre più frequenti.
Queste criticità, pur diffuse in molti territori, possono essere affrontate con strumenti e tecnologie già disponibili, come dimostrano diverse buone pratiche a livello nazionale. Oltre agli obblighi ambientali previsti dalle direttive europee (tra cui quelli su biodiversità e tutela degli ecosistemi acquatici), a spingere per un intervento immediato è anche la necessità di garantire la sicurezza delle infrastrutture.
Sicurezza: un’urgenza non più rinviabile
Un altro aspetto cruciale evidenziato da Legambiente riguarda la sicurezza delle infrastrutture. L’idroelettrico, come spiegato durante il workshop, è la fonte rinnovabile associata ai maggiori rischi infrastrutturali, soprattutto in presenza di grandi invasi che dominano aree densamente abitate. In Italia, le dighe sono monitorate da un’apposita struttura del Ministero delle Infrastrutture, ma è importante considerare che fanno parte di un sistema più ampio e dinamico, che include versanti, opere accessorie e condotte di derivazione spesso costruite decenni fa. Solo in provincia di Sondrio, ad esempio, esistono oltre 500 km di canalizzazioni ad alta quota che trasportano ingenti volumi d’acqua da una valle all’altra, talvolta attraversando territori geologicamente instabili.
Un dato preoccupante riguarda l’età media delle dighe lombarde: 82 anni, ben al di sopra della media nazionale. Un terzo di queste ha già superato il secolo di vita, rendendo necessari interventi di ammodernamento e messa in sicurezza.
Il nodo delle concessioni
A rallentare il rinnovamento degli impianti è il nodo irrisolto della governance. Come evidenzia Damiano Di Simine, responsabile scientifico di Legambiente Lombardia, il 90% delle concessioni per grandi impianti idroelettrici in regione è in scadenza entro il 2029 o è già scaduto. In questo contesto di incertezza, è comprensibile che i gestori non siano incentivati a investire in interventi a lungo termine. Regione Lombardia ha avviato il processo di rinnovo, partendo da due concessioni già scadute, ma i tempi della burocrazia e dei ricorsi rischiano di dilatare eccessivamente il processo, rallentando gli investimenti indispensabili.
Serve quindi un’azione corale e tempestiva da parte di tutti gli attori coinvolti – Regione, enti locali, agenzie e operatori energetici – per garantire un rinnovo rapido, trasparente ed efficace delle concessioni. Questo consentirebbe non solo di migliorare le prestazioni energetiche degli impianti, ma anche di intervenire sulla tutela ambientale e sulla sicurezza dei territori a valle.
Una risorsa strategica per il futuro
“Gli impianti idroelettrici rappresentano una risorsa strategica non solo per la produzione di energia rinnovabile, ma anche per la gestione e tutela degli ecosistemi idrici collegati”, dichiara Giorgio Zampetti, direttore nazionale di Legambiente. Per questo motivo, il tema del rinnovo delle concessioni è cruciale: va affrontato garantendo che gli attuali o futuri concessionari si impegnino in investimenti mirati all’efficientamento degli impianti, alla manutenzione delle infrastrutture (soprattutto per quanto riguarda i sedimenti), alla tutela dei fiumi e dei laghi, e alla creazione di benefici concreti per le comunità ospitanti, non solo sotto forma di compensazioni economiche ma anche in termini di sviluppo locale.
Lombardia: leader nazionale dell’idroelettrico
Con oltre il 25% della produzione nazionale, la Lombardia è la prima regione italiana per energia idroelettrica. La provincia di Sondrio è il cuore pulsante di questo sistema: tra Valtellina, Valchiavenna e Alto Lario, il bacino dell’Adda alimenta decine di impianti prima di sfociare nel Lago di Como, producendo da solo il 55% dell’energia idroelettrica regionale. Con più di 2,5 GW di potenza installata, questa area montuosa è la più grande centrale elettrica d’Italia, grazie a 30 grandi dighe e circa 130 centrali idroelettriche di media e grande dimensione.
Segue la Valcamonica con le valli bresciane afferenti ai laghi di Iseo, Idro e Garda, che insieme coprono il 24% della produzione lombarda. Anche il Lago Maggiore, pur ricadendo in buona parte in Piemonte e in territorio svizzero, contribuisce al sistema: la sua sponda lombarda ospita a Maccagno una delle più grandi centrali di pompaggio d’Europa, con oltre 1 MW di potenza installata sfruttando il dislivello tra il piccolo Lago Delio e il Lago Maggiore.
Il resto della produzione è distribuito tra le valli bergamasche e gli impianti di pianura, che utilizzano le elevate portate dei grandi fiumi al di fuori dei bacini montani.

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