Tra divieti, lavoro e famiglia, a pagare sono sempre i ragazzi
“Se a marzo avevamo energie ora siamo più stanchi e demoralizzati”
LECCO – Lombardia è zona rossa. Il Governo alla fine ha deciso di chiudere tutto, di nuovo. Nel giro di pochi giorni siamo tornati alla stessa identica situazione di marzo. La decisione ha portato a uno scontro tra Governo e Regione con tutta una serie di strascichi polemici. Che qualcosa non abbia funzionato è evidente, ma come al solito a pagare le conseguenze, in questo caso, sono le famiglie.
Francesca è mamma di due bambini, il più grande ha 13 anni e frequenta la terza media, la piccola ha 8 anni ed è in terza elementare. Uno frequenterà la didattica a distanza e l’altra la scuola in presenza: “Non si può non dire che questa decisione ci mette in grande difficoltà – racconta -. Capisco il momento di emergenza ma non è possibile essere nelle stesse identiche condizioni di marzo. Siamo stanchi e demoralizzati”.
Dopo il discorso del premier Conte è scattata la corsa alla “riorganizzazione”: “Siamo diventati dei campioni di flessibilità. Per sopravvivere, la cosa più importante, è avere un po’ di copie di autocertificazioni. Dopodiché sia io che mio marito (entrambi impiegati in aziende private) ci stiamo organizzando: con non poche difficoltà probabilmente uno dei due sarà sempre a casa al mattino per dare un occhio al figlio più grande. Al pomeriggio però non possiamo non andare al lavoro, perciò con autocertificazione in mano manderemo il figlio più grande dai nonni. Nonni che doteremo di autocertificazione per andare a prendere la più piccola a scuola”.
E’ inutile dire che c’è parecchia frustrazione e tanta stanchezza: “Noi siamo fortunati, sia come organizzazione a livello lavorativo, sia perché possiamo contare sui nonni e per il fatto che abitiamo tutti nello stesso comune, a poche decine di metri di distanza – conclude -. Vi assicuro che ci sono genitori che sono veramente in difficoltà e sono costretti a lasciare i figli a casa da soli”.
Maria Serena è mamma di tre bambini, anche per lei l’annuncio del lockdown in Lombardia è stata una doccia fredda: “Anche solo da un punto di vista logistico per le famiglie con i genitori che lavorano questa decisione rappresenta un grosso problema. Io e mio marito dobbiamo andare al lavoro e mio figlio che frequenta la 2^ media è a casa. Non vorremmo chiedere ai nonni di accudirlo proprio per cercare di tutelarli, ma non si può nemmeno pensare di lasciare a casa da solo un ragazzino di 12 anni”.
Come tante famiglie, in queste ore, sta cercando una soluzione: “Non entro nel merito dell’aspetto sanitario, ma il decreto non risolve il nodo dei bambini di 2^ e 3^ media che sono grandi ma forse non abbastanza per passare intere giornate da soli. Le famiglie sono lasciate sole, anche noi stiamo cercando una soluzione cercando di organizzarci con lo smart working, ma la realtà è che il problema della gestione dei figli è lasciato unicamente alle famiglie. Mi piacerebbe capire i ragazzi di 2^ e 3^ media in che percentuale incidono sulla capienza dei mezzi di trasporto”.
Una decisione che mette in difficoltà tante famiglie: “Forse a marzo e aprile avevamo tutti un po’ più di energia adesso si fa molta più fatica perché a supporto delle famiglie non c’è proprio nulla. Tra l’altro sembra che il passaggio dalla scuola in presenza alla didattica a distanza sia indolore ma non è affatto così: le ore sono meno e i buchi in cui i ragazzi non sono impegnati con lo studio si moltiplicano. Ai ragazzi viene tolto molto e la sensazione è che non si sia tenuto conto dell’aspetto sociale e umano”.
Anche Marco è papà di tre figli: la più grande è in 2^ superiore ed è a casa già da qualche giorno, poi c’è un figlio in terza media che da domani sarà a casa e infine c’è la più piccola che continua ad andare a scuola perché frequenta le elementari: “Avendo tre figli ci troviamo a gestire diverse situazioni. Tra l’altro con il ragazzo che frequenta le medie ci siamo già trovati a vivere le lezioni a distanza perché la sua classe ha dovuto affrontare l’isolamento per un caso di covid – racconta -. Con i figli a casa e i genitori al lavoro la situazione diventa davvero complicata. Dove è possibile cerchiamo di fare lo smart working per non dipendere dai nonni che vogliamo tutelare”.
I genitori sono letteralmente costretti a fare i salti mortali: “Noi siamo fortunati perché i nostri figli sono già grandicelli, ma per tante famiglie la situazione diventa insostenibile e il paradosso è che ci si trova costretti a ricorrere ai nonni che sono le persone più fragili. Ancora una volta le famiglie sono state lasciate sole. Siamo arrabbiati perché sul capitolo scuola si doveva fare di più: nonostante le scuole abbiano organizzato tutto per una ripresa in sicurezza e i ragazzi siano stati bravi, ora ci si trova nella situazione di doversi fermare perché non è stato organizzato il trasporto pubblico”.
E poi non si considerano le ricadute sui ragazzi: “Fermare la scuola è una privazione incredibile per i ragazzi, sia a livello di apprendimento che per le relazione che si creano. La didattica a distanza non è la stessa cosa della scuola in presenza. E come se non bastasse vengono fermate tutte le attività sportive quando ci sono situazioni che si potevano tenere aperte dopo che si erano attrezzate per soddisfare le misure di sicurezza. Siamo ancora allo stesso punto di marzo, ma adesso c’è tanta amarezza perché si poteva fare di più”.