Mandello ricorda “La strage di via D’Amelio”

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Trentadue anni fa l’attentato in cui perse la vita Paolo Borsellino

Esposta dal balcone del Comune l’immagine dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

MANDELLO DEL LARIO – “Come Assessore all’Istruzione e a nome di tutta l’Amministrazione Comunale voglio ricordare il drammatico avvenimento de ‘La strage di via D’Amelio‘ accaduto 32 anni fa”, queste sono le parole di Doriana Pachera. A Mandello per ricordare questo giorno verrà esposta dal balcone del Comune l’immagine che ritrae i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Domenica 19 luglio 1992 alle ore 16.58, un boato riecheggiò in una Palermo semi deserta. Un’intensa colonna di fumo si alzò da via D’Amelio, come ricorda Vincenzo Policheni, che quel giorno era in servizio di volante poco distante dal luogo dell’esplosione. Al suo arrivo ebbe la sensazione di essere su uno scenario di guerra: polvere, fumo, fiamme, vetri in frantumi, parte dei palazzi smembrati. Verso di lui accorse un uomo, era l’agente Antonino Vullo con il volto bruciacchiato, poliziotto della scorta del giudice Paolo Borsellino, unico sopravvissuto – continua Doriana Pachera -.A distanza di 57 giorni dalla strage di Capaci, la mafia era tornata ad uccidere. Lo aveva fatto imbottendo di esplosivo un’auto, la 126 verde, e posizionandola sotto la casa in cui vivevano la madre e la sorella del giudice Borsellino. La deflagrazione travolse lui e i cinque poliziotti che lo proteggevano: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina“.

Questo nuovo attentato sconvolse Palermo e l’Italia intera. “La sensazione fu che la mafia poteva colpirci quando e come voleva”, racconta Vincenzo, oggi ispettore della questura di Cagliari, ricordando quel tragico giorno. L’episodio però contribuì a svegliare la coscienza dei palermitani, che da quel momento si resero conto di quanto fosse necessaria una rivoluzione culturale, iniziata sotto le bombe della mafia e arrivata sino ai giorni nostri.

“Oltre al giudice Paolo Borsellino voglio ricordare il sacrificio della sua scorta, i cinque agenti stavano accompagnando il giudice a casa della madre che la doveva accompagnare in ospedale per degli accertamenti clinici. Riporto le parole di Agnese Piraino moglie di Borsellino da cui si evince l’affetto che il giudice e sua moglie provavano per questi uomini e queste donne”.

“Erano persone che facevano parte della nostra famiglia. Condividevamo le loro ansie e i loro progetti. Era un rapporto, oltre che di umanità e di amicizia, di rispetto per il loro servizio. Mio marito mi disse ‘quando decideranno di uccidermi i primi a morire saranno loro’, per evitare che ciò accadesse, spesso usciva da solo a comprare il giornale e le sigarette quasi a mandare un messaggio ai suoi carnefici perché lo uccidessero quando lui era solo e non in compagnia dei suoi angeli custodi'”.

“Sono stati tutti insigniti della Medaglia d’Oro al Valor Civile per aver assolto il proprio compito con grande coraggio e assoluta dedizione al dovere pur consapevoli dei gravi rischi cui si esponevano a causa della recrudescenza degli attentati contro rappresentanti dell’ordine giudiziario e delle Forze di Polizia. Inoltre, lo Stato ha onorato il sacrificio delle vittime, con il riconoscimento concesso a favore dei loro familiari, costituitisi parte civile nel processo, dal Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso di cui alla legge n. 512/99”, conclude così Doriana Pachera.