“E’ come se mio nonno oggi fosse restituito ai suoi famigliari e alla sua comunità”
Il sindaco: “I testimoni diretti della tragedia dell’Olocausto stanno man mano scomparendo, ma restano i segni come le pietre d’inciampo”
OSNAGO – “Sono molto emozionata e commossa. Ringrazio tutti per questa iniziativa: è come se mio nonno oggi fosse restituito ai suoi familiari e alla sua comunità”. Sono le parole pronunciate da Rossana Mauri, nipote di Antonio Bonfanti, il cittadino di Osnago deportato a Mathausen e lì morto il 25 gennaio del 1945, ricordato questa mattina, sabato, in occasione della Giornata della Memoria, con la posa di una pietra d’inciampo.
“L’abbiamo posata qui, in via Sant’Anna, perché qui c’era la corte dei Bonfanti” ha aggiunto il sindaco Paolo Brivio, ricordando come, sempre nella via, negli anni scorsi, sia stata posta una targa in sua memoria e sia stato realizzato un murales.
“In questa pietra dovremo ora inciampare perché quando inciampiamo rischiamo di perdere l’equilibrio e questo ci costringe a trovare una nuova prospettiva e un nuovo sguardo – ha continuato Brivio -. I testimoni diretti della tragedia dell’Olocausto stanno man mano scomparendo, ma restano i segni come appunto le pietre d’inciampo”.
È toccato poi allo storico Gabriele Fontana evidenziare il significato dell’iniziativa ideata dl tedesco Gunter Demner e tratteggiare la figura di Antonio Bonfanti, a cui è intitolato, insieme al cernuschese Angelo Bonfanti, l’istituto comprensivo del Moscaro a cui fanno riferimento i Comuni di Cernusco, Osnago, Lomagna e Montevecchia, oggi presenti con i sindaci Gennaro Toto, Cristina Citterio, Ivan Pendeggia e appunto Brivio oltre al sindaco del Consiglio sovracomunale dei ragazzi.
“Le pietre portano i nomi di tutti quelli coinvolti nel sistema sterminio nazista – ha detto Fontana – e portano alla costruzione di un enorme memoriale diffuso. In questo modo i loro nomi non verranno mai dimenticati”.
Quanto a Bonfanti, Fontana ha precisato: “Era un uomo normale, un uomo qualunque, capitato in una situazione in cui viene macinato. Aveva 42 anni quando una sera venne fermato dai fascisti a Vimercate mentre trascinava un carretto che portava granaglie. Gli dicono di firmare un foglio per dichiarare che le stava portando in Valtellina per i combattenti. E lui, che sperava di poter tornare così velocemente a casa dalla famiglia,firma la sua condanna a morte. Lo consegnano ai tedeschi, entra a San Vittore nel braccio tedesco e di li a poco parte per Mauthausen”.
Bonfanti non fece mai più ritorno a casa. Da oggi però una piccola pietra d’inciampo in ottone lo ricorderà per sempre li in via Sant’Anna, dove c’era la corte in cui Antonio era nato e cresciuto.
“Spero che questa pietra serva a ricordare la tragedia che ha riguardato mio nonno e ad augurare a tutti pace in un mondo purtroppo contrassegnato da troppe guerre che portano solo distruzione”.