A Valmadrera, all’interno di Monti Sorgenti, la serata per celebrare il 60° della spedizione Città di Lecco
Di quel gruppo di amici oggi è rimasto solo Luigino Airoldi: “Quella è la salita che più di tutte porto nel mio cuore”
VALMADRERA – “Dopo quella spedizione ne ho fatte altre quarantacinque, ma la salita al McKinley è quella che mi è rimasta nel cuore”. Sul volto c’è sempre quell’inconfondibile sorriso che in 60 anni non è cambiato di una virgola, la voce è squillante, alla soglia dei 90 il Ragno della Grignetta Luigino Airoldi non ha perso la sua verve, anzi…
Erano le ore 23 del 19 Luglio 1961 quando, dopo 16 ore filate di scalata, tutti e sei i membri della spedizione “Città di Lecco” guidata dall’allora 52enne Riccardo Cassin raggiungono la cima del McKinley per l’inviolata parete Sud. Di quel gruppo di amici, prima ancora che alpinisti, è rimasto solo Luigino: “Eravamo pochi e tutti amici – ricorda – e poi eravamo guidati dal grande ‘capo’, il Riccardo. Fino a 300 metri dalla vetta Cassin è sempre rimasto in cordata con me, poi Jack Canali ha avuto i noti problemi ai piedi e allora io mi sono legato con lo Zucchi (Annibale) e Riccardo ha tirato su Canali”.
“Cosa ha significato quella spedizione? E’ stata inserita nelle tre salite più importanti degli italiani nel mondo – continua -. E poi non scorderò mai i complimenti ricevuti dal presidente J.F. Kennedy. A distanza di tanto tempo, 60 anni, penso spesso a quella spedizione e più della salita porto con me il ricordo di tutti e cinque quegli amici che oggi non ci son più, perché l’amicizia è il valore più grande“.
Nella serata di ieri, giovedì, all’interno della rassegna Monti Sorgenti, la Fondazione Cassin e il Comune di Valmadrera hanno celebrato l’anniversario di quell’importantissima spedizione che ha cambiato la storia alpinistica di Lecco per la portata dell’impresa. Tutto esaurito, nel rispetto delle norme anti covid, l’auditorium del centro Fatebenefratelli di Valmadrera dove si è svolta la serata.
“Stasera torniamo indietro di sessant’anni – ha detto il sindaco di Valmadrera Antonio Rusconi -. Luigino Airoldi si ricorda bene quando festeggiammo in Parlamento a Roma l’anniversario della salita del Cerro Torre. E io ho avuto bisogno di uscire da Lecco e andare a Roma per capire chi era Riccardo Cassin e cos’è l’alpinismo a Lecco perché noi qui siamo troppo abituati…”.
La serata è stata presentata dalla giornalista esperta di montagna Anna Masciadri che ha introdotto Guido e Marta Cassin, rispettivamente figlio e nipote di Riccardo, alla guida della Fondazione Cassin. “La rassegna Monti Sorgenti, dopo le vicende dell’ultimo anno, è stata un po’ una scommessa ma abbiamo ottenuto risultati molto gratificanti – ha detto Marta Cassin -. Il gruppo di Monti Sorgenti è sempre pieno di entusiasmo e non ci siamo lasciati prendere dallo sconforto. Il grazie va a tutti coloro che ci hanno seguito anche quest’anno”.
“In questa serata ricordiamo il 60° del McKinley e mi fa estremamente piacere che sia con noi Luigino Airoldi con la sua famiglia – ha continuato – ma anche i nipoti di Jack Canali, la figlia di Annibale Zucchi… è proprio bello vedervi qui perché insieme a questi grandi alpinisti ho vissuto il 50° di quella salita e per me è un’emozione essere qui perché dieci anni fa mi hanno insegnato valori fondamentali che, sono sicura, usciranno anche stasera dai filmati e dalle parole di Luigino”.
Nelle immagini di un filmato dell’epoca e del più recente (2011) film “McKinley 1961 – Storia di una amicizia” della regista Paola Nessi gli spettatori hanno potuto immergersi nella storia di quella spedizione ideata da Carlo “Bigio” Mauri (a cui però ha dovuto rinunciare a causa di un incidente sugli sci) e che ha visto protagonisti Riccardo Cassin, Annibale Zucchi, Jack Canali, Gigi Alippi, Romano Perego e Luigino Airoldi.
Una cordata di amici, prima che di alpinisti, guidati da un uomo di grande carisma che arrivava dal successo dell’importantissima spedizione al Gasherbrum IV del 1958. Immagini che parlano di avventura, coraggio, lavoro di squadra, tanta fatica ma anche sentimenti. Negli occhi lucidi dei protagonisti di quelle interviste e nel ricordo di quell’abbraccio liberatorio in vetta sta tutto il senso di una spedizione che, anche a distanza di 60 anni, ha lasciato un segno profondo.