“Cose Turche, cose strane, cose incasinate, cose dell’altro mondo, fondamentalmente la mia prima esperienza di apertura dal basso di una via d’arrampicata su calcare è stata una gran ‘ragliata’ “. E’ questo il primo commento di Matteo Bernasconi al termine della sua avventura in Turchia, insieme all’amico e compagno di avventure Davide Spini.
I due Ragni si sono spinti nell’Anatolia Meridionale, al cospetto delle montagne della Ala Daglar per poi giungere ai piedi della parete Kizilin Baci. E’ qui che Davide e Matteo hanno aperto “Cose Turche”, circa 300 metri di via con difficoltà che hanno stimato aggirarsi intorno all’ 8b e con un 7a obbligato.
“Un mio caro amico (“piri” Pedeferri) prima di partire mi disse che quello che avrei fatto sarebbe stato un cantiere: un cantiere? Su una parete di calcare non avevo mai aperto una via d’arrampicata ed effettivamente ho scoperto ‘a mie spese’ che la parola cantiere si addice perfettamente nel momento in cui decidi di aprire una via su calcare a spit. Visto la mia ‘inesperienza’, prima di partire ho chiesto consigli ad alcuni miei amici abituati ad usare trapano e spit nell’aperture di vie nuove d’arrampicata; i più saggi mi hanno detto che essendo la mia prima via, avrei dovuto scegliere una linea non troppo strapiombante, perché sarebbe stato un cantiere, dove all’inizio tutto sembra facile ma alla fine si trovano sempre e comunque rogne…”
E come spesso capita, ai consigli si dice “sì” e poi qaundo è il momento diseguirli si fa di testa propria ed è quello che hanno fatto Bernasconi e Spini.
“Il risultato è stato che abbiamo fatto di testa nostr -prosegue Bernasconi – i consigli sono andati a farsi benedire, abbiamo ragliato ma in fin dei conti ne è uscita, a parer nostro, una bella via che abbiamo chiamato “Cose Turche” e se qualcuno mi chiedesse se mi è piaciuta l’esperienza e se lo rifarei, la mia risposta sarebbe: assolutamente no…naturalmente scherzo! Lo rifarei ma a “casa”, perché nell’aprire una via passi parecchi giorni in parete e fondamentalmente ti distruggi (fai il buco con il trapano, martelli lo spit, ti appendi, tiri lo spit, ti cali, sblocchi il trapano…ecc… non si finisce più); e se piove, come è successo a noi, per quattro giorni e mezzo, arriva un momento in cui ti accorgi che la via non è ancora finita e i giorni per provarla sono veramente pochi. Avere un project aperto in Turchia non è il massimo, e se poi la via è anche al proprio limite, diciamo che la situazione si complica. Invece averla vicino a casa, ti offre la possibilità di provarla senza limiti di tempo con annessi e connessi”.
Quindi Matteo spiega com’è nata la via: “L’esperienza è stata bella anche se sulla nostra via, visto le difficoltà, l’inclinazione della parete sempre strapiombante, e la qualità della linea, abbiamo dovuto adottare un’etica di apertura, se di etica si può parlare, che non è quella “moderna” di andare da spit a spit cercando l’obbligato sempre in arrampicata ma abbiamo dovuto procedere un po’ in arrampicata e un po’ in artificiale ed è cosi che è nata ‘Cose Turche’. La parete in diversi punti era molto sporca, le fessure intasate d’erba così come i buchi, in apertura si procedeva come si riusciva, però alla fine la via risulta comunque ben chiodata e in diversi tratti ci si protegge con nut e friend. Cose Turche mi impegnerà molto probabilmente ancora per qualche giornata l’anno prossimo in compagnia del mio amico Spinaz e di qualche nostro amico “big” che ci aiuti a liberare la via. Voglio dire solo un’ultima cosa: aprire è una faticaccia e la soddisfazione più grande per un apritore è quella per lo meno di provare la libera, altrimenti è come andare sotto una bella montagna e dire ‘magari un giorno proverò a salirla…’. Di ‘Cose Turche’ manca proprio questo, la libera, il momento più bello, che speriamo arrivi l’anno prossimo”.
Poi il Ragno si congeda con un ringraziemento a “Rolando Larcher per tutte le informazioni e per la sua grande disponibilità, e a Recep per la sua calorosa ospitalità e per averci fatto sentire come a casa nei suoi accoglienti bungalows”.
(Info e foto tratte dal sito www.ragnilecco.com)