LECCO – 107 chilometri e 100 metri, dal Ponte Kennedy (Lecco) fino ai Piani Resinelli (Abbadia Lariana), arrampicandoci in cima alla Valcava e poi giù in picchiata a 75km orari fino a Sant’Omobono Terme, poi ancora salita fino a Berbenno, forcella di Bura, Culmine di San Pietro e di nuovo giù, verso la Valsassina, Colle di Balisio quindi Ballabio per tornare a spingere sui pedali e tagliare finalmente il traguardo ma… solo dopo aver macinato i 14 tornanti che conducono ai Piani Resinelli (1278 metri), ai piedi della maestosa Grignetta (2184 metri).
La ricognizione della parte più spettacolare della 15^ tappa del Giro d’Italia 2012 Lecconotizie.com l’ha voluta fare tutta, in compagnia di due grandi campioni: Antonio Rossi (pluricampione olimpionico di canoa) e Daniel Antonioli (attuale vice campione del mondo di winter triathlon) seguiti dai registi Nicoletta Favaron di Lecco e Maurizio Camponovo di Como della Mountain Film Project, con l’arduo compito di riprendere l’avventura targata Lecconotizie. Con noi anche gli sponsor Autovittani, Unicalce, Mondialudito, Vinicola Mauri e ovviamente il Comitato Lecchese per il Grande Cislimo.
Giovedì 3 maggio, Ore 9 – L’appuntamento è a Lecco al ponte Kennedy (Terzo ponte). La giornata è limpida e soffia quel fresco Tivano che ti dà brio e oggi, di sicuro, ce ne vorrà parecchio. Alla spicciolata arrivano tutti, l’ammiraglia con alla guida il direttore di Lecconotizie Lorenzo Colombo ben fornito di provviste (20 panini, acqua e tè a non finire), la troupe Favaron-Camponovo e ovviamente i big Rossi e Antonioli. Siamo pronti, come convenuto diamo per fatti i primi 60 chilometri circa della 15^ tappa, ovvero da Busto Arsizio fino a Lecco, tratto pianeggiante e poco affascinante.
Ore 9.45 – LECCO – TORRE DE BUSI – Dopo le prime riprese tra il traffico mattutino, si parte: via Leonardo da Vinci, viale della Costituzione, corso Martiri e dritti filati verso Calolziocorte, intanto Antonioli inizia a “menare “che è un piacere. Il tratto è pianeggiante, è vero, ma viaggiamo a 45 km orari. L’asfalto è buono, questo sarà l’unico pezzo in pianura. E infatti, appena svoltati verso Torre de Busi, inizia la salita. 5 chilometri, un antipasto prima di poter tirare il fiato per qualche secondo e imboccare la temutissima Valcava che Gabriele Bugada, al Giro di Lombardia del 1988, descriveva così: «Quei morsi che ti afferrano le gambe, quell’onda grigia e ghiaiosa che diventa la salita impennata, impenetrabile, impossibile.», tant’è che due anni più tardi fu tolta dal percorso e sparì dalla cartina del ciclismo professionistico perchè era “semplicemente troppo dura”. Riesumata all’ultima edizione del Lombardia, è stata messa a più di centoventi chilometri dall’arrivo, perchè non facesse danni eccessivi.
Ore 10.30 – TORRE DE BUSI – VALCAVA – C’è tempo per tirare il fiato davanti alle telecamere di Nicoletta e Maurizio, almeno per Lecconotizie. Rossi suda ma c’è, Daniel sembra sia uscito di casa adesso, che invidia! Davanti a noi ci sono 12 chilometri di salita per mille metri di dislivello, con una pendenza media dell’8%, ma punte oltre il 20%, con i tremila metri finali dove la pendenza non scende mai sotto il 13%. Si riparte: Daniel s’invola, Rossi fa valere la sua potenza, il sottoscritto arranca. Si esce dal caseggiato di Torre de’ Busi, poi dal bosco, e alla propria sinistra si inizia a intravedere uno splendido panorama sulla pianura padana. È davvero splendido, e ad ogni minuto ti consola dalla fatica, facendoti rendere conto che, seppur piano, stai salendo. Arrivati al bivio per il Colle di Sogno, si prende a destra e si inizia a vedere chiaramente il valico con i ripetitori: vedi l’arrivo, ma capisci che sei ancora lontano. Per fortuna prima dell’impennata che porta in cima, Nicoletta e Maurizio ci “costringono” a una pausa ripresa. Poi di nuovo in sella per affrontare quella striscia di asfalto preceduta da una segnaletica verticale che sembra un monito per tutti gli avventori (soprattutto ciclisti:) 18%. La fatica è grande, ma la soddisfazione quando si arriva in cima lo è ancor di più: a 1340m d’altezza la vista verso Nord sul profilo delle Orobie è splendida e il Resegone sembra a un passo.
Ore 12.00 – VALCAVA – Si beve, tanto e si mangia un buon panino. Mi consolo nel vedere che anche Rossi ha accusato la salita, mentre Daniel non batte ciglio. Il sole continua a farci compagnia e intanto i nostri registi sono già pronti per le riprese.
Ore 12.45 – VALCAVA – SANT’OMOBONO TERME – Si riparte, ma questa volta i 15 chilometri di discesa che ci aspettano sono uno zuccherino tutto da gustare a 75 chilometri orari. La strada, sebbene per i primi 3-4 chilometri sia un po’ sconnessa, è larga e presenta una serie di tornanti davvero divertenti, dove la velocità, come anticipato, sale facilmente sopra i settanta all’ora. Rossi conduce il gruppo e prende anche un certo margine, e Antonioli mi confida: “È proprio vero che in discesa conta il peso”. Saranno le medaglie d’oro che l’assessore ha al collo o la prestanza fisica del canoista?
Ore 13.15 – SANT’OMOBONO TERME – FORCELLA DI BURA Arriviamo nel bel mezzo di Sant’Omobono Terme, nel cuore della provincia di Bergamo, la nostra troupe desta così tanta curiosità che persino i Carabinieri del posto vengono a chiederci che sta succedendo. Due chiacchiere con l’Arma ancora due riprese e poi di nuovo in sella… la strada è ancora lunga e in salita dobbiamo salire a Berbenno e poi alla Forcella di Bura: due salite da 8 e 10 km, ma con pendenze molto più sopportabili: la media del 4%, rare punte al 10%, un antipasto prima della vera salita, quella che porta alla Culmine di San Pietro, intanto uno scroscio d’acqua ci rinfresca gambe e idee.
Ore 14.45 – FORCELLA DI BURA – CULMINE DI SAN PIETRO – Arriviamo all’imbocco della salita che porta alla Culmine. Le gambe si fanno sentire, posso dire di essere “cotto”, ma non l’unico, anche Rossi accusa il colpo, Daniel invece procede in scioltezza. L’ennesima sosta “cinematografica” ci permette di prendere fiato. Si riparte, Daniel schizza via, i 10 chilometri che portano alla Culmine passando per Vedeseta sono segnalati con una pendenza del 5% medio, sarà la stanchezza, sarà la fame, ma quel 5% sa tanto di bufala, tant’è che l’inizio è sopra l’8%, e poi non scende mai sotto al 5%, se non nell’ultimo chilometro. Daniel sfoggiando una progressione paurosa, sembra trasformare in tratti pianeggianti ogni striscia d’asfalto che s’impenna davanti ai nostri occhi e si mangia i 3 chilometri che portano ai mille metri d’altitudine di Avolasio come niente con quella sorta di danza ritmica che lo fa salire e scendere sui pedali. Nella leggera discesa fino a Bordeisgli tocchiamo i 50 km orari quasi una rincorsa per affrontare con decisione i 5 chilometri finali che portano ai 1254 della Culmine. Mentre tiriamo di nuovo il fiato, incrociamo Alessandro Bonacina (presidente del comitato lecchese) della Federcislimo impegnato ad attaccare gli striscioni lungo il percorso.
Ore 15.30 – CULMINE DI SAN PIETRO – BALLABIO – Inzia l’ultima discesa fino al Colle di Balisio. 12 chilometri insidiosi, con strada stretta, tortuosa e asfalto in alcuni punti quasi proibitivo, anche se ci sono in corso dei lavori che dovrebbero migliorare le condizioni del selciato. Sembra di essere alla Roubaix, per di più in discesa, e in certi punti se sbagli rischi di andare a farti una passaggiata per funghi. Tant’è che Daniel a un certo punto commenta: “Spero sistemino qui, perchè se no si può scendere solo a 25 all’ora”.
Ore 16.15 – BALLABIO – PIAN DEI RESINELLI – Siamo a Ballabio dopo aver attraversato Moggio, Cassina Valsassina, imboccato la Provinciale 62 e scollinato Balisio. Prima di arrivare all’attacco della Ballabio – Resinelli ci sono poco meno di 2 chilometri di falsopiano, il tempo sta peggiorando e il vento teso… non ci voleva! Anche Daniel adesso non è più freschissimo, forse anche perchè noi e Rossi facciamo solo finta di dargli qualche cambio davanti a tirare. Non c’è tempo per pensare, la salita, poco meno di 8 km all’8% medio, inizia subito, quando si è ancora nel centro abitato. Ed è la parte più dura, con pendenze costanti che sfiorano il 9%. Arriviamo a Ballabio Superiore là dove un tempo c’era la stanga che segnava l’inizio dell’allora strada privata che porta ai Piani Resinelli, meta della nostra ricognizione e arrivo della 15^ tappa del Giro d’Italia. Davanti a noi circa 7 chilometri che si snodano su un serpentone composto da 14 tornanti. Qui, cinquant’anni fa, il 4 giugno 1962 si concluse la tappa Aprica – Pian dei Resinelli vinta da Angelino Soler. Si ricomincia a pedalare. Per Daniel quest’ultima salita potrebbe essere determinante per vincere la tappa: “Soprattutto nei primi tre chilometri, dove la pendenza è più accentuata. Dopo tutta la faticaccia fatta fin qui, questo tratto potrebbe far selezione e chi ha ancora benzina nelle gambe potrebbe scappar via”. Tant’è che Daniel, probabilmente nel sentire aria di casa fugge mentre il sottoscritto e Rossi pagano le 7 ore in sella alla bicicletta.
Iniziano i tornanti: io non gliela fò più, al 2^ tornante sono al gancio, ci sono 20 metri in porfido, vaneggio d’esser al Fiandre, ma solo per i quindici secondi necessari a superarlo. Ormai vado per inerzia arrancando fino al 14°, poi c’è il lungo tratto che porta ai Piani Resinelli 1278 metri, al di là del piazzale Daniele Chiappa il traguardo e la chiesetta del Sacro Cuore… se Dio vuole siamo arrivati.
Ore 16.45 – ARRIVO: PIAN DEI RESINELLI – Dopo quasi 7 ore e 110 chilometri di strada restano solo le energie per un ultimo commento, la foto ricordo e poi gambe sotto al tavolo al 2184 dove il buon Ercole ci accoglie così: “Non mi vorrete dire che siete stanchi”… (Filippo Magnani).