LECCO – “La montagna: una sfida della vita”. Questo il titolo della serata andata in scena presso l’NH Hotel di Lecco in occasione della tradizionale conviviale dal Panathlon Club Lecco. Ospiti i cinque dei sei alpinisti della Valsassina Expedition, protagonisti, lo scorso maggio, della spedizione in Himalaya sul Trisul1. Flavio Spazzadeschi (capo spedizione), Mario Bertoldini, Guido Barindelli e i due giovani valtellinesi Filippo Lisignoli e Matteo Balatti (assente Pier Enzo Scian) hanno condiviso con i presenti le emozioni, le paure e le riflessioni derivate dalla propria “sfida con la montagna”, terminata con una (provvisoria) sconfitta.
Il richiamo valsassinese in Himalaya, fino a 10 giorni prima della partenza, si chiamava Kamet: 7756 m di altezza, mai saliti prima da italiani. Un obiettivo grande, forse fin troppo, come ha raccontato Guido Barindelli, “ma a cui eravamo ben preparati”.
Poi, il 22 aprile, una lettera firmata Indian Mountain Foundation: “Un comunicato che annunciava che, per motivi di sicurezza, la zona del Kamet era stata chiusa ai turisti. La parte nord della nostra mira è proprio sul confine del Tibet… incassata la brutta notizia rivolgiamo la nostra sete di montagna ad altre fonti e decidiamo di salire il Trisul1, 7.120 m. Personalmente – ha raccontato Barindelli – ero quasi più sollevato, per me era la prima volta in Himalaya, non ero mai stato sopra i 6.500 m e la quota mi dava preoccupazioni. Ad ogni modo i miei compagni di spedizione erano ottimi e io motivato”.
Poco meno di due settimane di tempo per preparare le nuove richieste per il Trisul1 e la Valsassina Expedition è pronta per partire: 32 i giorni a disposizione per tentare la vetta.
Al cambio di programma dell’ultimo minuto si aggiunge ben presto il maltempo, che non da tregua alla spedizione: “Nei giorni di acclimatamento dal Campo base al Campo 1 non ne è passato uno senza che a una certa ora si scatenasse l’inferno: pioggia, neve, tormenta, fulmini, grandine. Dentro la tenda, protetto da quel finimondo, non potevo che riflettere tra me e me e dirmi che sarebbe stata l’ultima volta in Himalaya. Pensai anche che se avessi raggiunto la vetta non avrei più fatto alpinismo”. E’ stata sempre la voce di Guido Barindelli a trasportare i presenti su quelle cime, così lontane, eppure per una sera così vicine.
Ben presto i sei alpinisti capiscono che raggiungere il Trisul1 non sarà facile: l’ostacolo maggiore è dal Campo 2 alla cima: una parete di 600 metri a 55 gradi di pendenza completamente ghiacciata. La “beffa indiana”, che Flavio e i due giovani Filippo e Matteo cercano di superare, senza successo. “Gli stessi sherpa – ha commentato Spazzadeschi – erano in difficoltà”. Non resta che abbandonare l’impresa, dopotutto “non c’è cima che valga la vita” e gli insegnamenti non sono mancati. Certo è che la Valsassina Expedition non si darà per vinta: “Il Kamet è ancora lì, e nessun italiano vi è mai salito…”