LECCO – Un Paolo Rossi davvero in forma quello che è salito sul palcoscenico del Teatro della Società venerdì sera con “L’amore è un cane blu”, quarto appuntamento con la rassegna Teatro d’Attore. Più di due ore di spettacolo per un comico che non tradisce mai le aspettative del suo pubblico, in un saliscendi, una sorta di “montagne russe” come più volte ha affermato lui, di battute brillanti e profonde riflessioni su temi quali l’amore, la politica, l’economia, la morte. Più di due ore, quindi, durante le quali il pubblico non si è lasciato sfuggire neppure un momento di una rappresentazione davvero coinvolgente, che più di una volta ha voluto chiamare in causa gli stessi spettatori con i quali il comico friulano ha interagito, offrendo addirittura un piatto di zuppa di fagioli a una signora della prima fila.
Innumerevoli, quindi, gli sketch inaspettati e divertenti, a partire dal primo momento della serata: appena varcata la soglia del teatro di piazza Garibaldi, il pubblico si è infatti imbattuto in sei abili musicisti, che proprio nell’atrio di ingresso si sono cimentati in melodie dai ritmi zigani e balcanici. Un primo saluto agli spettatori che ben ha fatto sperare sul resto della rappresentazione. Loro, “I virtuosi del Carso” diretti da Emanuele Dell’Aquila, hanno infatti affiancato Paolo Rossi durante tutto lo spettacolo, intervallando le battute del noto attore con melodie coinvolgenti, cui lo stesso comico ha spesso preso parte.
Lo spettacolo, una sorta di prova generale per un ipotetico film futuro, ha quindi guidato i presenti all’interno di una storia nella storia, un play within the play in cui un comico, probabilmente alter ego di Rossi, si trova a vagare tra le rocce e i fiumi del Carso, territorio a lui ben noto ma che in questa occasione gli rivela lati sinora sconosciuti. Lui, alla ricerca di una donna amata in passato, deve quindi fare i conti con se stesso, con la sua interiorità, “mettersi a nudo come comico e come uomo”.
Una serie di prove da superare per potersi avvicinare alla donna diventano, così, delle trovate geniali, tanto da suscitare risate di gusto tra il numeroso pubblico in sala. “Dovrai incontrare Ernico Berlinguer e dovrai dirgli come si è evoluto il suo partito”, così gli ordina un improbabile guru dalla voce comica. Ma gli applausi più forti arrivano con lo sketch in cui il comico errante deve descrivere le principali dottrine politico-economiche del XX secolo a un gruppo di “vacche, le quali ti diranno – profetizza sempre il guru – quale sarà la più giusta”: dal socialismo al comunismo, dalla Dc sino ai modelli alla “Giannino”, alla “Berlusconi” (“dove una vacca, come con Caligola, diventa ministro”) o alla Pd, “dove una vacca cattolica e una marxista fanno le primarie per vedere chi deve guidare il partito”.
Il tutto, per concludere, in una scenografia spoglia, che ben ha reso l’idea di un work in progress: la mancanza di quinte, una serie di attrezzi sparsi per il palco, una scala, un ventilatore, un fornelletto per cucinare e innumerevoli fogli del canovaccio, letti da Rossi e lasciti cadere per terra, hanno infatti contribuito a creare la giusta atmosfera per uno spettacolo esilarante, che non ha smesso di intrattenere il pubblico neppure durante quello che sarebbe dovuto essere l’intervallo. Niente sipario chiuso, infatti: Rossi e i musicisti hanno dialogato con i presenti, offerto la zuppa di fagioli, scherzato e ricordato che “non è la televisione, qui non c’è uno schermo che ci separa”.