Lecco, l’ultimo saluto a Pier Luigi Polverari

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LECCO – Si sono svolte questa mattina le esequie dell’onorevole Pier Luigi Polverari, uomo di spicco del Psi lecchese, già vice sindaco di Lecco nella giunta Boscagli e sindacalista Uil, scomparso nella notte tra sabato e domenica all’età di 67 anni dopo una malattia che non gli ha lasciato scampo. Molti gli amici e le autorità cittadine accorse a rendergli omaggio presso la Basilica di San Nicolò.

“Salutiamo oggi un nostro fratello – ha esordito nell’omelia il prevosto di Lecco, monsignor Franco Cecchin – che ha segnato positivamente la storia della nostra città, la nostra vicinanza a lui, alla moglie Dora e al figlio Marco non è di circostanza, perché quando uno dei tuoi viene meno e vive un’esistenza piena di passione e con un travaglio terribile non possiamo avere parole di circostanza”. “Non ho mai incontrato direttamente Gigi – ha ricordato don Cecchin – ma quando mi sono messo in ascolto del vissuto di questo nostro fratello mi sono posto delle domande: Signore, perché quando un tuo figlio dà il meglio di sé e viene bastonato, deve sopportare il peso, vedere puntato il dito, con un calvario enorme, di anni, infamato e poi non c’era nulla? Puoi caprie la sofferenza quando sei colpevole, ma non quando sei innocente”, ha affermato don Cecchin, che poi ha proseguito: “in questo momento di dolore e di smarrimento totale per uno spappolamento di una società che sta aspettando le cose giuste, soprattutto per i più deboli, non possiamo tirarci indietro: non possiamo far altro che prendere le consegne dal nostro fratello Gigi, non possiamo ritirarci e demandare, perché lui ha pagato di persona; ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto da lui è quello che dovete fare, perché oggi più che mai c’è bisogno di uomini come Gigi, di credenti come Gigi”.

Il ricordo di Pier Luigi Polverari è proseguito poi nelle parole della moglie Dora e del figlio Marco, che ha ricordato i passaggi più significativi della vita dell’esponente socialista: “ha avuto una vita bella e piena di soddisfazioni e battaglie vinte in difesa dei valori fondamentali – ha ricordato il figli – ed è stata una vita piena di soddisfazioni perché vicino a lui ha sempre avuto una città che l’ha votato e sostenuto”. “La vita di mio padre – ha continuato – è sempre stata spesa contro le ingiustizie e a favore dei diritti dei più deboli: aveva sempre manifestato un senso profondo di reazione alle ingiustizie e aveva scelto il partito socialista perché era l’unico che coniugava la libertà di coscienza con la solidarietà sociale”. “L’onestà e il senso delle istituzioni hanno sempre guidato la sua condotta politica, sia in consiglio comunale come assessore e vice sindaco, sia in parlamento. Se mio padre ha fatto parte della storia lecchese e italiana – ha concluso il figlio Marco – lo ha fatto come rappresentante dei ceti meno privilegiati e più deboli, allora poco rappresentati e oggi completamene dimenticati. E’ stato un esponente di quella sinistra riformista non massimalista, legata all’idea di socialdemocrazia europea: pertanto auspico che la politica futura non si dimentichi mai delle battaglie legate al compromesso socialdemocratico, uscendo dall’isolazionismo e aprendosi a una maggiore socialità”.

Presenti alla celebrazione in suffragio di Polverari, oltre ai rappresentanti sindacali della Uil e del Partito Socialista Italiano, anche l’attuale sindaco Virginio Brivio con il gonfalone della città di Lecco, l’assessore Carlo Signorelli in rappresentanza dell’amministrazione provinciale, Antonio Rusconi, Alfredo Marelli, Ivan Mauri, Antonio Pasquini e Giulio Boscagli, che ha ricordato l’amico scomparso “come un vice sindaco molto esigente perché appassionato al bene della città, anche quando avevamo posizioni contrastanti”. “Un bene alla città – ha concluso Boscagli – che gli era stato riconosciuto più volte con il voto e la preferenza avuta dalla gente comune”.

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IL RICORDO DELL’EX SINDACO GIULIO BOSCAGLI

“Ha concluso nel silenzio della malattia una vita di passione e impegno politico che lo aveva visto sempre alla ribalta. Da operaio a sindacalista e segretario della UIL, poi segretario provinciale del Psi, assessore e vicesindaco. Consigliere regionale per un breve periodo perché poi eletto al Parlamento sempre cercando i voti del suo mondo socialista in un territorio “bianco” e in un collegio della camera in cui il territorio di Lecco faceva la parte del vaso di coccio tra le province più grandi di Como e Varese. Non quindi un politico “paracadutato” nelle istituzioni, ma uno che i voti ed il consenso se lo andava a cercare battendo i paesi e le sezioni. Aveva dato al partito socialista lecchese, prima di lui un po’ in sudditanza nei confronti della DC, la forza della “pari dignità” che rivendicava in ogni occasione. Tenace e appassionato sempre del suo partito e della sua città. Del PSI aveva goduto dei tempi dell’abbondanza e condiviso il tempo della sconfitta. Lui che subiva con rabbia l’equazione troppo facilmente diffusa tra malaffare e socialismo, poteva vantarsi di non aver mai cambiato il suo stile di vita.

Sono stato con lui nella sua terra d’origine, le Marche, dove ritrovava le sue origini e gli affetti della sua famiglia. Compresa la devozione per quello zio monsignore e storico di Pio IX, che gli aveva inculcato il rispetto per la fede cristiana.

Con tangentopoli, inseguito da processi poi approdati ad assoluzioni, aveva lasciato l’Italia e raggiunto Craxi in Tunisia dove aveva dovuto reinventarsi un mestiere dal nulla, tirando letteralmente la cinghia per diversi anni, ma costruendo nel tempo una agenzia di grande importanza come porta d’accesso per le imprese italiane in quel paese.

Sono andato ad incontrarlo un paio di volte in questa sua nuova veste e ho potuto apprezzarne l’abilità e la straordinaria capacità di rapporti. A Tunisi strinse amicizia con il Vescovo Fuad Twal, oggi Patriarca latino di Gerusalemme, con il quale collaborò per aiutare la presenza e le opere di quella Chiesa. Ricordo la sua gioia quando mons. Twal poté riconsacrare la chiesa di Djerba, restituita dal regime di Ben Alì al culto cristiano.

Polverari è un politico della prima repubblica. Con tutti i limiti che questo comporta, ma anche con una passione che è difficile trovare diffusa oggi.

E’ stato per tutta la vita fondamentalmente un uomo del popolo e ben si può dire di Polverari parlamentare, “rappresentante del popolo”.

Mi piace pensare che il tempo del silenzio che la malattia gli aveva imposto nei confronti degli altri, in primis dei suoi affetti più cari e solidi, sia stato riempito da un dialogo misterioso con il Signore, che scruta i cuori e giudica assai meglio della nostra piccola misura, e che certo gli renderà merito del cuore caldo che ha sempre avuto in vita”.