LECCO – Riceviamo e pubblichiamo:
“La grottesca vicenda-Quirinale, che nellatto supremo dellelezione del Presidente della Repubblica ha denunciato i pesanti limiti del PD nazionale, mi ha segnata: in aprile ho dato le dimissioni dagli organismi dirigenziali provinciali del PD di Lecco, per dissociarmi da comportamenti dei dirigenti nazionali e dei gruppi parlamentari che ho giudicato disonorevoli, non rispettosi dei doveri di rappresentanza nè dellimpegno di iscritti e militanti.
Da allora, politicamente parlando, sono in stand-by, in attesa di un chiarimento decisivo dellidentità e delle politiche di un partito cui abbiamo dedicato, noi iscritti e militanti, anche troppo tempo, se commisurato ai risultati. Nel frattempo ho provveduto, pur con qualche riluttanza, a rinnovare la tessera per il 2013, proprio per incidere su tutte le fasi congressuali.
Eccoci al giallo della fatidica data del congresso: discussa promessa rinviata garantita. Non fissata. Perché? Una volta stabilito (su questo la base almeno è unanime) che il chiarimento politico è prioritario e urgente – oltre che previsto dallo statuto per naturale scadenza – che cosa trattiene la dirigenza nazionale dal dire il giorno e por fine al cicaleccio?
Ce lo chiediamo in tanti, mentre si formano commissioni sulle regole congressuali, partono o fingono di partire cordate che tirano questo o quel candidato ed è in discussione lo statuto stesso del PD sulla questione non irrilevante della coincidenza del leader di partito con il candidato Presidente del Consiglio.
Congresso finto no grazie
E anomalo che uno statuto sia modificato in fase congressuale, in funzione delle parti in causa. E sospetta tanta concentrazione su nuove regole congressuali: già ci sono regole democratiche e funzionali, che hanno dato buona prova di sé nel congresso del 2009, garantendo apertura e partecipazione. Perché non piacciono più?
Sinsinua il sospetto che le vecchie guardie – ancora saldamente al potere nel partito: lanagrafe non centra, politicamente si può essere vecchi a ventanni e giovani a ottanta – intendano confezionare regole su misura, funzionali ad excludendum (o ad promovendum) singole candidature: ad escludere eventuali candidati in grado di scompaginare (non dico rottamare, per carità! sarei iscritta dufficio fra i renziani) lestablishment che ha condotto il partito fino ad ora, o che non ne garantiscano la sopravvivenza. E magari a promuovere un nuovo candidato pseudo-unitario, per una gestione consociativa di quel che resta del PD. Dunque a ingessare il congresso incanalandolo verso risultati preordinati. Prima i candidati poi le regole? Alla faccia della democrazia!
Il disegno potrebbe essere perfino più subdolo: produrre un congresso finto con la tattica dilatoria o con la diluizione in fasi dellevento congressuale. Ancora una volta il ricompattamento dei tradizionali schieramenti interni consacrerebbe una spartizione da manuale (Cencelli, sintende) di ogni carica dirigenziale.
La ventilata distinzione di una fase congressuale territoriale (circoli, federazioni provinciali) e di una successiva fase nazionale prefigura unopportuna preventiva consultazione di elettori e militanti, chiamati a discutere sui contenuti. Rischia però di depotenziare i territori, di allargare la forbice tra i due livelli, rendendo di fatto ininfluente una discussione locale scissa dal chiarimento politico nazionale: i circoli discutano, lapparato storico provvederà a definire gli organigrammi! Ancora una volta, cambiare tutto per non cambiare niente.
Quanto ai contenuti della politica, e anche quanto ai temi dinteresse territoriale (la questione settentrionale, per esempio!) non vorrei banalizzare: esigono una riflessione articolata alla quale mi impegno.
Mi auguro che lattendismo si spieghi solo con quellinerzia, quel deficit di dinamismo che ha segnato il partito fin dalle origini; che sia solo paura di cambiare. In ogni caso chi oggi guida il PD non ha il polso del Paese, non avverte lurgenza di dare una scossa al sistema-Italia ingrippato, che scoraggia i suoi giovani, deprime il lavoro e tradisce puntualmente le speranze di giustizia.
Oltre lombelico del PD
Sono in viva apprensione per i fatti egiziani di questi giorni, per la deriva della primavera araba, per linstabilità del Medioriente, per le spaventose meravigliose maree umane del Cairo e di Istanbul; per gli italiani che non arrivano a fine mese, per lesodo dal Paese dei nostri giovani migliori vorrei parlarne dentro il PD perché ne escano idee interessanti da sottoporre allopinione pubblica e ne derivino azioni politiche coerenti.
Vorrei discutere, non per accademia, di come ridimensionare lo strapotere della finanza globalizzata che determina crisi, recessioni, polarizzazione estrema della ricchezza. Di come dare finalmente un respiro politico allEuropa invischiata nelle spire di un mercato drogato, unEuropa che potrebbe essere faro di un nuovo equilibrio mondiale e invece è responsabile di ignavia e di omissioni imperdonabili.
Vorrei contribuire con tanti altri a tracciare una linea di governo incisiva e coraggiosa, per narrarla con semplicità agli italiani e chiederne la fiducia: con un confronto a prezzo dello scontro, pur di giungere a un progresso concreto, frutto di determinazioni di sintesi, di scelte forti combinate a passi graduali.
Sembra una chimera, visto che il PD è ancora concentrato sul suo ventre molle. Quando sarà pronto a guardar fuori? A uscire dalla sua bolla di sapone e a fare un bagno di realtà?
Nuovo corso
Linnaturale governo delle larghe intese pare sia una fatale necessità – prodotta da troppi e ripetuti errori – che tuttavia chiude il PD in una camicia di forza. A mio giudizio, il nostro assillo devessere quello di creare presto le condizioni per dare al Paese un governo vero.
La prima condizione è che il partito esista, sia forte, rinnovato, credibile: il grillismo, alla prova dei fatti, ha contribuito a farci capire che senza partiti veri la politica vera non si fa. La seconda è la formazione di una coalizione ampia, determinata, programmaticamente compatta, con la quale vincere le prossime elezioni politiche e iniziare finalmente il nuovo corso (new deal!). Ascolto ogni giorno le dichiarazioni di vari leader PD: Sosteniamo fedelmente il governo Letta, ancora di salvataggio dal precipitare nel baratro.
Nel baratro ci siamo già: si tratta di uscirne. Non lo faremo fin che il PD sarà così malmaritato col berlusconismo. Il governo delle larghe intese può solo permettersi navigazione a vista, forse allungare un po il brodo. A me sembra che, per lo più, e con buona pace del volonteroso Letta, getti fumo negli occhi dei cittadini più sprovveduti, trovando di volta in volta peregrini capri espiatori cui far scontare il fio dei mali dItalia: la Costituzione, i partiti in quanto tali o il loro finanziamento, il numero dei parlamentari, le Province Togliere lIMU – che gli italiani erano ormai rassegnati a pagare – o rinviare lIVA non può riparare danni che hanno ben altra e più profonda radice. Né strappare allEuropa taccagna qualche euro in più o maglie più larghe ai diktat finanziari.
Come si fa ad attribuire a tal governo il compito di modificare la Costituzione? Ma che razza di Parlamento può così autolimitarsi? E poi, con quale mandato elettorale?
Come si fa a sostenere che lattuale governo deve andare avanti a lungo? Il balletto entro la strana maggioranza ha raggiunto livelli ineffabili dindecenza: la pantomima finirà quando qualcuno riterrà di essere abbastanza forte da poter assestare la decisiva spallata elettorale. Sarà Berlusconi a farlo, senza congressi naturalmente, se il PD procede sullattuale strada delle dilazioni, non disturbando il manovratore, dopo aver contribuito generosamente – con linsipienza dei comportamenti – alla resurrezione politica dellavversario.
Ritengo che la scadenza naturale di questo governo sia la prossima primavera, per abbinare le elezioni politiche a quelle europee. Garantiamo dunque una sopravvivenza sicura al governo Letta fino a quel traguardo, per dovere di responsabilità, come si dice, e per rispondere ai richiami del Capo dello Stato.
Ma intanto si approvi una legge elettorale che defenestri il porcellum, per la quale non servono improbabili – ancorchè pericolose, in questo contesto – riforme costituzionali. Mi sembra impensabile andare avanti a oltranza con un governo che il PDL sta interpretando allegramente come occasione insperata di campagna elettorale, mentre il PD nicchia: forse si faranno le primarie il 29 dicembre, come le parlamentarie dellanno scorso, per favorire la più ampia partecipazione?
Gran parte delle dichiarazioni dei dirigenti nazionali PD associa il congresso alle vicende dellattuale governo. Invece lobiettivo forte del congresso, a mio parere, è traghettarci il prima possibile oltre questo governo per inaugurare un nuovo corso: si può farlo quando è disponibile unalternativa adeguata.
Non ci silluda di incantare con astute formule in politichese i cittadini elettori: chi ci ha condotto fin qui potrà ancora una volta normalizzare il PD, impedirne unevoluzione aperta e dinamica in funzione dei bisogni del Paese, ma condanna il centrosinistra alla sconfitta elettorale e lItalia alla perpetuazione del berlusconismo.
Agnese Mascellani
(iscritta al PD in attesa di congresso)