Riva (Confcommercio): “La flessibilità non è sinonimo di precarietà”

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Alberto Riva
Alberto Riva, direttore di Confcommercio Lecco

LECCO – Secondo un’analisi di Confcommercio sull’utilizzo e gli effetti dei contratti a tempo determinato negli ultimi 15 anni in Italia l’occupazione dipendente è cresciuta grazie anche all’introduzione di forme contrattuali flessibili.

In questo arco di tempo, l’utilizzo dei contratti a tempo determinato in Italia è andato di pari passo con quelli a tempo indeterminato con una quota che si è mantenuta stabilmente tra l’11% e il 13% del totale degli occupati.

“E’ la riprova di come le imprese non abbiano certo fatto un ricorso sconsiderato dei contratti a termine – commenta Alberto Riva, direttore di Confcommercio Lecco – Non ci sono stati abusi e i valori di utilizzo sono assolutamente coerenti con quanto avviene in tutta Europa. Tutto ciò dimostra ancora una volta che la maggior flessibilità non crea precarietà e che la crescita dell’occupazione è più sostenuta in un mercato del lavoro che consente l’accesso anche attraverso forme contrattuali flessibili. La buona flessibilità fa bene all’occupazione nel suo complesso”.

Riva prosegue: “Oltre a promuovere in generale la propensione ad assumere, si favoriscono anche occasioni di lavoro e assunzioni che, in assenza di strumenti contrattuali a termine, non sarebbero proprio attivate. L’alternativa alla flessibilità non è l’assunzione a tempo indeterminato ma la disoccupazione!”.

Il tema della flessibilità è ritornato d’attualità viste anche le recenti proposte del mondo imprenditoriale: “E’ proprio in quest’ottica che è stata proposta una sperimentazione al fine di consentire alle imprese di assumere a termine per tre anni senza indicare la causale. Un modo per sbloccare opportunità occupazionali e per provare anche a dare occasioni alle imprese e anche a chi oggi è magari a casa senza lavoro. E’ auspicabile che il Governo prenda atto che alcune iniziative vanno intraprese subito, anche per consentire, a chi può, di assumere semplificando le norme. In questo senso è stato importante ridurre i tempi tra un contratto e l’altro ma si può fare di più. Soprattutto bisogna finalmente sfatare il falso mito che chiedere flessibilità vuol dire volere sfruttare i lavoratori. Non è così: i contratti a tempo determinato vanno ulteriormente favoriti e potenziati. Solo così potremo davvero contrastare la piaga della disoccupazione giovanile”.