Il Natale alla Casa sul Pozzo nella lettera di padre Angelo Cupini

Tempo di lettura: 6 minuti

Padre Angelo CupiniLECCO – Riceviamo e pubblichiamo la lettera di padre Angelo Cupini, coordinatore della Casa sul Pozzo, la Comunità di via Gaggio dedita all’aiuto delle persone in difficoltà, in particolare giovani migranti. 

“Cari Amici
per quest’ultima Lettera familiare del 2013 ho atteso gli ultimi giorni dell’anno per potervi augurare sereno anno nuovo e dirvi la riconoscenza per il bene che ci avete offerto lungo il 2013, dal quale siamo stati avvolti e sostenuti.

Questa mattina (domenica 29) prima di andare a celebrare al Gaggio di Malgrate, mi sono fermato di fronte all’ulivo sotto il quale, sui ciottoli di Lampedusa, abbiamo depositato, la notte di Natale, il Bambino, realizzato in cotto da Mariassunta Riva tanti anni fa. Ha assorbito l’acqua violenta di questi giorni. Mi è tornato in mente un pensiero di questi giorni scritto da Adriana Zarri, una teologa eremita morta anni fa.

L’incarnazione non è una storia privata: è la storia del mondo; e Cristo non nasce solo nella greppia. Il Verbo sposa la terra e si fa terra, carne, complessità e nella sua povertà, vita del mondo, con la sua concretezza e i suoi limiti. E la vita -questa vita assunta da Dio- è fatta di me, di voi, di storie e di destini innumerevoli, di vicende cosmiche e di piccoli accadimenti quotidiani. Anche di neve è fatta, la vita, e di germogli che dormono, di gatti che ronfano, di stufe che borbottano.Adriana Zarri (Un eremo non è un guscio di lumaca, Einaudi)

Nella notte di Natale ci eravamo posto alcune domande:

Quanti natali abbiamo vissuto nella nostra vita ?
Cosa abbiamo capito di quello che siamo andati vivendo nel tempo ?
Quanta fraternità e misericordia è cresciuta in noi e nel mondo ?

Ci siamo anche detti, con i tantissimi che eravamo nella casa, che quella era la sera delle follie sulle quali la Parola diceva di gioire, di rallegrarsi. La follia di un Dio che si fa carne mortale perché finalmente potessimo incontrarci con il suo volto.

C’erano tante coppie giovani alla veglia; mi sembra che si siano esaurite le presenze di quelli che cercano “una messa di natale diversa”. Una persona mi ha detto: avete fatto la scelta di tornare alla tradizione; sono rimasto perplesso: siamo arrivati a questo Natale con un anno impegnativo; certo le fatiche asciugano ed essenzializzano; le parole sono lievi, i silenzi tanti, le memorie di ognuno si caricano di presenze. Ne abbiamo richiamate alcune nei segni.

Alla Casa, che nell’estate ha avuto un tempo difficile e doloroso di furti, di violazioni, di dispetti pesanti, è stato fatto il regalo di un angelo custode. Un mattino di fine agosto, alle 8, è squillato il campanello; sono andato ad aprire il portellone e c’era il giovane Massimo Corti, di Malgrate, che mi ha detto: ho scolpito un angelo custode per te e sono venuto a portartelo e se ti piace, tienilo. Una figura splendida.
Ora è all’ingresso. Di fronte alle sollecitazioni di chiudere a chiave le porte di casa siamo stati liberati da questa ansia perché c’è chi ci custodisce.
Gli angeli sono messaggeri, mediatori di notizie e di progetti; portano parole e cambiamenti. Tutti noi siamo chiamati ad essere “angeli”, annunciatori e servitori di Parola.

Ho letto questo segno così gratuito e inaspettato come un invito a generare fiducia malgrado tutto.

Ci siamo lasciati sommergere, ma non poteva essere diversamente, dalla vicenda delle migrazioni, dalla drammaticità dei naufragi, dalle problematiche dei CIE, dal futuro. E’il nostro pane quotidiano mangiato con i giovani di crossing.

Un artista lecchese, Giansisto Gasparini, ha messo a nostra disposizione una grande tela ad olio dal tema: Con Passione D’Amore – Com-Passione D’Amore, sui primi sbarchi di migranti.

Quando il 3 ottobre è successo quel disastro immane a Lampedusa siamo rimasti scossi; di fronte ai numeri che distinguevano le bare abbiamo proposto la conversione del numero in un nome. Oltre 500 ciottoli di fiume sono stati firmati dalle persone più diverse e il 3 novembre li abbiamo depositati sotto l’ulivo; su questi ciottoli abbiamo deposto, la notte di Natale, il Bambino Gesù.

Nella veglia abbiamo ricordato i Paesi in guerra, particolarmente la Siria che avevamo visitato.

Ancora nella Veglia abbiamo espresso gratitudine ad alcune figure:

a papa Francesco, al quale abbiamo dedicato il calendario 2014;
a Nelson Mandela (chiedendoci chi fosse diventato dopo i 27 anni di carcere)
a Malala (16 anni) che ha lanciato un messaggio ai giovani: i vostri libri e le vostre penne sono le vostre armi più potenti (per questo il piccolissimo dono fatto dalla Casa ai giovani è stata una biro con scritto Crossing).

Il libretto della Veglia di Natale ha per titolo: Nati Più Volte; raccoglie la suggestione dell’architetto Antonio spreafico e documenta la prima realizzazione dell’installazione di Sassi dipinti o scolpiti. Tutti lo avete ricevuto tramite posta elettronica prima di Natale. Riporto solo un pensiero del poeta R.M. Rilke che dice:

Nasciamo, per così dire, provvisoriamente da qualche parte; soltanto poco a poco andiamo componendo in noi il luogo della nostra origine, per nascervi dopo, e ogni giorno più definitivamente.

Tra i tanti messaggi natalizi arrivati riporto la riflessione dei redattori della rete Sicomoro che hanno commentato la riflessione di Adriana Zarri:
È bella così, la preghiera dell’eremita: sporca di vita, poiché il primo culto è quello della vita.

Un aderire quasi fisico al mondo degli uomini; mondo del quale, dal giorno dell’incarnazione, Dio non può più fare a meno.

Questo lo stupefacente del Natale: un Dio che si rinnova dentro le nostre difficili, complicate storie; che con esse cade e risorge mille e mille volte; che insieme ad esse attraversa gli inferni quotidiani e le luminose risurrezioni.

Chiede cura, il Dio-bambino. La nostra cura. Non una premura disincarnata, ma l’ospitalità attenta, la prossimità per ogni sussulto o promessa di vita, che spesso non sa trasformarsi in grido d’aiuto. O non può. O non riesce più.

Cura, per chi ha bussato a tante porte e per chi deve cominciare ora, a bussare.

Per chi ha esaurito la forza di sognare e per chi non sa da dove cominciare.

Cura per le donne, che spesso pagano sulla loro pelle i fallimenti degli uomini.

Per le bambine (non si è bambine ancora a quattordici anni, anche dentro nel letto di qualcuno?), che hanno già capito a cosa serve il loro corpo.
Per gli uomini, che, lontani da casa, dagli affetti, dalla memoria, hanno scordato la tenerezza di un abbraccio, e avvolgono il capo dentro il sacco a pelo.
Cura per chi, come J.A. (un ragazzo di sedici anni), un sogno ce l’aveva, e anche la forza per inseguirlo. Ma, non sapremo mai perché, ha preferito finire i suoi giorni appeso ad una corda.

Chiede profezia il Dio-bambino, che non è abilità magica di chi prevede il futuro, ma sapienza antica di chi, dentro le macerie della storia, ci insegna a riconoscere il germe della speranza. Un virgulto insignificante su di un tronco, un piccolo resto, l’ombra di un sorriso, un granello di senapa.
Poco davvero, ma sufficiente, talvolta a farci sentire che non camminiamo da soli.

Poco davvero e invisibile, ma essenziale, come il poco che conta.

Poco davvero, ma proprio per questo possibile a molti.

Che questa nuova nascita rechi in dono la scoperta di risorse insospettate, di profezie dissepolte, di relazioni rinnovate, nel segno della fraternità, dell’impegno civile ed umano, della vera solidarietà.

Come piccola cronaca familiare annoto la partecipazione alla trasmissione di Gabriella Caramore Uomini e Profeti su Rai3 avvenuta il 22 dicembre sul tema Nascita e Povertà. Prima di Natale due amici si sono tolta la vita, siamo silenziosamente vicini alle loro famiglie.

Affettuosamente.

Angelo Cupini