RUBRICA – CALeidoscopio –
Se il discorso sociale odierno sembra puntare verso un’indifferenziazione dei ruoli parentali, le parole dei genitori sembrano invece portare la questione su un altro piano. Effettivamente ascoltando i genitori che abbiamo avuto modo di incontrare, abbiamo avuto l’impressione che a fronte di una tanto legittima quanto presunta parità dei diritti e dei doveri tra i coniugi, ci sia all’interno di ogni nucleo familiare una suddivisione particolare delle diverse funzioni che i genitori sono chiamati a svolgere nel processo educativo della prole.
Parlando di funzioni si punta ad isolare la specifica posizione che un genitore svolge all’interno della famiglia ed in particolare rispetto alla crescita dei figli. L’utilizzo del termine funzione, preso a prestito dalla logica matematica, rende conto degli effetti che la presenza del singolo genitore è chiamata a dover promuovere. In un certo senso è come se l’adulto prendesse posto nell’equazione familiare come operatore che mette in relazione gli altri membri della famiglia al fine di produrre degli effetti, educativi anche. Detto altrimenti, la funzione rimanda alle necessità dello sviluppo dei figli e a ciò che il genitore incarna rispetto a tali necessità.
Chi accudisce i bambini? Chi pone le regole? In che rapporto sono i genitori uno rispetto all’altro? Queste domande non possono evidentemente trovare una soluzione esaustiva nel concetto della parità di diritti e doveri. La diffusa risposta “lo facciamo entrambi” da una parte dice dell’importanza della condivisione delle scelte e degli interventi operati in famiglia, ma dall’altra sembra lasciare molte ombre su come realmente si articolino i diversi aspetti di tali interventi.
Ci sembra che non sia sul piano del diritto e della parità che le differenze possano essere colte; esse rimandano infatti contemporaneamente alla realtà dell’operato dei genitori ed allo stile con cui tale operato è interpretato dai singoli. I rapporti all’interno delle famiglie sono particolari, unici e si annodano rispetto alle diverse soggettività presenti nel nucleo.
E’ la madre che si occupa principalmente di accudire i figli? Forse, ma non è certo. E’ il padre che si occupa di porre limiti e regole? A volte, ma non sempre. I genitori si desiderano reciprocamente? E’ auspicabile, ma non è sempre così.
L’alchimia richiesta è complessa ed ammette ogni genere di interpretazione. Ciò che si può però isolare, all’interno di questa molteplicità, sono le diverse funzioni che i membri di una famiglia devono necessariamente ricoprire.
In questa prospettiva la cosiddetta parità crediamo sia da porre sul lato della necessità che le funzioni svolte portano con sé. L’uguaglianza si connota allora non tanto rispetto ad un’equa suddivisione delle incombenze, quanto piuttosto per il riconoscimento dell’importanza che le diverse, e quindi ineguali, funzioni portano con sé.
Ciò che conta crediamo sia il risultato, in modo abbastanza indipendente da chi sia a ricoprire l’una o l’altra funzione. A titolo di esempio pensando a ciò che spesso si sente dire a proposito della ”assenza dei padri”, ci si potrebbe chiedere se la presenza fisica sia indispensabile allo svolgersi della funzione cosiddetta paterna. Un padre lontano da casa non può ugualmente svolgere, nelle parole che la madre spende verso i figli, la sua funzione nell’essere per esempio un riferimento per la madre stessa? “Il papà è lontano ma ci vuole bene”, questa semplice frase non potrebbe dare testimonianza di come la presenza possa essere veicolata dalle parole? Il rapporto tra la madre ed il padre, che tale enunciato delinea, non credete che risponda alla mancanza fisica del padre con una presenza ancor più sentita, perché fa da testimonianza del rapporto di desiderio di tale padre verso la sua famiglia? “…è lontano ma ci vuole bene…”.
Come si diceva è un’alchimia difficile che, oggi forse più di ieri, si deve inventare e reinventare secondo modalità inedite, non precostituite.
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