ESINO LARIO – Una serie di cavità “visitate” sotto il Grignone, alcuni nuovi tratti esplorati in grotte che si sviluppano per chilometri quali “Viva le donne”, “Topino e le giostre” e “Voragine”, quest’ultima profonda oltre 40 metri presso l’“ometto del Bregai”. E soprattutto la scoperta di nuovi ingressi, che pur tra alterne fortune ha premiato la perseveranza degli speleologi.
Non finisce di stupire, insomma, il Grignone… sotterraneo e anche quest’estate – pur con condizioni climatiche tutt’altro che favorevoli, con periodi di prolungato maltempo – se ne è avuta l’ennesima riprova.
A constatarlo sono stati in particolare gli speleologi del progetto “InGrigna!”, basato su un nuovo modo di praticare appunto la speleologia sulle nostre montagne sia per la partecipazione di elementi appartenenti ad associazioni diverse (dunque secondo la logica del superamento del singolo gruppo) sia per il modo con cui vengono affrontate e portate avanti la ricerca e l’esplorazione delle varie cavità.
Il campo estivo rappresenta da anni il più intenso periodo di attività e nonostante una situazione meteorologica come detto tutt’altro che ottimale, per non dire decisamente penalizzante, è stato così anche quest’anno.
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Sulla parete che sovrasta il sentiero che dal rifugio Bietti-Buzzi conduce alla bocchetta Guzzi, sulla cresta di Piancaformia, sono state raggiunte quattro nuove cavità.
Due di queste – battezzate rispettivamente “Abisso del nido” e “Humprey Bogaz” – si sono rivelate veri e propri abissi. Entrambe le grotte, infatti, superano i 100 metri di profondità, tra l’altro senza che la loro esplorazione possa dirsi conclusa.
Anche la revisione di più modeste cavità “visitate” in passato ha dato i suoi frutti. In una cavità del Moncodeno (la “Lo1887”) esplorata negli anni Ottanta la riduzione del deposito nevoso ha consentito agli speleologi di approfondire la ricerca di nuovi spazi e percorsi, raggiungendo ambienti caratterizzati da imponenti strati di ghiaccio. Anche in questo caso la profondità raggiunta dagli esploratori ha superato i 100 metri.
Si è detto delle condizioni climatiche sfavorevoli. In realtà già durante i primi mesi dell’anno gli ingressi delle grotte posti alle pendici della Grigna settentrionale sono stati praticamente irraggiungibili a causa dell’abbondante innevamento.
“Con il sopraggiungere della primavera e dell’estate – spiegano i promotori del progetto “InGrigna!” – le precipitazioni si sono susseguite ininterrottamente e ne hanno reso difficoltoso l’avvicinamento e oltremodo pericolosa la percorrenza degli abissi proprio a causa delle ingenti quantità d’acqua che si riversava in essi”.
“Così fino al mese di agosto – aggiungono – la presenza degli speleologi è stata sporadica e le novità esplorative inesistenti. Durante le due settimane centrali del mese nonostante il continuo maltempo si è svolto il consueto campo esplorativo, che aveva come base il rifugio Bogani. Impossibilitati ad affrontare le cavità più profonde e impegnative sempre a causa delle avverse condizioni meteo, gli speleologi hanno concentrato la loro attenzione su alcune diramazioni in grotte già note a limitata profondità, sulla revisione di modeste cavità e sulla ricerca di nuovi ingressi”.
Ma i risultati ottenuti, si è detto, sono stati comunque lusinghieri e anche quest’anno tra gli speleologi del progetto “InGrigna!” non sono mancate presenze straniere, a testimonianza di come il Grignone rappresenti una tra le principali aree carsiche italiane.