Nei boschi di Lecco è finita l’ “epoca” delle castagne

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LECCO –  Anche quest’anno niente castagne nei boschi lecchesi. Per Franco, che poco sopra Laorca tiene con cura e passione un bellissimo bosco di castagni non ci sono dubbi: “E’ finita un’epoca. Quella in cui nei mesi d’autunno bastava fare una passeggiata nei nostri boschi per tornare a casa con tante castagne sane e saporite. Ce n’erano per tutti – ricorda – ma da quattro anni a questa parte gli alberi sono improduttivi e molti stanno morendo”.

 

Cos’è accaduto ai nostri boschi? Perchè ormai non ci sono più castagne e quelle poche che si raccolgono sono piccole e per lo più marce? Cosa sta uccidendo i vecchi castagni dei boschi di Lecco? E’ davvero finita un’epoca?

Per rispondere a queste domande siamo andati a trovare l’agronomo Stefano Pirovano del Settore Ambiente, Ecologia, Agricoltura, Caccia e Pesca della Provincia di Lecco.

I motivi principali di questa carestia sono tre – spiega – L’abbandono dei boschi situati a ridosso della città avvenuto ormai da 30 – 40 anni, la presenza della Cryphonectria Parasitica e il più recente arrivo del Cinipide Galligeno del castagno (Dryocosmus kuriphilus). La prima è il noto cancro della corteccia causato da un fungo di origine americana che si è diffuso nel nostro territorio dal 1938 con le prime segnalazioni sull’Appennino ligure e il secondo è un insetto originario della Cina la cui prima segnalazione è avvenuta nel 2002 in provincia di Cuneo”.

A confermare tutto ciò è anche il dottor Paolo De Col della Struttura Attività Fitosanitaria e Certificazione di Qualità dell’Ersaf (Ente Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste): “Non siamo di fronte a un unico problema, ma a un insieme congiunto di fattori. Se da un lato è vero che la colpa principale è del cancro e del Cinipide, vanno tuttavia considerati anche il clima meteo di queste stagioni e altre patologie a carico del castagno che hanno già indebolito in precedenza le piante, come per esempio il Mal dell’Inchiostro”.

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Foto tratta dal libro: “Il Cinipide del castagno in Lombardia”

 

E così, a fronte di una situazione sempre più critica, estesa poi a tutta la Penisola, in questi ultimi anni si è cercato di prendere delle contromisure per salvaguardare i castagneti.

La battaglia al Cinipide è infatti iniziata da qualche anno con il lancio nell’ambiente del suo principale insetto “antagonista”: il Torymus sinensis Kamijo, il cui compito è quello di attaccare e debellare il Cinipide. “Con la lotta biologica – assicura De Col – siamo certi che nel giro di tre, quattro anni, il Cinipide rimarrà soltanto un brutto ricordo o comunque non desterà più preoccupazione”.

In effetti sembrerebbe che segnali di ripresa ci siano. “La produzione di quest’anno è ancora a macchia di leopardo – spiega De Col – ma vista l’esperienza e i risultati dei colleghi Piemontesi che sono partiti prima di noi con la lotta biologica, possiamo dire di essere ottimisti”.

Lo stesso dottor Pirovano conferma che quest’anno si è assistito a una piccola inversione di tendenza: “Si è potuto osservare una fioritura che ormai da anni non si vedeva più; certo, non siamo alla produzione di castagne di 10 – 15 anni fa, ma gli effetti dell’insetto antagonista stanno iniziando a dare qualche risultato”.

Una conferma di tutto questo arriva dalla stessa Comunità Europea che proprio il 30 settembre scorso ha abrogato la decisione 2006/464/CE con cui stabiliva misure di emergenza per impedire l’introduzione e la diffusione del Cinipide, dando di nuovo il via libera al commercio di astoni di castagno.

Ma se la lotta biologica intrapresa contro il Cinipide sembra ormai partita vinta, rimane il problema del cancro alla corteccia, vera e propria spada di Damocle che pende sui nostri castagni.

Infatti, mentre il Cinipide attacca il castagno indebolendolo ma non uccidendolo, il cancro è letale.
“Il Cinipide depone le uova nelle gemme delle foglie compromettendone la crescita e non consentendo lo sviluppo del fiore e di conseguenza del frutto ripercuotendosi così negativamente sulla crescita della pianta stessa. Tuttavia – precisa Pirovano – il Cinipide non porta alla morte completa della pianta che di fatto reagisce con la produzione della così detta ‘galla’, una sorta di oliva con cui viene racchiuso l’insetto limitando così i danni. Il cancro alla corteccia invece porta ad un’infezione la quale conduce alla morte della pianta”.

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L’unico modo per debellare il cancro è la potatura delle parti malate della pianta, ma si tratta di un intervento complesso e costoso che, con l’abbandono dei boschi, non viene più realizzato. Questo sta portando alla decimazione di massa dei castagni lecchesi e, di fatto, alla fine di un’epoca.

La Provincia, nel suo piccolo, sta cercando di salvaguardare gli ultimi boschi attraverso interventi di compensazione, ovvero, chi presenta la domanda e ottiene il permesso di abbattere una porzione di bosco, deve nel contempo farsi carico della risistemazione di un altro bosco.

“Questo tipo di scambio – spiega Pirovano – lo stiamo attuando con la società che sta cavando al Magnodeno e che effettuerà a proprie spese il recupero di un bosco di castagni situato nei pressi del vecchio collegio di Campo de Buoi dove ci auguriamo, facendo gli opportuni scongiuri contro il Cinipide e il cancro, si torni tra un paio d’anni a raccogliere castagne”.

Notizie positive giungono anche dalle Comunità Montane che ormai da anni hanno posto l’attenzione sulla salvaguardia dei castagneti e dove i proprietari dei boschi sono tornati a prendersene cura; ma ci sono anche iniziative Interreg Italia – Svizzera che operano in questa direzione senza dimenticare la nascita di vere e proprie associazioni come quella dei Castanicoltori del Lario Orientale fondata nel dicembre del 2012.

E poi, poi ci sono persone (sempre più rare) come Franco, che in quel di Laorca per passione e tradizione di famiglia cura e coccola il proprio bosco. Un lavoro lodevole, fatto col cuore e per il semplice amor di natura con cui tiene ancora in vita uno degli ultimi boschi di castagni della Lecco che fu… un filo di speranza affinchè l’ “epoca delle castagne” per Lecco e i lecchesi non sia davvero finita.