Rieccomi a parlar di vino! In questa quarta “tappa” dell’itinerario enologico che ho Il piacere di percorrere insieme a Voi, ho intenzione di parlarvi di quella particolare tipologia di vini che negli ultimi anni hanno avuto la miglior performance in fatto di qualità e di proposte innovative: i passiti.
Prendo spunto da una recente ed entusiasmante degustazione di diversi passiti, provenienti da più regioni d’Italia ed ottenuti con le più svariate uve, per confermare quanto le Aziende Vinicole abbiano dedicato una particolare cura a questi prodotti e siano riuscite, in molti casi, a realizzare dei veri e propri capolavori.
Questa particolare evoluzione è stata certamente dettata dalle richieste di un mercato in evoluzione, in cui aumentano gli intenditori o semplicemente i cultori dell’enogastronomia che accostano questi “gioielli” ai classici dolci di territorio oppure – udite udite – a formaggi erborinati, formaggi a latte di capra o anche ai formaggi particolarmente stagionati , sapidi e persistenti.
Sia chiaro che si è partiti da una vastissima gamma di passiti già disciplinati dalle diverse DOC, e non c’è regione in Italia che non annoveri almeno un passito fra i suoi vini di prestigio, stà di fatto però che ci sia stato un’enorme passo in avanti in fatto di qualità e si sono aggiunte anche nuove proposte di altissimo livello.
Per ciò che concerne le caratteristiche di questi passiti, si curato in modo particolare il giusto equilibrio nel rapporto tra acidità (freschezza) e zuccheri (dolcezza) , a cui consegue maggior “profondità”aromatica e minor stucchevolezza.
Inoltre, a conferma di questa ricerca degli equilibri gustativi, hanno fatto una significativa comparsa le così dette “vendemmie tardive”, per le quali è previsto un appassimento in pianta delle uve fino all’ottimale concentrazione zuccherina.
E facciamolo! perché no? … questo benedetto itinerario regionale citando qualche buon passito: per esempio la Val d’Aosta ci offre il Muscat de Chambave mentre in Piemonte troviamo il Moscato di Loazzolo o anche l’Erbaluce di Caluso e in Liguria lo “Sciacchetrà” delle Cinque Terre. Nella nostra regione, la Lombardia, è stata costituita recentemente una microscopica DOCG : il Moscato di Scanzo, una varietà a bacca rossa coltivata solo in alcuni comuni della bergamasca.
Tra le provincie di Pavia e Piacenza la Malvasia di Candia dà risultati davvero sorprendenti, ma poi nel Veneto chi non conosce il Recioto? Bianco di Soave e Gambellara o rosso di Valpolicella, a cui mi sento di aggiungere il Torcolato di Breganze. Più a nord si possono trovare il Vin Santo Trentino da uve nosiola ed il moscato rosa; più a nord ancora il moscato giallo (goldmuskateller) a cui si aggiungono, per ottenerei “uvaggi” stratosferici, gewurztraminer, riesling renano e sauvignon. Il Friuli ci offre il prezioso Picolit nonché il Verduzzo, la cui più prestigiosa versione è il Ramandolo DOCG.
Scendendo lungo lo stivale facciamo tappa in Romagna, dove troviamo l’Albana, o nei castelli di Jesi, per la versione passita del Verdicchio.
Il Vin Santo richiederebbe un discorso a parte, in quanto entra in gioco anche l’ossidazione derivante da un lungo periodo di permanenza nei cosidetti “caratelli”, ma anche per questo vino si sono fatti passi da gigante migliorandolo in finezza e pulizia senza comprometterne la tipicità. Prima di raggiungere la Sicilia e le sue isolette, girando qua e là meritano una citazione il Sagrantino di Montefalco in Umbria o l’Aleatico di Gradoli nel Lazio ( due uve rosse) oppure Moscato di Trani in Puglia, Mantonico e Greco di Bianco in Calabria. Passando lo stretto di Messina, approdiamo nella terra dei passiti per antonomasia: le due punte di diamante sono senza dubbio la Malvasia delle Lipari ed il passito di Pantelleria, ottenuto con lo zibibbo, una varietà di moscato il cui nome deriva dall’arabo “zabib” (uvetta -uva passa) diffusa in tutta la Sicilia, ma soprattutto nel siracusano, con le DOC Siracusa, Noto ed Eloro.
L’itinerario si conclude in Sardegna, dove in fatto di passiti non si scherza affatto, allora mi vengono in mente alcuni meravigliosi Nasco di Cagliari o Malvasia di Bosa.
Che dire? Già fin qui, pur avendo ridotto “all’osso” le mie citazioni siamo di fronte ad un’invidiabile gamma di prodotti ma poi, spulciando qua e là, si scoprono ancora delle “perle” concepite e realizzate più di recente.
Senza volrer fare alcuna pubblicità, è mia abitudine fare alcuni esempi concreti di vini che mi hanno stupito, quindi vi invito ad assaggiare il “Vertemate” di Mamete Prevostini oppure il “Diamante d’Almerita” di Tasca d’Almerita. Pensate, a 1300 km di distanza , si producono questi due passiti dalle impressionanti similitudini . Il primo ottenuto da uve riesling e traminer coltivate in un fazzoletto di vigna annessa a palazzo Vertemate vicino a Chiavenna, il secondo è un dolcissimo connubio tra il traminer e lo zibibbo coltivati a 500 mt. Slm proprio nel cuore Sicilia.
Mi hanno entusiasmato anche il Kerner passito “Nectaris” Cant.Prod.Valle Isarco, capolavoro di finezza, ed il Montepulciano passito “Clematis” di Ciccio Zaccagnini, direi quasi da mangiare e non da bere, due vini diametralmente opposti che hanno in comune l’eccellente qualità e l’esaltazione del territorio e del vitigno.
Concludendo spendo due righe anche per dare due semplicissimi consigli sugli abbinamenti: per ciò che riguarda i cibi dolci è importante l’analoga percezione degli zuccheri, quindi più dolce il cibo-più dolce il vino ; per i formaggi erborinati , caprini , pecorini o alri formaggi molto intensi e stagionati , il nostro passito dovrà avere soprattutto freschezza e spiccata persistenza aromatica . Per ottimizzare l’abbinamento , ma non di regola e senza esagerare , si possono associare ai suddetti formaggi alcuni tipi di confettura, miele o mostarda.
Dulcis in fundo …. Assaggiare per credere
Roberto Beccaria
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