Notaio online. Provenienza donativa: il problema della circolazione dei beni

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Sempre più spesso nella mia attività professionale quotidiana mi trovo ad affrontare il problema della circolazione giuridica degli immobili di provenienza donativa.

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Il Notaio Luca Donegana

Infatti, al fine della tutela dei legittimari (argomento di cui ho già trattato: I legittimari questi sconosciuti), l’acquisto per donazione può, nel tempo e in presenza di particolari circostanze, venir meno per effetto dell’eventuale esercizio vittorioso dell’azione di riduzione da parte dei legittimari lesi nei propri diritti, con possibili ripercussioni anche nei confronti di terzi aventi causa (cioè acquirenti) dal donatario, peraltro solo qualora il donatario non possieda beni sufficienti a soddisfare le ragioni degli istanti. Innanzitutto vorrei in ogni caso rinfrescare la memoria ai lettori e ricordare che il nostro ordinamento riserva a determinati soggetti, i legittimari (coniuge, figli e ascendenti del defunto) una quota di eredità detta legittima della quale non possono essere privati per volontà del defunto, sia che sia stata espressa in un testamento o eseguita in vita tramite donazioni. Se un legittimario viene privato, in tutto o in parte, della sua quota di legittima per effetto di una disposizione del testamento o di una o più donazioni effettuate in vita dal defunto, può far valere il proprio diritto all’ottenimento dell’intera quota di legittima mediante un’apposita azione giudiziaria, detta azione di riduzione, soggetta al termine di prescrizione di 10 anni (nel caso di lesione della legittima determinata da donazione, questo termine decorre dalla data di apertura della successione). I legittimari possono rinunciare all’azione di riduzione solo dopo la morte del soggetto della cui eredità si tratta, e mai durante la sua vita (art. 458 c.c.). Pertanto, se un soggetto dispone in vita di tutto il suo patrimonio con più donazioni a favore solo di uno dei legittimari quelli che non hanno ricevuto nulla – i legittimari pretermessi – o quelli che comunque hanno ricevuto beni di valore inferiore a quello della quota di legittima – i legittimari lesi – non possono rinunciare all’azione di riduzione mentre il donante è in vita né con dichiarazione espressa, né prestando il loro assenso alla donazione.

L’azione di riduzione, in caso di lesione susseguente a donazione, va proposta nei confronti del donatario; tuttavia se il donatario ha ceduto a terzi gli immobili donati, il legittimario, se e in quanto il donatario non abbia altri beni sui quali soddisfare le proprie ragioni, potrà chiedere ai successivi acquirenti la restituzione del bene (azione di restituzione); l’azione di restituzione deve proporsi secondo l’ordine di data delle alienazioni cominciando dall’ultima. Tuttavia il terzo acquirente può liberarsi dall’obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l’equivalente in denaro.

In questa materia è intervenuta la legge 80/2005 che ha innovato la disciplina del codice civile. La prima novità è che l’azione di restituzione può essere intrapresa dal legittimario leso o pretermesso solo se non sono decorsi 20 anni dalla trascrizione della donazione: quindi, solo trascorsi i 20 anni, il terzo acquirente di un immobile donato non correrà più rischi.

Lo stesso principio vale anche per le ipoteche e ogni altro vincolo (ad esempio un diritto di usufrutto) che il donatario abbia iscritto o trascritto sull’immobile donatogli: se l’azione di riduzione è intrapresa dopo 20 anni dalla trascrizione della donazione, le ipoteche e i vincoli restano efficaci, con l’obbligo del donatario di compensare in denaro i legittimari per il con seguente minor valore dei beni ricevuti in eredità, e sempre che la domanda di riduzione sia stata trascritta entro 10 anni dalla data di apertura della successione.

Altra “novità” è la possibilità per il coniuge e i parenti in linea retta del donante di opporsi alla donazione: il termine di 20 anni è sospeso nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta del donante, qualora essi abbiano notificato e trascritto, nei confronti del donatario e dei suoi aventi causa, un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione.

Questo diritto di opposizione non solo è personale, ma perde inoltre effetto se non è rinnovato prima che siano trascorsi 20 anni dalla sua trascrizione.

Il coniuge e i parenti in linea retta del donante possono anche rinunciare al diritto di opposizione. Tuttavia tale rinuncia non comporta anche la rinuncia all’azione di riduzione perché per legge i legittimari non possono rinunciare ad essa finché vive il donante.

In occasione dell’acquisto di un immobile e quindi sin dalla stipula del preliminare il promissario acquirente (colui che si impegna ad acquistare) deve verificare se il venditore abbia acquisito il bene mediante donazione o se comunque nella “catena” dei trasferimenti che precedono l’acquisto del proprio dante causa sia stata effettuata una donazione.

Se è effettivamente presente una donazione bisogna distinguere se:

a) il donante sia ancora vivente: in questo caso l’azione di restituzione (ossia la possibile futura azione di rivendica del bene nei confronti di chi acquistato l’immobile dal donatario) potrà essere esercitata solo dopo la morte del donante ed entro i successivi 10 anni, al verificarsi di tutte le seguenti condizioni:

– che il donante alla sua morte non abbia lasciato beni sufficienti a coprire la quota di legittima spettante a tutti i legittimari;

– che il venditore (che aveva ricevuto il bene trasferito mediante donazione) non abbia nel proprio patrimonio beni sufficienti a soddisfare le ragioni dei legittimari lesi;

– che non siano già decorsi 20 anni dalla data della trascrizione della donazione, salvo che sia intervenuta opposizione al decorso dei 20 anni da parte del coniuge o di parenti in linea retta (legge 80/2005).

È evidente la difficoltà di gestire questa situazione in quanto al momento della stipula del preliminare, così come al momento del rogito definitivo, non è possibile valutare e verificare la sussistenza di circostanze come quelle sopra illustrate che si riferiscono a eventi futuri e incerti (il donante potrebbe vivere più o meno a lungo e comunque oltre o non più dei 20 anni successivi alla trascrizione della donazione; il suo patrimonio, come quello del donatario, potrebbe subire in questo arco di tempo modifiche anche importanti; l’opposizione al decorso del ventennio potrebbe intervenire al diciannovesimo anno, e così via);

b) il donante sia deceduto da meno di 10 anni: in questo caso l’azione di restituzione potrà essere esercitata entro i 10 anni dalla morte del donante al verificarsi di tutte le condizioni sopra riportate. Ovviamente a differenza del caso a) dovrebbe risultare più agevole verificare la ricorrenza o meno delle circostanze cui è subordinata l’azione di restituzione che vanno riferite non più a un evento futuro bensì a una data certa (la morte del donante). I rimedi: in questo caso il rimedio giuridico consiste nella rinuncia espressa da parte di tutti i legittimari (a condizione di conoscere tutti i legittimari esistenti) all’azione di riduzione o quanto meno all’azione di restituzione verso terzi ex art. 563 c.c., rinuncia valida e possibile dopo la morte del donante;

c) il donante sia deceduto da più di 10 anni: in questo caso, secondo l’orientamento prevalente in tema di prescrizione, confermato anche dalle Sezioni Unite della Cassazione, il diritto ad agire in riduzione deve ritenersi prescritto per cui non vi è più alcun rischio per l’acquirente, perché le azioni di riduzione e restituzione non potranno più essere esercitate. Pertanto se entro 10 anni dalla morte del donante non è stata trascritta la domanda di riduzione l’acquirente potrà acquistare l’immobile senza alcun timore;

d) siano decorsi più di 20 anni dalla data della donazione: a prescindere dalla circostanza che il donante sia ancora vivente o sia già deceduto, se entro 20 anni dalla data di trascrizione della donazione non si è verificata opposizione da parte del coniuge o di parenti in linea retta, l’azione di restituzione non potrà più essere esercitata e pertanto non c’è più alcun rischio per l’acquirente. Tutto ciò vale senza alcuna ombra di dubbio per le donazioni poste in essere dopo il 15 maggio 2005. Per le donazioni realizzate prima di tale data, invece, non è scontato che valgano le stesse conclusioni e non ci sono certezze a causa della mancanza di una disciplina transitoria all’interno della legge 80/2005 che chiarisca in maniera inequivocabile il regime applicabile alle donazioni anteriori.

Si può dire che, nei casi di cui ai punti a) e b), un rischio per l’acquirente esista, ma è un rischio potenziale perché non è detto che la presenza di una donazione determini di per sé una rivendica del bene da parte di terzi. Secondo la giurisprudenza il semplice fatto che un bene immobile provenga da donazione non comporta l’esistenza, di per sé, di un pericolo effettivo e attuale di rivendica: per cui si è ritenuto ingiustificato il rifiuto del promissario acquirente a stipulare il contratto definitivo di compravendita, qualora il motivo fosse la provenienza a titolo di donazione dell’immobile oggetto del preliminare.

Nel prossimo intervento analizzerò anche la problematica della circolazione degli immobili che abbiano come provenienza una donazione indiretta.

Notaio Luca Donegana
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