RUBRICA – Ciao a tutti , dopo aver dedicato al Friuli la prima di sei serate riferite alle regioni più rappresentative per la qualità del vino italiano, presso il Circolo Canottieri Lecco che quest’anno festeggia il 120° anniversario della fondazione, non posso esimermi dal parlavi dei vitigni autoctoni di questa terra benedetta da Bacco.
Se in questi anni nel panorama vitivinicolo c’è stata, e prosegue ancora, la riscoperta e la rivalutazione delle nostre uve locali, lo si deve in gran parte all’esempio che hanno dato i friulani già dagli anni ’70. Ricordo che già in quegl’anni l’indimenticato Luigi Veronelli scriveva nei suoi articoli della riscoperta dello Schioppettino e della valorizzazione del rustico e scalpitante Refosco nei Colli Orientali del Friuli e precisamente a Ronchi di Cialla.
Infatti, dopo un lungo periodo in cui sono stati preferiti i vari vitigni internazionali, Pinot grigio e Sauvignon a bacca bianca e Merlot a bacca rossa più di altri, piano piano sono ritornate alla ribalta le uve locali migliorando sia le tecniche di coltivazione che le pratiche di vinificazione e affinamento.
Gli autoctoni più diffusi in Friuli sono Ribolla gialla, Friulano (ex Tocai), Verduzzo, Malvasia Istriana, Vitovska del Carso e Picolit per ciò che concerne i bianchi, Refosco dal peduncolo rosso, Schioppettino (ribolla nera), Pignolo, Franconia, Tazzelenghe e Terrano del Carso per i rossi.
La Ribolla gialla è coltivata soprattutto nelle due zone più rappresentative della regione, I Colli Orientali de Friuli ed il Collio Goriziano. I vini sono generalmente piacevoli, fruttati e freschi , mai troppo complessi o alcolici. Recentemente la si è scoperta particolarmente adatta alla spumantizzazione e si possono trovare prodotti davvero interessanti anche di “Metodo Classico”, dei quali il prestigioso capostipite è il millesimato di Collavini. Il Tocai friulano, mi permetto di chiamarlo ancora così, è diffuso in tutte zone vinicole del Friuli ma il Collio Goriziano e l’Isonzo esprimono il meglio.
I vini sono robusti, sapidi e decisi , di buona personalita con tipico retrogusto mandorlato , da non trascurare che spesso e volentieri migliorano nel tempo. La Malvasia Istriana è coltivata soprattutto nella parte meridionale della regione e sul Carso, non è una varietà particolarmente aromatica , quindi i vini sono giustamente fruttati, vinosi e raffinati ma nel contempo di buona struttura , caratteristica abbastanza frequente nei generosi bianchi friulani.
Pochi appassionati conoscono e apprezzano la Vitovska, antico vitigno di frontiera, coltivato nel Carso in territori rocciosi, asciutti e battuti dalla Bora. I vini sono particolarmente raffinati e minerali, con sentori floreali e che ricordano la pera Williams, alcune sfumature e la tenuta all’invecchiamento lo avvicinano curiosamente ai Riesling renani.
Il Verduzzo dorato ed il Picolit sono coltivati soprattutto nei colli Orientali del Friuli e solitamente con queste due uve si producono dei preziosi e rari passiti , soprattutto il Picolit ed il Ramandolo (verduzzo) , spesso associati alla classica “muffa nobile” che gli dona maggior complessità, non essendo uve aromatiche.
La breve carrellata delle uve rosse parte dal Refosco, l’autoctono più diffuso in Friuli, sia nelle zone collinari già nominate in precedenza, sia nelle zone pianeggianti delle Grave del Friuli , Latisana, Aquileia e Pramaggiore. Vitigno di elevata vigorìa che assicura abbondanti produzioni; i vini hanno buona personalità, da giovani sono spesso un po’ “rustici” con evidenti sfumature violacee e note olfattive di erba appena falciata, marasca e ribes.
Anche il Terrano del Carso fa parte della famiglia dei refoschi, quindi i vini generalmente si differenziano solo nelle sfumature legate al territorio. Lo Schioppettino, o Ribolla nera, è coltivato quasi esclusivamente nelle località dei Colli Orientali di Prepotto, Cialla e nei pressi di Cividale.
I vini sono gentili e fruttati; laddove si fa selezione sono anche strutturati e di buona alcolicità, caratteristiche che non guastano nel contrasto con acidità e fragranza. Il Pignolo è sicuramente il più aristocratico della famiglia , quello col potenziale del grande vino, ma è anche il più difficile da trattare sia in vigna che in cantina. Come il pinot nero prende il nome dalla forma del grappolo, chiuso e compatto come una pigna , molto delicato e a rischio malattie, ragion per cui era stato abbandonato e quasi scomparso. Sono pochi i produttori di Pignolo ma il livello (anche il costo) dei vini è altissimo per tipicità del varietale, nerbo, eleganza, complessità e longevità.
Ancor meno conosciuto il Tazzelenghe, che in friulano vuol dire “Taglialingua”, nome che dice tutto sulle caratteristiche aggressive di astringenza e acidità del vino . E’ stato riscoperto un “purosangue”che va letteralmente domato con le nuove tecniche di vinificazione e… la santa pazienza.
Finisco col ricordo di alcuni vini davvero convincenti assaggiati recentemente: Ribolla spumante brut Mill. 20 10 di Collavini e Ribolla gialla”Rjgialla” di La Tunella, Friulano Isonzo “la Vila “ di Lis Neris e Friulano Collio “Ronco delle Cime”di Venica, Malvasia Istriana Isonzo “Dis Cumieris” di Vie de Romans, per citare alcuni bianchi.
Refosco “Bottaz” di Venica e Refosco Colli Orientali di Sara & Sara, Schioppettino Colli Orientali , e ancor meglio il potente Pignolo, entrambi di La Tunella, e per finire uno stratosferico Tazzelenghe di Conti d’Attimis Maniago abbinato l’altra sera al Circolo Canottieri ad un formaggio della Carnia consigliato dall’amico Christian della salumeria “Filet” in rione Castello: pura poesia !
Assaggiare per credere!
Roberto Beccaria
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