LECCO – “I miei molti anni di impegno sindacale e militanza sociale mi hanno insegnato che esprimere il proprio punto di vista, anche quando si dicono cose scomode, è un dovere.
Soprattutto se ci sono di mezzo valori centrali come giustizia e equità.
Ecco perché, come pensionato iscritto alla CGIL (non so ancora per quanto, visti gli andazzi non solo attuali) ma vale a maggior ragione anche per gli altri confederali, non posso stare alla finestra di fronte alla manifestazione che si è svolta sabato a Roma.
E’ mai possibile che coloro che dovrebbero difendere i più poveri e precari debbano manifestare contro Reddito di Cittadinanza e quota 100 ?
E’ concepibile che si attacchi un governo, certamente da criticare per alcuni aspetti assunti nei confronti della situazione dei migranti (ne ho già scritto) o della cosiddetta Flat tax (idem, nella anacronistica versione iniziale leghista ora fortunatamente molto mitigata e giustamente finalizzata alle piccole attività, sempre ignorate dai precedenti governi), che cerca faticosamente d’iniziare a mettere concretamente in discussione i capisaldi di un sistema neoliberista che sta aumentando a dismisura le disuguaglianze ?
Un conto è giustamente contrastarne alcune spinte dettate da egoistiche visioni nazionalistiche che finiscono col rafforzare il sistema (dividendo peraltro il fronte delle vittime), un conto è rischiare di buttare il bambino con l’acqua sporca.
Ad esempio, sul fronte delle cosiddette politiche sociali e del lavoro, un conto è cercare di migliorare le modalità applicative del Reddito di Cittadinanza, un conto è ritenerlo un controproducente assistenzialismo, come fatto passare anche dal palco di Roma.
Come mi sembrerebbe proprio miope non interrogarsi, non solo a parole ma con proposte redistributive praticabili, sul problema strutturale della perdita sistematica dei posti di lavoro dovuta alla continua evoluzione tecnologica ed informatica.
E se tutti siamo così d’accordo nel sostenere che andrebbero finalizzate per dare lavoro molte più risorse agli investimenti, soprattutto pubblici, perché poi li si lascia soli nel sostenere in Europa l’esigenza di una spesa maggiore così finalizzata , alla faccia dello sforamento di indicatori assolutamente virtuali e peraltro non rispettati da altri ?
10 milioni di iscritti ben orientati dalla dirigenza sindacale potrebbero o no fare la differenza se l’azione di spinta fosse molto decisa, quanto pacifica e assolutamente determinata ? Altro che gilet gialli !
Perché invece si cede alla subcultura che grida all’ “ingiustizia “comparando i 780 euro del Reddito di Cittadinanza ( che è l’indicatore europeo di povertà relativa) agli 840 della retribuzione lavorativa minima e non ci si batte invece per innalzare i livelli di quest’ultima ?
E come non accostare l’attuale “grinta manifestante” alla blandissima resistenza alla legge Fornero e al Job Act ?
E come assimilare ad un incoerente pastrocchio uno strumento che si sforza, con alcuni difetti da migliorare, di tenere assieme per la prima volta in Italia (uno dei pochi paesi d’Europa a non giovarsene ancora) la lotta alla povertà e azioni di avviamento al lavoro ?
Da che parte vuole stare il sindacato ?
Col sistema ( dal livello planetario a quello locale) che ci ha portati sin qui o mette realmente in campo le sue enormi potenzialità in cerca di una equa direzione che non può prescindere da una profonda messa in discussione degli iniqui paradigmi di questo sistema ?
Con chi vuole condividere, seppur con tutti i distinguo del caso, un percorso di profonda revisione strutturale ( a partire dal livello europeo mai così asservito alle logiche finanziarie e falsamente sociali ) contribuendo così realmente a quel cambiamento invocato dal palco anche da Landini ?
E Landini vuole continuare ancora a rappresentare una speranza per chi si batte contro tutti gli squilibri a cui sempre più siamo messi di fronte, o sarà ancora più condizionato dalla pesante e targata eredità della Camusso ? E cosa vuol dire la presenza di rappresentanze di trivellatori confindustriali alla manifestazione ?
Le manifestazioni e le lotte non si fanno per dimostrare che si esiste ma semmai ed auspicabilmente per recuperare lo spirito originario di difesa degli interessi dei più svantaggiati, a partire da chi perde il lavoro e da chi non lo trova o lo trova precario e sottopagato
Lo si fa opponendosi ai meccanismi iniqui di una globalizzazione al ribasso fatta di delocalizzazioni ed alla conseguenti guerra tra poveri, alla aperture dei negozi h24, allo strapotere delle lobbies finanziarie e dei potentati oligarchici che gestiscono spesso anche i servizi relativi ai Beni Comuni, alla dittatura dello spread e del debito pubblico drogato dal mercato … in altre parole mettendo in discussione un sistema globalizzato e globalizzante che spaccia per interesse collettivo ciò che invece avvantaggia sempre più pochi.
E non inseguendo piccoli aggiustamenti o paliativi che non hanno nulla di strutturale, altro che cambiare il modello di sviluppo …
E mi sembra che per chi vuol vedere non manchino esempi significativi nell’operato dell’attuale governo, pur, come già dicevo, nel contesto di qualche errore.
E, a proposito di errori, come diceva anche Landini dal palco sarebbe sì un errore non ascoltare quella piazza ma altrettanto ed ancor più non riconoscere questo tentativo, magari assolutamente perfettibile, di cambiare gradualmente i rapporti di forza tra potentati economici e loro vittime. Tra pensiero unico neoliberista e un nuova economia compatibile sia socialmente che ambientalmente, tra chi vorrebbe una democrazia subordinata totalmente ai cosiddetti mercati e chi cerca d’attrezzarsi concretamente perché tutto questo non avvenga ( e ci sono gli strumenti per farlo). Tra chi considera la precarietà un “male necessario” e chi si batte per una globalizzazione dei diritti e dei doveri, tra chi mette contro i giovani ai pensionati, migranti ad indigeni, piccoli imprenditori ai propri dipendenti, tutti sempre più lasciati in balia di un mercato falsamente competitivo.
Ripeto, ci sono certamente cose da criticare in questo governo innaturale quanto “forzoso” ( da superare) ma perché non riconoscere apertamente la direzione epocale scomoda imboccata perlomeno delle forze nuove che ne fanno parte ?
Spero che il “mio sindacato” questo riesca a farlo, contribuendo così al tentativo serio di un reale cambiamento, che possa produrre poi frutti a catena a vari livelli .
In definitiva, la domanda ineludibile è : vogliamo essere parte organica di questo sistema oppure tentare seriamente di cambiarlo?”
Germano Bosisio