L’intervista all’atleta galbiatese, 7° ai Mondiali in Thailandia
Classe 2000, nonostante i recenti successi in maglia azzurra, Rota continua a essere un ragazzo semplice come lo sport che rappresenta
LECCO – Galbiatese, classe 2000, Andrea Rota ne ha fatta di strada da quando ragazzino, nelle gare di corsa in montagna del territorio lecchese, seminava anche gli atleti più esperti. Fresco di un 7° posto ai Campionati del Mondo di Mountain e Trail Running svolti in Thailandia a inizio novembre, piazzamento ottenuto sui 38 km dello Short Trail, e capace di segnare un’altrettanta ottimale prestazione agli Europei disputati a El Paso (Canarie) lo scorso luglio, chiusi con un 6° piazzamento nella sfida di trail, Rota si è confermato più solido che mai in queste sue prime apparizioni con la Nazionale senior. Oltre alle soddisfazioni individuali, non sono mancate quelle a livello di squadra: con i suoi compagni di maglia azzurra è salito sul gradino più alto del podio ai Mondiali, sempre nel trail corto, e ha conquistato un argento di specialità agli Europei.
Dietro ai traguardi appena raggiunti però, si nasconde un ragazzo che continua a fare della semplicità il suo stile di vita, tanto che, come dice lui stesso, prima di ogni gara preferisce ‘stare schiscio’ quando c’è da fare un pronostico sul piazzamento, e sono più gli altri a valorizzarlo e a stimolarlo nel credere in se stesso. Non è sicuramente un caso, avendo un’indole simile, aver scelto la corsa in montagna: uno sport semplice, umile. Una passione che prima dei successi, dei podi e dei riconoscimenti, riesce a farlo stare bene.
Durante l’intervista abbiamo voluto dare sì spazio ai Mondiali appena trascorsi e alla carriera di questo giovane atleta, ma anche sentire cosa ne pensa di quel mondo in cui è cresciuto e che gli sta permettendo di spiccare il volo, affrontando temi su cui non ha mancato di esprimere opinioni ben precise.
Si può dire che è stato un anno da incorniciare, a inizio 2022 ti aspettavi di fare così bene con la maglia azzurra?
“Assolutamente no. Anzi, i risultati sono stati sopra ogni più rosea aspettativa. Al Mondiale pensavo di classificarmi tra la 15esima e 20esima posizione, non mi sarei mai sognato di rientrare nella top ten. Anche perché questa è stata la mia prima partecipazione nella categoria senior, sebbene avessi già corso un Mondialino da allievo. A darmi la carica per raggiungere questo traguardo sicuramente ha contribuito anche la maglia azzurra: già solo indossarla ti fa avere una marcia in più”.
Come hai fatto a conciliare allenamenti e lavoro in vista della preparazione ai mondiali?
“Eh, sicuramente è stata dura. Non è facile uscire la sera dal lavoro e andare a correre col buio. Diciamo che la gara è la punta dell’iceberg, chi osserva da fuori vede solo quella, non il pezzo più grosso che rimane sommerso, fatto di tanti sacrifici. Tuttavia se si raggiungono risultati positivi come quest’anno, sono ampiamente ripagati e si fanno volentieri”.
Hai dovuto fare una preparazione specifica per il caldo? O prendere integratori e gel particolari? Quanto tempo prima siete dovuti andare in Thailandia per ambientarvi?
“Una preparazione specifica no, anche se fortunatamente siamo riusciti ad andare in Thailandia una settimana prima delle gare per ambientarci. Appena scesi dall’aereo i miei compagni e io ci siamo un po’ scoraggiati perché il termometro segnava 36-37 gradi, e l’umidità era pazzesca. Non l’ho sofferto troppo in gara e mi è andata bene, forse il caldo torrido di quest’estate mi ha aiutato a farmi trovare pronto. A livello di integratori e gel, abbiamo assunto in prevalenza sali minerali e magnesio, e ogni quarto d’ora-venti minuti bevevamo per non disidratarci”.
E invece sempre parlando di clima, com’era quello tra i componenti della squadra italiana? Con chi hai legato di più?
“Ho trovato un bell’ambiente in Nazionale, tutti mi hanno coinvolto e fatto sentire uno di loro. Siamo un gruppo molto affiatato e in generale mi sono trovato bene, non c’è una persona con cui ho legato di più. Ho anche fatto nuove conoscenze, mentre tanti ragazzi li avevo già incontrati agli Europei. L’essere così uniti penso che abbia fatto la differenza anche durante le gare: sentire gli altri compagni incitarti e fare il tifo lungo il percorso è uno stimolo non da poco”.
Raccontaci un po’ della gara, le sensazioni che hai avuto
“Prima della gara avevo in testa mille pensieri, e in particolare mi chiedevo se sarei stato sufficientemente preparato. Una volta partito sono sparite tutte le preoccupazioni e ho corso più forte che potevo, nel mentre continuavo a riflettere sui tanti allenamenti e sacrifici compiuti per essere lì. Sicuramente questi pensieri hanno contribuito nel farmi esprimere al meglio”.
Quando corri gare di tanti km come questa, come fai a mantenere la concentrazione?
“In realtà mi viene naturale, tanto che non sento nemmeno il bisogno di guardare l’orologio per vedere che tempo sto facendo o quanto manca all’arrivo. Quando corro mi dimentico di tutto”.
Comparando le due gare in maglia azzurra di quest’anno, Europei e Mondiali, in quale hai riscontrato più difficoltà, se ne hai avute, e perché?
“Nessuna delle due competizioni mi ha creato difficoltà: in entrambe ho ottenuto ottimi piazzamenti, sono riuscito a spingere senza problemi e soprattutto non ho dovuto affrontare nessuna crisi, cosa non scontata visto il caldo che le ha caratterizzate. Nel caso degli Europei poi, trattandosi della mia prima Nazionale coi senior, non percepivo troppa pressione addosso, e questo mi ha aiutato a correre a mente libera. Sia alle Canarie che in Thailandia dovevo solo pensare a dare il massimo, senza dover dimostrare niente a nessuno. Qualunque risultato fosse arrivato sarei rimasto soddisfatto, e da entrambe le gare ho ricavato solide performance. Solo il caldo ha destato in me qualche preoccupazione, soprattutto perché durante la Resegup a giugno mi aveva dato una bella botta”.
Partiamo dall’inizio. Com’è nata la passione per la corsa in montagna? Raccontaci qual è stato il tuo percorso come atleta
“La passione per la montagna è in me da quando ero piccolo. I miei genitori mi hanno sempre portato e seguivo corsi di escursionismo con l’Osa Valmadrera. Verso le medie ho iniziato a giocare a calcio per un po’ di anni, fino a quando ho deciso di lanciarmi e provare la Resegup, ancora minorenne. Lì ho avuto un vero e proprio exploit arrivando 12esimo, e ho deciso di cominciare a correre. Per qualche tempo sono entrato in contatto anche con il mondo dell’atletica, grazie al tesseramento con l’Atletica Lecco, facendo gare in pista, mezzofondo e corsa in montagna”.
Quali sono i tuoi ricordi più belli legati alla corsa in montagna?
“Quando al Mondiale sono arrivato con il tricolore sulle spalle: ci avevano annunciato di essere diventati campioni del mondo a squadre. Sicuramente l’emozione più grande da quando corro”.
Avendo militato nell’Atletica Lecco, e praticando attualmente la corsa in montagna, sapresti dire cosa ti attira di più rispetto alla corsa in pista? Hai notato delle differenze tra questi due ambienti?
“La montagna mi dà un senso di libertà, è un luogo che sento più adatto alle mie caratteristiche e dove riesco a sentirmi davvero me stesso, in cui mi esprimo al meglio. La pista non mi dava le stesse soddisfazioni, mi percepivo fuori posto. Mettendo a confronto i due contesti, quando facevo atletica ho sempre visto e percepito tanto rispetto, sia da parte degli atleti che dei dirigenti. L’ambiente della corsa in montagna è ancora più semplice e alla buona, si creano bei gruppi non solo in Nazionale ma anche sul territorio locale. Qui a Lecco per esempio siamo tanti giovani di buon livello molto affiatati tra di noi. Per farti capire, durante la Resegup ero in crisi completa per colpa del caldo, e Luca del Pero (skyrunner brianzolo, campione del mondo in carica di SkySnow Vertical) mi ha incoraggiato a tenere duro nonostante ci stessimo giocando le prime posizioni. Prima che avversari, siamo tutti amici”.
In atletica chi vuole diventare professionista può appoggiarsi ai corpi militari. Invece per la corsa in montagna come funziona?
“È ancora più dura diventarlo. Prima c’era la Forestale che arruolava, ma adesso è stata assorbita dai Carabinieri. Diciamo che anche se sei un fenomeno e trovi uno sponsor importante le prospettive di carriera non vanno al là dei dieci anni. Pensare di vivere con la corsa in montagna è quasi impossibile, a meno che uno non vinca tutte le gare a cui partecipa. Anche in questo caso, credo sia giusto dare la possibilità a chi pratica la disciplina di entrare nei corpi militari: siamo atleti come tutti gli altri, e facciamo sacrifici in nome dello sport. Probabilmente non essendoci al momento un’ottica olimpica, non c’è interesse a un investimento in questo senso”.
Ritieni che la corsa in montagna possa diventare una disciplina olimpica?
“La speranza è quella. Il movimento sta crescendo e sta assumendo sempre più visibilità, anche a livello televisivo, ma ritengo che sia uno sport ancora troppo di nicchia per arrivare alle Olimpiadi, per quanto raggiungere un traguardo del genere aprirebbe porte a tanti giovani”.
Ritornando alle tue caratteristiche, quale tipo di gara le rispecchia di più? E quale senti più ‘tua’ finora?
“Se me l’avessi chiesto appena iniziato a correre avrei risposto le gare tecniche, tanto muscolari dove più che correre si cammina forte, come una Resegup per intenderci. Adesso invece la gara che ritengono ideale per me è la marathon: 35-40 km tutti corribili e con poco dislivello, un po’ in stile Europei e Mondiali di quest’anno. Se dovessi citare una gara che preferisco, sceglierei senza dubbio il Giir di Mont (a Premana ndr), fosse per me la correrei tutte le domeniche. Mi ha sempre affascinato, forse anche perché tantissimi atleti hanno scritto pagine indelebili delle loro carriere disputandola. E pensare che vi ho partecipato per la prima volta da senior solo il luglio scorso (è arrivato 5°, con un tempo di 3h22’05”, ndr), anche se avevo già preso parte alla sua versione ‘ridotta'”.
Hai un punto di riferimento, qualcuno a cui ti ispiri?
“Stefano Butti, il mio allenatore. Corriamo per la stessa società, l’Osa Valmadrera, e nell’ultimo anno mi ha seguito. È sempre stato un idolo, poi siamo diventati grandi amici. Tra l’altro è arrivato terzo al Giir di Mont del 2011, dietro a Marco De Gasperi e Kilian Jornet. Forse è anche per questo che è diventata la mia gara preferita: Stefano si è dimostrato il ‘primo degli umani’ dietro due ‘extraterrestri’, anch’essi mia fonte di ispirazione. Provo tanta ammirazione anche per i gemelli Dematteis: ho avuto modo di conoscere soprattutto Martin, convocato con me al Mondiale. Entrambi, prima che fortissimi atleti, sono grandi uomini, persone semplici che non si danno arie e dispensano sempre consigli. Penso sia bello avere come capitani della Nazionale esempi così”.
Prima della stagione di gare che approccio segui? Sei uno che programma il calendario nei minimi dettagli oppure ti capita anche di decidere all’ultimo a quali competizioni presentarti?
“Solitamente procedo così: segno 5-6 appuntamenti clou della stagione su cui intendo porre maggiore attenzione e, sulla base di questi, gestisco la mia preparazione. Poi certo, capitano le decisioni dell’ultimo minuto, anche perché amo gareggiare, a volte fin troppo, e considero le competizioni come uno stimolo per mantenere alta la motivazione che, non lo nascondo, può succedere manchi durante gli allenamenti. Sfidarsi con gli altri, mettendo in pratica un sano agonismo, aiuta a non perderla”.
Pratichi altri sport che ti sono d’aiuto nella preparazione alle gare?
“In estate tanta bici, che aiuta a preservare le articolazioni messe a dura prova dalla corsa. In inverno invece pratico lo scialpinismo”.
Cosa ne pensi del ‘boom’ che stanno avendo in questi ultimi anni le gare di corsa in montagna?
“A mio avviso le gare sono forse fin troppe, gli atleti non sanno più cosa scegliere. Ma è una questione che non riguarda solo le singole competizioni: anche i campionati sono tanti, e generano non poca confusione in chi segue da fuori. Penso che FISky (Federazione Italiana Skyrunning, si occupa di preservare le gare alpine in quota, in particolar modo quelle storiche, ndr) e FIDAL (Federazione Italiana Di Atletica Leggera, si interessa alle classiche di corsa in montagna e ai trail, ndr) debbano unirsi o comunque trovare un accordo, perché altrimenti gli atleti si disperdono. Se poi mettiamo che le aziende private organizzano propri circuiti… a rimetterci alla fine poi sono soltanto i corridori. Ritengo sia opportuno diminuire il numero di gare”.
A complicare il tutto ci sono anche i rapporti tra società e sponsor
“Esatto. Spesso si creano situazioni difficili: alcuni atleti si trovano costretti a non poter correre più con una società se intrattengono rapporti con uno sponsor, oppure non possono entrarci se già ce l’hanno. Anche qui, penso che si dovrebbe trovare un punto di incontro perché, come già accennavo prima, il rischio è che gli atleti si sparpaglino da una parte all’altra, quando sarebbe bello se tutti i lecchesi più forti si ritrovassero in un’unica società”.
Anche tu hai uno sponsor, Salomon
“Si, e devo dire che provo per loro una profonda riconoscenza, soprattutto per essermi stati vicini in un periodo non bellissimo della mia carriera: era il 2018 e avevo qualche problema legato ai valori del ferro, risultavano troppo bassi. Eppure non mi hanno ‘scaricato’, anzi hanno mostrato sempre di appoggiarmi, guardando più alla persona che ai risultati”.
Adesso finalmente ti concederai un po’ di riposo. Cosa farai durante l’inverno?
“Continuerò ad allenarmi. Durante questa stagione prediligo gli allenamenti su strada o in pista, in montagna ci andrò più avanti. Mi piacerebbe anche fare un po’ di velocità e provare una 21 km su strada”.
Obiettivi della prossima stagione?
“I Mondiali a Innsbruck, in Austria. L’obiettivo è qualificarsi e sperare in un grande risultato”.