Al Rotary Lecco Manzoni, l’interessante intervento di Sironi dell’Unità di gestione crisi aziendali

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LECCO – Serata di stampo sociale quella di giovedì 16 marzo, quando il Rotary Club Lecco Manzoni ha ospitato Matteo Sironi, Responsabile del servizio “Unità di gestione crisi aziendali”, istituito dalla Provincia di Lecco, presso il Centro per
l’impiego di Lecco, nell’ambito del Progetto regionale “Polo di eccellenza per la gestione del mercato del lavoro e delle
risorse umane in provincia di Lecco”.

Complice il purtroppo sempre attuale e scottante tema della crisi del mercato del lavoro in Lecco e provincia, coinvolgimento e consensi hanno accompagnato l’intero intervento di Sironi.

“Nell’autunno del 2008 la crisi economico-finanziaria più profonda del dopoguerra ha investito anche il territorio lecchese, mettendo a dura prova l’economia e il mercato del lavoro locale e portandone alla luce alcune debolezze strutturali che erano in parte ‘nascoste’ da un tessuto imprenditoriale dinamico e da un tasso di occupazione molto basso – ha esordito Sironi – Ne è seguito un ciclo fortemente negativo che è proseguito fino alla metà del 2014, quando è iniziato un leggero cambiamento di tendenza che continua ancora oggi.
Purtroppo il lieve miglioramento del contesto economico non si è tradotto in un sostanziale miglioramento del contesto occupazionale. E’ vero che il tasso di disoccupazione, balzato dal 3,2% del 2008 all’8,1% del 2013 (l’anno orribile per l’occupazione lecchese), è poi progressivamente ridisceso negli anni tre anni fino al 5,8% registrato dalle rilevazioni ISTAT nel 2016. Tuttavia, sono ancora oltre 9.000 le persone che ufficialmente risultano disoccupate in provincia di Lecco, cioè quasi il doppio delle 4.900 registrate nel 2008.
Nel periodo della crisi i livelli occupazionali in provincia di Lecco si sono ridotti di 1.600 unità, passando da 148.700 occupati nel 2008 ai circa 147.100 registrati nel 2015. Nell’ultimo biennio c’è stato un parziale recupero, perché nel 2013 gli occupati erano scesi a -6.000 unità rispetto al 2008″.

Negli anni successivi al 2008 e fino al 2014 “in provincia di Lecco – ha proseguito Sironi – le imprese del settore manifatturiero sono diminuite di quasi 1.000 unità (-16%), mentre le imprese edili sono calate di circa 300 unità (da 980 a 678 unità). In termini occupazionali sono stati persi circa 5.000 posti di lavoro nel manifatturiero e circa 2.000 nell’edilizia.
Il ricorso alla cassa integrazione nel periodo 2009-2014 è stato quasi nove volte superiore a quello registrato nel quinquennio precedente la crisi.
A partire dal 2014 il ricorso agli ammortizzatori sociali è diminuito significativamente, in quanto nel 2015 le ore di cassa integrazione autorizzate (CIGO, CIGS e CIGD) hanno fatto segnare una flessione del 39,3% rispetto al 2014, che si aggiunge al calo già osservato nel 2014 rispetto al 2013, pari al -16%.
Nel 2015 il tasso di occupazione provinciale riferito alla fascia d’età 15-64 ha superato di poco il 66% (era il 67% nel 2008).
I posti di lavoro dipendenti e indipendenti presenti nel territorio lecchese (nella P.A., nelle imprese, nelle attività professionali, ecc.) possono essere stimati per il 2015 in circa 103.000 unità. Il saldo tra gli avviamenti e le cessazioni registrati dai Centri per l’Impiego di Lecco e Merate nel 2015 rimane di segno negativo, ma su valori estremamente contenuti (-100 unità)”.

Quindi Sironi ha sottolineato come “Il settore dei servizi resta il principale settore di assorbimento di lavoratori con il 60,4% degli avviamenti, mentre il manifatturiero rappresenta il 34%. E’ dal 2003 che, in provincia di Lecco, il settore terziario e dei servizi ha superato per numero di occupati il settore industriale.
Tuttavia il settore metalmeccanico continua a essere trainante per l’economia provinciale, tanto che, nel settembre 2015, erano complessivamente 1.726 le aziende lecchesi che facevano parte del Distretto Metalmeccanico Lecchese, per un totale di circa 16.800 dipendenti.
Nel 2015 gli avviamenti di profili “high skill” (professioni intellettuali e scientifiche, tecnici specializzati, ecc.) rappresentavano il 22,4% del totale, quelli di figure di medio livello il 44,6%, mentre gli avviamenti di figure generiche e non specializzate “low skill” corrispondevano al 33%.
Negli ultimi anni c’è stato un innalzamento dei livelli di istruzione richiesti dalle imprese (la quota dei laureati sul totale degli assunti è passata dall’11,6% del 2014 al 14,3% nel 2016, mentre nello stesso periodo la quota dei diplomati è scesa dal 43,5% al 41%).
Il fabbisogno delle imprese lecchesi è ancora maggiormente basato sull’assunzione di giovani neodiplomati rispetto a quella di neolaureati (nel 2015 esso si può quantificare in circa 1.200 diplomati rispetto agli 800 laureati)”.

Sironi ha poi evidenziato come “Il mercato del lavoro è diventato più esigente, in termini di requisiti, competenze e disponibilità richieste ai lavoratori, maggiormente precario e, per una fascia di lavoratori caratterizzati da bassa occupabilità, talvolta anche esclusivo.
Nel territorio lecchese la rete di collaborazione tra istituzioni, parti sociali, soggetti pubblici e privati che operano nel mercato del lavoro ha consentito di attenuare le conseguenze di questa situazione occupazionale, tanto che nel 2015 l’indice sintetico d’efficienza e innovazione del mercato del lavoro (derivato da 5 indicatori: tasso d’occupazione, quota di giovani che non si trovano nella condizione di “NEET”, rapporto tra tasso d’occupazione maschile e femminile, quota di occupati che esercitano professioni altamente qualificate e quota di lavoratori con contratti “standard”) colloca la nostra provincia al 10° posto a livello italiano, preceduti a livello lombardo solo da Milano e
Monza Brianza.
Tuttavia bisogna migliorare una serie di dinamiche del mercato del lavoro, come il disallineamento tra i fabbisogni professionali richiesti dai datori di lavoro e quelli offerti dai lavoratori.
Anche se le assunzioni considerate di difficile reperimento sono in diminuzione (secondo le imprese, nel 2015, esse hanno rappresentato il 10,3% del totale delle assunzioni), permane la difficoltà delle aziende a individuare persone in possesso di competenze tecnico-professionali, a fronte di un gran numero di disoccupati maggiormente caratterizzati da competenze generiche e attualmente poco spendibili.
Uno degli strumenti per contribuire a ridurre il problema della disoccupazione degli adulti che hanno perso il lavoro a causa della crisi è un forte investimento sulle politiche attive del lavoro, che preveda anche la possibilità di investire in corsi di aggiornamento o riqualificazione professionale dei lavoratori, laddove serva davvero”.

Quindi Sironi ha consluso: “Purtroppo in questo momento la Provincia trova difficoltà a reperire risorse per riproporre alcuni corsi di riqualificazione professionale già promossi negli anni scorsi, come quelli per operatore meccanico – addetto alle macchine utensili, panificatore, sarta, operatore di cantiere del recupero edilizio, manutentore a telaio per il settore tessile, ecc.
Si tratta di corsi che hanno dato discreti risultati in termini di concreti sbocchi occupazionali, anche se spesso ci si scontra con la difficoltà di individuare lavoratori realmente determinati a rimettersi in gioco e in possesso di alcuni requisiti minimi per l’accesso al corso.
Dall’altro lato, una volta realizzati corsi, servirebbe più coraggio da parte dei datori di lavoro a investire su persone adulte che hanno frequentato con impegno e serietà, dando fiducia a queste persone e pianificando un loro percorso di inserimento con un adeguato addestramento sul posto di lavoro”.

“È stata una fedele rappresentazione del mercato del lavoro lecchese”, ha commentato la presidente del Rotary Club Lecco Manzoni, Nicoletta Spagnolo, che ha ringraziato il relatore. Piena la condivisione della presidente sulla necessità di investire in politiche attive di riqualificazione e formazione professionale sempre più rispondenti alle esigenze del nuovo mercato del lavoro lecchese. “Consequenziale è l’impegno del nostro Club – ha concluso Nicoletta Spagnolo – a supportare, non solo economicamente, bensì anche con le nostre professionalità, ove possibile, percorsi di inserimento nei nuovi posti di lavoro che man mano si renderanno disponibili”.