Il sindaco di Varenna: “Lo Stato è assente e la politica ci vuole annullare”

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Carlo Molteni
Carlo Molteni, sindaco di Varenna, oggi durante il suo intervento a Villa Monastero.
Carlo Molteni, sindaco di Varenna, oggi durante il suo intervento a Villa Monastero.

VARENNA – “Apparentemente sembra che nulla sia cambiato. L’effetto gattopardesco che distingue gli italici accadimenti ha mostrato ancora la sua forza. Giugno 1993: in piena inchiesta “mani pulite” e con una nuova legge elettorale fatta di corsa e senza porre questioni di fiducia, venivo eletto al mio primo mandato. Elezioni dirette del sindaco e del presidente della Provincia, recitava la legge. Riduzione del mandato da 5 a 4 anni, il candidato deve mostrare la propria faccia agli elettori che lo premieranno o lo lasceranno a casa, chi prende il 50% più uno dei voti avrà diritto al premio di maggioranza in modo da garantire la governabilità. Non più di due mandati consecutivi per evitare la possibilità di clientelismi e tante belle parole”.

Carlo Molteni, sindaco di Varenna, già lo scorso anno al convegno di studi amministrativi non le aveva mandate a dire a politici e rappresentanti della pubblica amministrazione. E oggi, in apertura dei lavori dell’edizione 2015 del tradizionale appuntamento proposto dalla Provincia di Lecco, non è stato da meno.

“E’ il momento di voltare pagina, dicevano i politici in parlamento – ha affermato il primo cittadino della “perla del Centrolago” sempre in riferimento a quanto accadde nei primi anni Novanta – Aria nuova, facce vecchie. I portaborse divenuti leader, gli urlatori e i forcaioli al massimo dei voti. Si respirava aria di cambiamento e ci ho creduto. Credevo che chiunque dovesse fare il sindaco in un paese lo doveva vivere, esserci dentro, non passarci soltanto i fine settimana e pretendere di insegnare come si fa. Ho creduto e in questo, almeno, ci sono riuscito”.

Molteni ha sottolineato come a volte si ritrovi “a percorrere 50 metri in mezz’ora, ad ascoltare chi vuole risposte ai problemi quotidiani che possono sembrare sciocchezze ma per chi te li pone non lo sono”. “ Vedete – ha aggiunto – quando si chiede a qualcuno di impegnarsi in qualcosa le risposte sono due. Una è “sì, va bene”, l’altra è “sai non ho molto tempo e per fare una cosa la devo far bene, oppure no”. Questa, in automatico, è una manifestazione di scarsa volontà , di nessuna voglia di impegno. Io lo chiamo menefreghismo autorizzativo”.

Carlo Molteni a Villa Monastero. Al suo fianco il prefetto di Lecco, Lilliana Baccari.
Carlo Molteni a Villa Monastero. Al suo fianco il prefetto di Lecco, Liliana Baccari.

Il sindaco ha così sintetizzato la giornata di un primo cittadino: “Esci la mattina e hai davanti la tua giornata di lavoro e la tua giornata da sindaco, insieme, e vivi le difficoltà che non ti creano le minoranze o i tuoi concittadini, ti scontri quotidianamente con qualcosa che a volte si chiama apparato, a volte legge e il più delle volte è un meccanismo che mette tutte queste cose insieme e che anno dopo anno è diventato sempre più perverso, incomprensibile e tiranno, incapace e sordo, consapevolmente egoista e malfidente da sempre: è il nostro sistema politico e dello Stato”.

Molteni ha quindi ricordato gli incarichi da lui ricoperti in questi ultimi vent’anni e più da pubblico amministratore: quattro mandati da sindaco e uno, nel mezzo, da vicesindaco. Nel frattempo assessore e poi presidente della Comunità montana della Valsassina, impegnato nel direttivo provinciale di Forza Italia, “che poi ha subìto la trasformazione, in peggio, nel Pdl, dalla cui direzione provinciale mi sono dimesso”.

“Ho cercato coerenza e il valore dell’amicizia – ha tenuto a sottolineare – la voglia di cambiare unita al rispetto per le altrui opinioni, il senso di appartenenza e il valore del merito, la preparazione e lo studio delle possibilità e della concretezza”.

“Ho trovato dispregio per i valori umani e soprattutto per il merito, improvvisazione, incoerenza e facce di bronzo – ha aggiunto citando subito dopo una nota canzone dei Nomadi datata anni Sessanta – una politica che è solo far carriera, l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto. Da allora pensiamo sia cambiato qualcosa? Il cambiamento auspicato dopo il disastro di “mani pulite” non è avvenuto, anzi. Abbiamo assistito a un progressivo impoverimento delle idee, degli impegni, della motivazione per cui uno si mette a fare politica”.

Quindi un altro affondo: “Perché, mi sono sempre chiesto, chi sta in parlamento non ha il contatto con il territorio e non riesce a capire la ricaduta sul territorio e sulla gente di una qualsiasi legge, di un qualsiasi decreto? Sono convinto, e me ne prendo la responsabilità, che la maggior parte di chi ci governa fuori dai palazzi non avrebbe né arte né parte e andrebbe a ingrossare, senza onore, la già nutrita schiera dei disoccupati, con vergogna dei veri disoccupati”.

Carlo-Molteni_sindaco_Varenna_2015 (3)Carlo Molteni ha successivamente citato “il brutto fenomeno della disonestà nella politica” e spiegato che “annullando la politica si è annullata la rappresentanza” e che “annullando le preferenze abbiamo annullato il senso di appartenenza”.

Poi un’altra domanda che racchiudeva in sé già la risposta: “Qualcuno a Roma si è confrontato con i suoi elettori? Non potrebbe, perché non li conosce e, aggiungo, non li vorrebbe nemmeno conoscere, tanto non servono”.

E, a seguire, un altro sfogo personale: “I legacci ci strozzano e non ci consentono di realizzare in tempi decenti qualcosa, dal marciapiede a una rotatoria. Anni e mesi come palline da flipper sballottati da un ufficio all’altro. Il parere di questo, il parere di quello, senza poter determinare tempistiche decenti che potrebbero far costare le opere molto meno. Poi c’è l’Iva, che lo Stato rivuole sui finanziamenti o sui contributi. Pensate che abbiamo ottenuto un finanziamento di 800mila euro per la messa in sicurezza e il 22% di questo importo va restituito allo Stato sotto forma appunto di Iva”.

Non è neppure mancato, nell’intervento del sindaco di Varenna, un riferimento all’accorpamento dei piccoli comuni di cui si parla ormai da tempo. “Obbligare a unire i piccoli comuni? Assurda trovata – ha detto al riguardo – Noi siamo l’avamposto, la rappresentanza di uno Stato assente e ci vogliono annullare. Ma come può essere normale pensare di eliminare chi lavora gratis? Perversione. Cominciamo a eliminare chi non lavora e pretende compensi. Rappresentare lo Stato, si diceva dopo l’unità d’Italia, è un onore che non deve essere retribuito. Ora è un onere pesantissimo per tutti i cittadini perché la politica è diventata un mestiere e non una missione”.

Infine un pensiero velato di amarezza: “Con tutta probabilità ciò che dico rimarrà inascoltato, ma l’ho previsto. Non importa, ho sempre voluto dire ciò che penso e, a volte, nella mia vita politica ho pagato di persona questa sincerità, ma una cosa è certa e cioè che ho sempre detto e fatto ciò in cui credevo e ne sono orgoglioso”.