Matteo Colaninno: “Ripartire da una politica industriale ed economica”

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LECCO – Una nuova politica industriale ed economica deve essere al centro del piano di rilancio del paese, è l’asse portante del programma di Bersani, ma anche il punto di partenza fondamentale per uscire dalla crisi”: è questa in sintesi la ricetta proposta ieri a Lecco dal deputato del Partito Democratico Matteo Colaninno, che ha esposto il suo punto di vista nell’incontro avvenuto presso la sede della Banca Popolare di Sondrio.

Dopo aver ampiamente spiegato il motivo del suo sostegno convinto nei confronti della candidatura di Pierluigi Bersani, Colaninno ha affrontato alcune delle questioni più importanti presenti nell’agenda del segretario del Partito Democratico.

Su tutte quella più importante, la politica industriale ed economica: per Colaninno rimane una questione “legata all’affidabilità di un paese e deve essere per forza al centro del piano di rilancio del paese stesso”. “Arriviamo da un lungo periodo di assenza di politiche industriali, di sottovalutazione della crisi e di bassa sensibilità verso il mondo dell’impresa – ha affermato il vicepresidente del gruppo Piaggio. Secondo uno dei principali sostenitori di Bersani, “oggi l’Italia ha recuperato fiducia e affidabilità, quindi può ridiscutere e rinegoziare a un tavolo per far capire ai partner europei che l’unico investimento possibile è quello relativo alla crescita, all’occupazione e al lavoro”. “In questo senso, come Partito Democratico – ha dichiarato ancora Matteo Colaninno – veniamo da una storia fortemente europeista e grazie ai contributi di Prodi e Padoa Schioppa abbiamo maturato la reputazione necessaria in campo europeo per proporci oggi come guida politica responsabile”.

Nel suo lungo intervento, Matteo Colaninno si è poi soffermato anche su altri temi caldi, come il calo dei consumi, l’eccessiva pressione fiscale che grava sulle imprese italiane e il ruolo della finanza nei confronti della politica. “Rispetto a questo problema abbiamo le idee molto chiare: bisogna mettere in campo una politica fiscale favorevole e incentivante per chi produce e investe, creando industria, ricerca e occupazione”. Secondo Colaninno “dobbiamo cercare di spostare il carico fiscale verso una diversa direzione: è necessario modificare questo mix fiscale, senza però andare a colpire i risparmiatori e favorendo allo stesso tempo la crescita del potere d’acquisto delle fasce più deboli”. A tal proposito, Colaninno ha fatto una richiesta alle banche: “possiamo chiedere al sistema bancario un atteggiamento diverso per il modo dell’impresa, che favorisca chi investe nell’impresa. Per l’esponente democratico, “in questo momento alle aziende servono soprattutto credito e una politica economica non convenzionale”. “Dobbiamo fare in modo che la finanza torni al servizio della politica e dell’economia reale, là dove ci sono le fabbriche, i lavoratori e i prodotti” – ha affermato il dirigente democratico. “Se la finanza detta i tempi alla politica – ha concluso Colaninno – diventa utile solo a sé stessa: oggi è necessaria una finanza diversa, che aiuti la politica nel processo di crescita e di produzione”.

Importante anche il riferimento fatto da Colaninno al discorso legato alla discontinuità richiesta al prossimo governo nazionale: “cambiare rotta a partire da una nuova politica economica sarà il vero gesto di discontinuità rispetto alla precedente maggioranza e all’attuale governo tecnico”, ha affermato Colaninno, che ha poi precisato: “è necessario cambiare il programma di austerità, senza tuttavia abbandonare l’ordine dei conti pubblici”. “Gli investitori esteri devono percepire la credibilità di un governo e delle sue scelte economiche: per questo il vero cambio di passo per l’Italia consisterà in una nuova politica economico-industriale”. Secondo il vicepresidente del gruppo Piaggio, “la grande rivoluzione liberale tanto annunciata non c’è stata, pertanto il cambio di politica economica non è più una questione di lotta di classe: è un fatto urgente, perché  rischiamo di affondare tutti quanti”. Correggere il tiro non è l’ultima alternativa rimasta – ha specificato Colaninno – ma è un nuovo punto di partenza, realizzabile soltanto con una politica industriale concepita come asse portante del piano programmatico e con la consapevolezza da parte di tutti – lavoratori, imprese, sindacati, stato e infrastrutture – che la sfida della produttività è centrale per la rinascita del paese”.

Da qui Colaninno è passato poi alla questione della democrazia e della rappresentanza sui luoghi di lavoro, con l’inevitabile stoccata al modello Marchionne e alle recenti scelte aziendali che hanno coinvolto alcuni operai di Pomigliano: “ovviamente è complesso dirigere una fase come questa – ha esordito Colaninno – ma il modello proposto da Marchionne non può essere quello giusto per uscire dalla crisi”. Anche in questo caso, il deputato del Pd è tornato al leitmotiv iniziale: “per fare in modo che le grandi aziende italiane restino a produrre in patria, l’Italia deve tornare a fare delle grandi politiche industriali: non possiamo rischiare di perdere un patrimonio come quello della FIAT, anche se – ha aggiunto l’imprenditore mantovano – non condivido assolutamente il secondo modello Marchionne, che in Italia ha adottato un metodo completamente differente da quello scelto per il mercato americano”.

In conclusione, prima di ricordare ancora una volta che “la candidatura di Bersani a leader della coalizione di centro-sinistra è la scelta più saggia e maggiormente percorribile”, c’è stato il tempo per un breve commento sul recente decreto legge che ha abolito ed accorpato tra loro alcune province italiane tra cui anche Lecco: “non sono mai stato appassionato né eccitato dalla campagna sull’abolizione delle province – ha spiegato Colaninno – anche perché dietro ad ogni amministrazione c’erano persone e servizi con costi non comprimibili”. “Quella approvata dal governo non è certamente la miglior riforma possibile e cercheremo in tutti i modi di modificarla –  ha promesso il deputato del Pd – sia per evitare contrasti e competizioni campanilistiche, ma soprattutto per evitate l’implosione o la scomparsa di alcuni piccoli territori”.