Un tetto per tutti
e cento volontari all’ ”Hotel San Nicolò”

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Lo stesso posto, più o meno le stesse modalità di accoglienza. Stiamo parlando dell’operazione “Un tetto per tutti” giunta al secondo anno. Un the caldo, una brioche, una branda in un modulo riscaldato e un sorriso ad accoglierli: quello che i clochard del lecchese hanno cominciato a ricevere a partire dai primi giorni di dicembre tutti i giorni dalle 20 alle 7.

L’iniziativa era partita l’anno scorso quando un dicembre particolarmente freddo causò le prime vittime nell’Italia centro-settentrionale: la municipalità lecchese, attivata la Croce Rossa e la Protezione Civile, promosse l’allestimento di due tende per ospitare i senza fissa dimora. Il campo venne allestito in tempi record: una manciata di giorni dopo l’input del ROC (Responsabile Operativo Comunale) Antonio Schiripo, i primi “clienti” poterono ricevere accoglienza.

La novità più significativa di quest’anno è che i volontari di Croce Rossa e Protezione Civile ora
sono affiancati nei turni di servizio da volontari di altre associazioni oltre che da semplici cittadini che hanno dato la loro adesione. Nel complesso, circa cento persone, in aumento. Ogni notte, con 22 posti disponibili (estendibili a 26) si presentano mediamente una dozzina di “clienti”.

Passare una serata all’Hotel San Nicolò è un’esperienza singolare. Ce la racconta direttamente un volontario.

E’ un posto magico: lì il livello di educazione è nettamente superiore a quello che sei abituato a trovare in qualsiasi coda in banca,  carrozza ferroviaria o corsia di supermercato. Altra cosa inaspettata è accorgersi che i “clienti” chiedono qualcosa di più di quello che ti aspetteresti: oltre a branda, the e biscotti vogliono chiacchierare, anche del clima o di calcio, non importa molto l’argomento.

Chiacchierare del più o del meno con degli sconosciuti: se non sei vestito bene e se non profumi di pulito non è tanto facile nel mondo civile.

Dalle 7 del mattino alle 8 di sera non c’è molta gente che ti saluta e ti chiede come va. E’ abbastanza difficile riuscire a far vedere le foto di moglie e figli, raccontare cosa si mangia a Natale nel tuo paese, avere qualcuno che parla con te e ti ascolta, fuori dall’hotel.

Quindi ciacola, un bicchiere di the caldo in mano, nel container è più caldo ma fuori si chiacchiera per un po’con i volontari prima di andare a dormire. Si impara, all’hotel.
Arrivando lì sento ridere e chiacchierare, guardo il nuovo volontario che sto accompagnando, è un po’ teso. Lo guardo e penso alla corazza di preconcetti che avevo io arrivando in questo posto la prima volta. Sento i saluti dei volontari già al lavoro, quelli degli ospiti e il saluto di risposta del nuovo. Lui forse crede che le cose che sta per imparare arriveranno perlopiù dalla mia bocca. Forse continuerà a pensarlo per altri 5 minuti“.