Macro-provincia: il Consiglio comunale critica la riforma

Tempo di lettura: 5 minuti

LECCO – Sono ore di attesa per conoscere quali saranno le sorti per il futuro della provincia di Lecco. E’ prevista infatti per questa mattina, 2 ottobre, la riunione decisiva in cui si stabilirà come e con quali altri capoluoghi verrà accorpata la provincia lecchese.

Nel pomeriggio di ieri, alla presenza di Comune, Provincia e Camera di commercio, si è tenuta una riunione per fare il punto della situazione, prima che l’assemblea di oggi votasse per la riorganizzazione delle province italiane: dall’incontro è emerso che, stando alla richiesta di deroga presentata dalla provincia di Sondrio, Lecco verrebbe con molta probabilità accorpata alle province di Como, Varese e Monza.

Per chiarire meglio tale situazione, ieri sera è stata convocata anche una seduta del Consiglio comunale, finalizzata a proseguire la trattazione dell’ultimo punto rimasto all’ordine del giorno dal precedente Consiglio, tenutosi lo scorso 27 settembre; materia di discussione è stata ovviamente la condizione della provincia di Lecco, che in queste ore si trova a una svolta cruciale della propria giovane storia. In previsione della votazione odierna, i consiglieri di maggioranza e di opposizione hanno quindi potuto esporre al sindaco Virginio Brivio, portavoce del Comune al tavolo di questa mattina, i propri indirizzi in merito alle decisioni da prendere per il futuro della nostra provincia.

Diversamente dal solito, le distinzioni di partito tra i consiglieri intervenuti alla discussione hanno lasciato il posto a diverse visioni convergenti, seppure con diverse sfumature e considerazioni finali. Tra i tanti punti toccati dal dibattito, maggioranza e opposizione si sono trovate sostanzialmente d’accordo sulla necessità, ormai inevitabile, di dover far fronte a un taglio di certe spese derivate dalla gestione della cosa pubblica: laddove è possibile è giusto tagliare e cercare di risparmiare, ma diverso è stato il giudizio nel merito di questi eventuali risparmi. Per Buizza, tenuto conto dei parametri attuali e della contrarietà di fondo nel concedere deroghe, il nuovo riassetto delle province permetterebbe un risparmio effettivo di denaro e una nuova distribuzione delle risorse. Secondo Castelli, invece, si tratterebbe solo di una riforma dal valore etico, ma con ricavi minimi, in quanto la riduzione delle province porterebbe soltanto ad una minor spesa per mantenere le assemblee e i consigli provinciali, lasciando scoperti servizi fondamentali come la manutenzione di strade e scuole. Più drastico è stato l’intervento di Parolari, che ha sottolineato come il provvedimento che intende accorpare le province pecchi di demagogia e manchi invece di un’idea di razionalizzazione delle istituzioni molto più ampia.

Un altro tema emerso dalla discussione in Sala Consiliare, sul quale quasi tutti i presenti hanno mostrato segni di convergenza, è stato quello relativo alla necessità di ridare spazio decisionale e rappresentativo ai cittadini, che ai nuovi accorpamenti provinciali chiedono soltanto di venire incontro con servizi efficienti e funzionali alle loro esigenze. Da parte della maggioranza, i consiglieri Angelibusi e Cerrato hanno fatto notare quanto sia essenziale e inalienabile questa richiesta di partecipazione e di intercettazione dei bisogni da parte dei cittadini nei confronti delle istituzioni; di fronte a tali richieste, è necessario quindi un nuovo approccio da parte degli amministratori della cosa pubblica e l’accorpamento delle province potrebbe rivelarsi uno strumento utile in questa direzione. Di servizi alla portata dei cittadini ha parlato pure Buizza, mentre Citterio ha sottolineato come a questi ultimi interessi maggiormente sapere come saranno gestiti i servizi provinciali, piuttosto che perdersi in discussioni riguardanti i nuovi possibili assetti istituzionali.

Un concetto analogo è stato espresso anche da alcuni consiglieri di minoranza, tra cui Filippo Boscagli: “A prescindere da quello che sarà il risultato finale delle votazioni, vanno salvaguardati prima di tutto i servizi ai cittadini”; pertanto, come ha fatto notare nel suo intervento il consigliere Chirico, l’omogeneità territoriale deve andare di pari passo alla fruibilità dei servizi da parte dei cittadini. Prima si considerano le loro richieste e poi si può ragionare su come impostare la riorganizzazione delle province, magari tenendo conto anche che negli ultimi vent’anni il Paese ha subito una radicale trasformazione tecnologica, la quale ha ridotto le distanze, i tempi e le modalità di comunicazione tra cittadini e istituzioni.

Se è vero che ogni ente territoriale deve ripensare alla propria struttura interna, favorendo da un lato il cambiamento e dall’altro mantenendo il ruolo centrale del cittadino, per il consigliere Colombo bisogna anche fare in modo che i cittadini delle regioni più virtuose non siano sempre costretti a rimetterci per far fronte alle mancanze di altre aree del Paese. In questo senso, il tema della difesa della territorialità è stato avanzato anche da De Capitani, il quale non ha poi mancato di rimarcare un altro dei punti più critici dell’intera riforma delle province, ovvero quello della scelta dei parametri di valutazione adottati dal governo per decidere quali province mantenere in vita e quali accorpare. Secondo De Capitani, i parametri voluti dal governo non identificano appieno l’identità delle province lombarde: oltre al numero degli abitanti e all’estensione territoriale, andava conteggiato ad esempio anche il PIL di ogni singola provincia, dal momento che la ventilata possibilità di una macro-regione che comprenda Lecco, Como, Varese e Monza comporterebbe un’unità territoriale e produttiva maggiore di certi stati dell’Unione Europea! Che la selezione dei parametri sia stata una scelta quantomeno infelice è stata una considerazione espressa da quasi tutti i membri del consiglio comunale intervenuti alla discussione; anche per la consigliere Riva, piuttosto che chiedere deroghe al governo, le province avrebbero dovuto valutare l’ipotesi di introdurre parametri diversi, come quello della densità abitativa.

Insomma, critiche alla riforma sono arrivate da entrambi gli schieramenti, seppure con motivazioni diverse a seconda degli interventi. Per il consigliere Pd Salvatore Rizzolino, dati i parametri governativi e la contrarietà espressa da Sondrio, siamo di fronte alla delibera di una non-possibilità, una scelta obbligata e artificiale, imposta dalla contingenza del momento e incurante delle forti identità territoriali esistenti. Anche secondo la consigliere Bettega della Lega si tratta di un provvedimento impreciso, poiché dettato della fretta e dal dilagante sentimento dell’antipolitica, oltre che basato su parametri errati e poco identificativi per il territorio. In aperto contrasto con il pensiero prevalente nelle fila della maggioranza, la Bettega è stata infine l’unica che ha difeso con forza la richiesta di deroga avanzata dalla provincia di Sondrio, sostenendo che ogni ente territoriale merita di esistere per come è gestito: se, come nel caso della Valtellina, la gente si è conquistata una forte identità dopo anni e anni di duro lavoro e ha saputo gestire efficacemente la propria provincia, non va assolutamente abolita né accorpata ad altri enti, quindi ha fatto bene a chiedere la deroga nonostante la legge e i suoi parametri parlino chiaro.

Dal momento che Sondrio ha avanzato la richiesta di rimanere isolata e di non accorparsi con alcuna provincia, delle due ipotesi valide per la provincia di Lecco ne rimane in piedi solo una, quella della macro-regione a nord di Milano nella quale far confluire le attuali province di Lecco, Como, Varese e Monza. La palla passa ora al sindaco Brivio, che in sede di votazione non potrà non tenere conto delle indicazioni ricevute durante la seduta consiliare.