Calco piange Pino Ripamonti, titolare con i fratelli della segheria dei Serafet

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Giuseppe Ripamonti, per tutti Pino dei Serafet

Il funerale viene celebrato oggi, giovedì, nella chiesa parrocchiale di San Vigilio

Imprenditore dedito al lavoro, coltivava la passione per i viaggi. Il figlio Serafino “Ci ha lasciato una grande testimonianza e insegnato molti valori”

CALCO – Un emblema della concezione, che ha fatto grande la Brianza, del lavoro come dignità dell’uomo. Ma anche un uomo tanto legato alle sue radici quanto capace di alzare lo sguardo al di là dei propri confini viaggiando e sognando sempre nuove mete. E’ un vuoto grande quello lasciato dalla scomparsa di Giuseppe Ripamonti, per tutti Pino dei “Serafet”, morto nei giorni scorsi all’età di 86 anni. Insieme al padre Serafino e ai  fratelli Felice, Giovanni, Francesco, Vittorio e Carlo aveva contributo a fondare e a far crescere la segheria Fratelli Ripamonti, la ditta specializzata nella produzione di imballaggi situata appena prima del curvone di Sport a Calco.

Pratico e concreto, animato dalla volontà di andare sempre dritto al sodo senza perdersi in troppe ciance, Ripamonti aveva anche un carattere risoluto e testardo, capace di scontrarsi anche con le “apparenze” e i luoghi comuni al motto del proverbiale “violter rangis” (voi arrangiatevi). Calchese doc, conosciuto da tutti come Pino dei Serafet, da giovane aveva deciso, con il piglio intraprendente e autonomo che lo caratterizzava, di iniziare a lavorare a Brivio in un’azienda, quella del mitico signor Italo Villa, che a uso tempo commerciava vini. “Faceva il bottaio, lo stesso mestiere che mio nonno aveva iniziato a fare a Calco, producendo e sistemando botti in legno e brente, anche per il trasporto” racconta il figlio Serafino, che dal nonno ha ereditato il nome.

Un’attività di lavorazione del legno che poi, con il passare degli anni e il mutarsi delle esigenze del mercato, si è trasformata dando vita all’attuale segheria Fratelli Ripamonti, fondata insieme ai fratelli che ancora oggi, insieme ai rispettivi figli e nipoti, portano avanti l’attività di famiglia. Una sfida imprenditoriale che anche Pino aveva colto, mettendo anima e corpo nel lavoro. “Mio padre apparteneva proprio a quella generazione della cultura del lavoro come dignità. Lo diceva sempre che anche il mestiere più umile era dignitoso se svolto con competenza, abilità e capacità”.

Filtri quest’ultimi attraverso cui leggeva tutta la realtà, rapportandosi alle persone senza pregiudizi: “Un’altra sua grandissima testimonianza: valutare le persone per come sono e non per l’etichetta che si portano dietro. Non giudicava mai a priori, dava a tutti la possibilità di mostrare il proprio valore”. Autentico, genuino, era anche convinto dell’importanza di dare riscontro, con e nei fatti, alle proprie parole, sia sul lavoro che al di fuori. “Amava tantissimo viaggiare. Era la sua vera passione, camuffata all’inizio, nelle prime trasferte, con la scusa di andare a cacciare in Scozia o in Ungheria. Da qualsiasi viaggio, tornava entusiasta, raccontando per filo e per segno quello che aveva visto. Lo colpivano soprattutto gli scenari naturali e gli ambienti aperti e sconfinati. Non era insomma uno da turismo urbano, alla ricerca di musei e tesori d’arte”.

L’occhio era rapito e innamorato della natura, degli animali, del verde. “Amava anche pescare, ma forse e soprattutto perché questo gli permetteva di stare all’aperto per ore in momenti magici della giornata come l’alba. Ho dei ricordi bellissimi di quando ero piccolo e andavamo insieme a pescare a Corenno Plinio”.
Estroso e originale, non era circoscrivibile nello schema del classico imprenditore, dedito solo al lavoro. “Un brianzolo per certi versi atipico che ci ha insegnato tanto, lasciando a tutta la sua grande famiglia una testimonianza preziosa”.
Il funerale dello storico titolare della segheria di via Nazionale viene celebrato questo pomeriggio, giovedì 18 marzo nella chiesa parrocchiale di San Vigilio, alle 14.30 preceduto alle 14 dalla recita del rosario.

Pino lascia la moglie Rosanna, a sua volta molto conosciuta in paese per aver gestito per anni la trattoria Sala e i figli Claudia, Fiorella, Lorenza e Serafino.