Parla il padre di Alvin, rapito nel 2014 dalla madre jihadista e portato in Siria
Il piccolo, sopravvissuto ad uno scontro, è tra i rifugiati in un campo profughi
BARZAGO – “Alvin sta bene, l’ho potuto vedere con i miei occhi. Vuole solo ritornare in Italia”.
Tanta è la gioia ma anche la preoccupazione negli occhi di Afrim Berisha, originario dell’Albania e da oltre dieci anni residente a Barzago. Da cinque anni questo padre vive un incubo di cui oggi finalmente si intravede la fine.
Una drammatica vicenda iniziata nel 2014 con la fuga della moglie Valbona, convertita all’islamismo più radicale, verso la Siria per unirsi all’esercito dell’Isis. La donna, che risiedeva con la famiglia a Barzago, ha portato con sé il terzogenito dei suoi figli, il piccolo Alvin. Il bimbo aveva solo sei anni nel momento della sua partenza.
Nonostante i tentativi di rintracciare la moglie, Afrim, che era riuscito a raggiungere la Siria a costo di mettere a rischio anche la propria incolumità, non era riuscito a riabbracciare suo figlio.
“Tre mesi fa – racconta – abbiamo saputo della morte di Valbona e che mio figlio era ferito ma vivo, si trovava in un campo ospedale”.
Madre e figlio si trovavano a bordo di un’auto, scappavano da un attacco aereo delle forze occidentali quando sono stati colpiti. Valbona è rimasta uccisa e con lei è morto anche il figlio che la donna aveva avuto dalla relazione con un jihadista albanese. Alvin, ferito alla testa, è stato trasportato in un campo di soccorso. I particolari sono stati resi noti da un articolo pubblicato recentemente del giornale inglese Indipendent (vedi l’articolo precedente).
Saputo dell’accaduto, Afrim è tornato in Siria, accompagnato da un familiare: “Non è stato facile – racconta – per quattro volte siamo stati fermati dai curdi e riportati fuori”.
Dopo l’ennesimo tentativo, però, papà Afrim è riuscito finalmente a raggiungere il campo al-Hol, nel nord-est del paese, dove Alvin è stato trasferito.
“Aveva una fasciatura alla testa che gli impediva di vedermi, ma quando ha sentito la mia voce è scoppiato a piangere – prosegue Afrim nel suo racconto, visibilmente emozionato – mi ha detto che vuole tornare a casa”.
Oggi Alvin sta bene e aspetta di poter lasciare la Siria e l’inferno della guerra che i suoi occhi di bimbo hanno vissuto in questi anni. Le cose però non sembrano così semplici.
“Devono intervenire i governi, da soli non possiamo portarlo via – spiega il padre – stiamo parlando con tutti, con il Governo italiano, con quello albanese. Sono a conoscenza di tutto. Anche la Croce Rossa Italiana è presente nel campo. Non sappiamo perché ancora non sia stato possibile farlo uscire dalla Siria. Ci auguriamo che faccia presto ritorno a casa”.