310 interventi effettuati, più di uno al giorno. È il numero delle operazioni che la Polizia Provinciale ha effettuato a partire da gennaio di quest’anno in soccorso di varie specie animali nel territorio lecchese.
Molto più degli scorsi anni, infatti nel 2009 il numero delle chiamate si è fermato a 295, mentre nel 2010 gli interventi compiuti dagli ex guardiacaccia sono stati 315, spalmati però sui dodici mesi dell’anno. Sono molteplici gli animali per cui gli agenti sono stati chiamati a intervenire, tra cui ben 35 caprioli, 22 cigni e 20 merli, questi ultimi in grande aumento rispetto agli scorsi anni. Nel 2011 sono aumentate anche le uscite per animali selvatici quali il tasso, il cuculo, la poiana, il rondone e lo sparviere. Grande attenzione c’è inoltre per le specie di particolare pregio come per i cervi, in cui la Polizia Provinciale è intervenuta quattro volte quest’anno, il gufo reale (due interventi) e i falchi e rapaci in generale (una chiamata nel 2011).
Questo è il bilancio dell’attività più frequente della Polizia Provinciale di Lecco, nata nel 2001 all’interno dell’istituzione di Villa Locatelli e attiva 24 ore su 24. “Sono aumentate le chiamate da parte dei lecchesi – afferma il comandante della Polizia Provinciale Raffaella Forni – molto probabilmente questo accade perché c’è maggiore sensibilità tra la gente, ma anche perché siamo sempre più conosciuti dalle persone che ci contattano se trovano qualche animale selvatico in difficoltà”.
Il Corpo armato ha varie mansioni: gli agenti si occupano di sicurezza ambientale, ittico-venatoria, lacuale e stradale, ma l’attività più frequente rimane comunque l’antibracconaggio e la tutela della flora e della fauna. Con l’apertura della stagione venatoria nell’ultimo periodo, il lavoro degli agenti si è intensificato con appostamenti e controlli su tutta la provincia per cercare di arginare e far scomparire un fenomeno molto diffuso su tutto il territorio fino a qualche anno fa. Dal gennaio 2011 a oggi infatti la Polizia Provinciale ha emesso ben 15 comunicazioni di notizia di reato per altrettante situazioni in cui è stato violato il codice penale in materia venatoria. Negli ultimi mesi gli agenti di Polizia Provinciale hanno ritrovato tagliole e archetti a Esino Lario e reti per l’uccellagione a Bosisio Parini e Merate, segnale che la diffusione dell’attività illecita sia sparsa su tutto il Lecchese, sia in Valsassina sia in Brianza. “Applichiamo vari tipi di vigilanza per scovare i bracconieri – spiega il comandante –. Nelle nostre indagini attuiamo un controllo routinario e mirato in alcuni territori, ma anche di vera e propria intelligence per casi più difficili”.
Non solo grande attenzione alla caccia di frodo, ma anche la pesca viene tutelata nelle attività del Corpo di Villa Locatelli. Il bracconaggio ittico è un fenomeno che colpisce il Lago di Como e che viene controllato con grande attenzione, soprattutto per quanto riguarda la pesca all’agone. “Nell’ambito ittico non esiste sanzione penale come per la caccia – dichiara la Forni –, ma vi sono comunque sanzioni amministrative per chi pesca senza licenza o in periodi non consentiti dalla legge”.
“La linea politica dell’Amministrazione Nava è quella di perseguire in tutti i modi il bracconaggio”. Non ammette mezze misure l’assessore provinciale a Caccia e Pesca Carlo Signorelli che indica come “priorità” l’eliminazione della cacciagione di frodo. “Questa attività – indica il politico di Villa Locatelli – è dirompente e distruttiva, assolutamente da perseguire. Per fare ciò non escludo di passare a nuove tecnologie, per esempio l’utilizzo di microcamere. Sicuramente non è semplice e bisogna mettere a disposizione risorse economiche non da poco, ma siamo intenzionati a perseguire una linea dura”. L’attività contro il bracconaggio viene svolta in maniera autonoma dalla Polizia Provinciale, ma l’assessorato vigila comunque sul fenomeno, per cercare di combatterlo e eliminarlo dal territorio lecchese. “Oltretutto – continua Signorelli – il bracconaggio è deleterio anche sul nostro lavoro: noi stabiliamo i capi da far abbattere ai cacciatori regolari per garantire la selezione naturale, ma poi l’intervento dei bracconieri vanifica i nostri calcoli”.
Il fenomeno è più diffuso in Valsassina: “Nella zona delle Alpi e delle Prealpi c’è più territorio per attività venatorie – spiega l’assessore – e si registrano anche più casi di cacciagione di frodo, ma anche nella Brianza, nel comprensorio meratese, viene segnalato qualche caso”. Per quanto riguarda invece l’attività di caccia regolare, sono registrati circa 3000 cacciatori, in calo rispetto a qualche anno fa. “La diminuzione è un fattore italiano, non solo lecchese – dichiara Signorelli –. Inoltre si può notare che l’età media è in crescita, anche se i giovani non mancano. In ogni caso c’è una tradizione venatoria consolidata soprattutto in Valsassina e nella zona dell’Alto Lago”.
I cacciatori regolari nel Lecchese sono in diminuzione dell’1-2% ogni anno nell’ultimo decennio. L’attività viene portata avanti soprattutto da figli e nipoti d’arte, che seguono i parenti sin da piccoli, ereditando la passione. Le nostre zone inoltre sono “territorio di conquista” anche per cacciatori provenienti dal milanese e dalle altre provincie.