LECCO – Indagare il legame che intercorre tra il reale lavoro di un poliziotto e la sua rappresentazione letterario-cinematografica. Questo il tema dell’incontro che si è tenuto ieri pomeriggio nella sala consiliare di Palazzo Bovara e che ha visto la partecipazione della scrittrice di gialli Elisabetta Bucciarelli e di alcuni membri della Questura di Lecco, tra cui il questore Fabrizio Bocci.
Parte della rassegna “Uniamoci in festa”, promossa in occasione degli anniversari di ben sette associazioni e realtà lecchesi (160 anni della Polizia di Stato, 150 del Corpo Musicale Alessandro Manzoni, 100 della Calcio Lecco, 90 anni del Moto Velo Club, 50 anni dell’Aurora San Francesco e, infine, 30 anni della Biblioteca Civica Uberto Pozzoli del Comune di Lecco) e dell’imminente festa della Polizia di oggi, l’evento ha voluto provare a svelare quanto i modelli di poliziotti raccontati da romanzi, film o fiction televisive rispecchino o meno la realtà.
Ad aprire l’incontro ci hanno pensato il vicesindaco di Lecco, Vittorio Campione, e l’assessore alla Cultura, Michele Tavola. “160 anni di Polizia di Stato è un importante traguardo – ha commentato il primo – e per festeggiare adeguatamente è stato messo a punto un ricco programma di eventi, tra i quali questo incontro con la scrittrice di gialli. L’idea è quella di provare a unire la ricorrenza detta e la cultura: si tratta, infatti, di un percorso attraverso alcune trame che raccontano il mondo della Polizia”. “Un omaggio ai poliziotti attraverso il linguaggio dell’arte – ha aggiunto Tavola – Per l’occasione abbiamo invitato la vincitrice della tredicesima edizione del Premio Franco Fedeli, dedicato alla narrativa poliziesca e organizzato dal Sindacato del lavoratori di Polizia”.
La parola è passata, quindi, al vice questore Patrizia Carosi, che ha proposto ai presenti un excursus attraverso le varie rappresentazioni del poliziotto, da Sherlock Holmes alle ultime fiction incentrate sulla Scientifica, passando cronologicamente per Maigret e il tenente Colombo. “Una prima grande dissonanza tra il nostro lavoro quotidiano e il modo in cui viene spesso romanzato – ha spiegato – è il fatto che nella realtà non è così frequente ottenere delle confessioni spontanee. I grandi detective dei romanzi e dei film citati riescono sempre a far confessare i colpevoli, proponendo un happy-end assicurato. Altro aspetto – ha proseguito – riguarda l’eccessivo eroismo dei protagonisti: la nostra è una professione che prevede il lavoro di squadra e non la presenza di un unico genio in grado di risolvere da solo qualsiasi caso. Se le serie televisive degli ultimi tempi, quelle incentrate quasi esclusivamente sulla Scientifica, hanno un merito, allora è quello di aver diffuso l’idea del team di professionisti che collaborano. Rimane, però, il grande problema legato a questi telefilm: la diffusione indiscriminata di aspetti tecnici, precedentemente bagaglio di competenze custodito solo dagli addetti ai lavori e ora reso noto ai più. A ciò si aggiunge un eccessivo aumento delle aspettative da parte dei cittadini e una confusione su cosa significhi diventare un poliziotto: non è una missione, bensì una professione da svolgere con serietà, affidabilità e credibilità”.
Ed è proprio questa l’idea di poliziotto che ha ispirato i romanzi di Elisabetta Bucciarelli. “La mia esperienza con la Polizia – ha spiegato – è legata all’infanzia, quando la mia famiglia era costantemente sotto scorta. Ho imparato a vedere i poliziotti come persone che dovevano proteggermi, che facevano del bene. Forse questo imprinting me lo porto dietro ancora. Il mio personaggio, Maria Dolores Vergani, è buono, ama il suo lavoro, ha delle debolezze ma è coerente. Diciamo che uno degli aspetti che distinguono i miei libri da altri di questo genere è la mancanza di culto dell’assassino. E poi – ha aggiunto – non c’è happy end, in quanto ritengo che questi romanzi debbano essere un mezzo attraverso cui il lettore possa avvicinarsi al male, capire che la detection può cercare di conoscere la realtà dei fatti ma anche che la soluzione dei casi non è così scontata”.
E, infine, il legame tra l’autrice e la città di Lecco. “Sono circa dieci anni che frequento questo territorio – ha raccontato – Tutto è cominciato grazie a un paio di amicizie lecchesi, che un po’ alla volta mi hanno fatto conoscere le bellezze paesaggistiche e culturali della città. È per questo che ho inserito nella narrazione luoghi come il Resegone o San Pietro al Monte”.
L’incontro è stato arricchito dalla presenza dell’attrice Elisabetta Vergani, che ha intrattenuto i presenti con un paio di letture tratte dai libri della Bucciarelli.