Il conduttore televisivo ha presentato il suo libro ‘Che bella giornata, speriamo che non piova’
“Il vero protagonista è il tempo: se avete ancora la possibilità di dire a qualcuno che gli volete bene, fatelo”
LECCO – “Se c’è una cosa di cui sono particolarmente grato ai miei genitori è di avermi insegnato a non voltarmi dall’altra parte, a dare una mano a chi ne ha bisogno. E spero a mia volta di insegnare lo stesso ai miei figli. Se non ci aiutiamo l’uno con l’atro, cosa ci stiamo a fare qui? Che fine ha fatto la gentilezza? Perché non va più di moda? L’appello che faccio è questo: siamo resistenza di gentilezza“.
Con il suo stile ironico ma mai banale Gabriele Corsi del Trio Medusa è stato ospite di Leggermente, la rassegna promossa da Assocultura Confcommercio Lecco, venerdì pomeriggio per presentare il suo libro ‘Che bella giornata, speriamo che non piova’: una storia di pazzia, di memoria perduta ma anche ritrovata.
Intervistato dal giornalista Lorenzo Bonini, Corsi ha ripercorso le origini del libro, un dialogo ‘a senso unico’, la voce del figlio che fa visita al padre, affetto da una grave malattia degenerativa che gli impedisce quasi di riconoscerlo, cancellandogli giorno dopo giorno la memoria. “Chi mi conosce sa che dentro questo libro ci sono io, Lele – ha detto il conduttore televisivo – anni fa avevo svolto servizio civile in un manicomio, la casa dei ‘mattacchioni’ come li chiamo io. E’ stata una delle esperienze più belle ed importanti della mia vita: l’uomo che sono oggi lo devo a quell’anno passato in quella struttura. Lì ho conosciuto la sofferenza, l’assenza, ma anche una profonda ricchezza. Tempo dopo sognai un infermiere del Santa Maria della Pietà che mi rimproverava di non aver scritto un libro sulla mia esperienza. Non ricordo se gli feci davvero quella promessa ma il libro lo scrissi lo stesso, il grosso in 10 giorni”.
La storia di Gabriele ma anche della sua famiglia e del rapporto con suo padre: “Cerco di passare il tempo con lui raccontandogli di me, in particolare di cose di cui non abbiamo mai parlato, tipo di quell’anno straordinario – ha raccontato – la verità è che la malattia riguarda tutta la famiglia, non solo chi ce l’ha: soffri nel vedere che chi hai amato e ti ha amato non ti riconosce più, non si ricorda più, e il tutto ad una velocità incredibile. Mi sono reso conto, allora, che il vero protagonista del libro non sono io e nemmeno mio padre, né i ‘miei’ mattacchioni: è il tempo“. E rivolgendosi ai tanti presenti ha aggiunto: “Se avete ancora la possibilità di dire a qualcuno che gli volete bene fatelo, anche se già lo sa. Non fate passare il tempo. Mi pento di non aver parlato abbastanza con mio padre e ora è troppo tardi”.
Tra i numerosi applausi Corsi ha anche espresso apprezzamento per il nome della rassegna che l’ha ospitato: “Leggermente mi piace tantissimo. Gigi Proietti, con cui ho iniziato a lavorare e che mi ha insegnato tutto, era solito dirmi ‘la leggerezza è il contrario della stupidità’. Aveva davvero ragione”.
Tutti i proventi del libro, come specificato dall’autore, sono stati dati in beneficenza all’Unicef (di cui Corsi è ambassador) e ad Antea.