LECCO – “Fondare biblioteche è ancora un po’ come costruire granai pubblici: ammassare riserve contro l’inverno dello spirito”. È con una frase di Marguerite Yourcenar che Andrea Kerbaker ha sintetizzato l’intento di chi colleziona libri e di chi, come lui nelle pagine del suo ultimo volume, ha ripercorso la storia puntando l’attenzione su grandi collezionisti e biblioteche del mondo. Stiamo parlando dell’autore di “Lo scaffale infinito. Storie di uomini pazzi per i libri”, edito quest’anno da Ponte alle Grazie e presentato a Palazzo Falck nel tardo pomeriggio di venerdì 22 marzo. Un appuntamento, quello con Andrea Kerbaker, promosso in occasione del festival Leggermente.
“L’idea di scrivere questo libro – racconta lo scrittore – è nata in un modo del tutto inaspettato. Mi trovavo in Patagonia e stavo riflettendo sulla mia vita, sul mio lavoro, su quello che avrei voluto fare all’età di quindici anni. Credo che la riflessione sia nata un po’ per caso: è singolare il fatto che i miei figli non leggano mai neppure una riga di quello che scrivo, che si tratti di libri o di articoli per il Corriere della Sera o l’inserto domenicale de Il Sole 24 ORE. È una cosa, questa, che ti fa pensare, che ti porta a sollevare delle domande – dice ridendo – In Patagonia è inevitabile ripercorrere le orme di Chatwin, il quale a 15 anni aveva letto un libro di un esploratore che aveva intrapreso esattamente la stessa avventura e ne era rimasto affascinato. Pensando a questo aspetto curioso, ho provato a domandarmi cosa avrei voluto fare io a quell’età, cosa mi affascinava davvero, e la risposta è stata immediata: amavo coloro che avevano raccolto dei libri. È così che ho iniziato a riempire un seminterrato nella periferia di Milano di volumi, cominciando una vera collezione, ed è così – aggiunge – che ho anche iniziato a pensare al mio libro incentrato sui collezionatori e sulle più grandi biblioteche del mondo”.
Un volume, quindi, che ripercorre sei secoli di storia a partire dall’umanesimo toscano e, soprattutto, da Francesco Petrarca, appassionato collezionatore di manoscritti, per poi arrivare sino ad oggi, con Umberto Eco che chiude il cerchio. Numerosi, nel mezzo, i nomi citati da Kerbaker. Potremmo parlare, ad esempio, del figlio illegittimo di Cristoforo Colombo, Hernando Colombo. Lui, scontratosi con l’invenzione della stampa a caratteri mobili e, quindi, con il venire meno dell’eccezionalità del singolo volume, “orienterà – sottolinea Kerbaker – il suo interesse verso i pamphlet, opere uniche che altrimenti sarebbero andate perdute”.
E poi ancora Monaldo Leopardi, padre di Giacomo, e i cardinali Federigo Borromeo e Mazarino, fino a Jorge Luis Borges e il già citato Eco, tutti famosi collezionisti di volumi. “Si tratta soprattutto di uomini, anche se non sono mancate due figure femminili che hanno dato il loro importante contributo alla raccolta di libri. Stiamo parlando di Caterina II di Russia e di Madame de Pompadour. Due donne forti, che hanno avuto accanto uomini più deboli di loro e che si sono circondate di intellettuali, di illuminati. È curioso, ad esempio, pensare che Caterina II acquistò tutta la biblioteca di Voltaire, oggi custodita a San Pietroburgo”.
Un percorso, quello intrapreso dallo scrittore, che non ha escluso dalla trattazione neppure Hitler, autore del grande rogo di libri di Bebelplatz a Berlino ma nello stesso tempo collezionista di libri. “Non sappiamo molto – spiega Kerbaker – sui volumi che facevano parte della sua raccolta in quanto con la fine della guerra sono stati divisi tra americani e sovietici e poco se ne è saputo. Certamente, però, siamo a conoscenza del fatto che ne aveva parecchi e nel mio libro ho voluto mettere in luce questo paradosso, riflettendo anche su quanto aveva affermato il purtroppo profetico Heinrich Heine, ossia che chi brucia i libri, presto o tardi arriverà a bruciare esseri umani”.