Aerosol. I lavoratori protestano alla Fiocchi. “Venduti per 14 euro?”

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LECCO – Una protesta dinnanzi all’azienda lecchese più famosa al mondo, gestita da una delle famiglie più importanti della città e che fino allo scorso novembre era formalmente titolare anche della Aerosol Service di Valmadrera, con 95 dipendenti in organico che mercoledì’ mattina hanno voluto far sentire la propria voce fuori dai cancelli della Fiocchi Munizioni.

“Vergogna! Vergogna!” hanno urlato in direzione delle finestre al secondo piano del fabbricato di Belledo dove sono collocati gli uffici amministrativi dell’azienda. Da quattro mesi non percepiscono lo stipendio e da una circa una settimana sono in sciopero, tutti, il 100% della forza lavoro, costringendo la ditta a fermare l’attività finché non verranno immesse nuove risorse che consentano alla realtà valmadrerese di riprendersi dalla crisi.

 

E’ un appello agli ex proprietari? “No – ci risponde Nicola Cesana della Filctem Cigil – è un appello alla famiglia che ha la maggiore responsabilità della situazione nella quale versa Aerosol Service, perchè l’ha gestita direttamente fino all’autunno scorso e perché, oggi, non siamo ancora sicuri che la proprietà di Aerosol sia passata di mano, per il semplice motivo che in questo momento non sappiamo chi sia la proprietà di Aerosol”.

IL VIDEO

 

I sindacalisti mostrano copie dei documenti dell’atto di cessione dell’azienda, datata 11 novembre 2016: “Dopo aver siglato con noi accordi che hanno comportato sacrifici per i lavoratori, la famiglia Fiocchi senza dire niente ai sindacati e nemmeno ai propri dipendenti, ha veduto la società o dice di averlo fatto. L’ha ceduta ad un altro soggetto industriale? L’ha venduta ad un nuovo imprenditore che si è seduto al tavolo? No – prosegue Cesana – l’ha venduta ad un euro, perché ciascun componente della famiglia Fiocchi ha ceduto le proprie quote per un euro – in totale 14 quote, 14 euro – ad un sistema di scatole cinesi in cui non c’è un soggetto industriale, perché si tratta o di fiduciari, o di holding oppure di società che fanno consulenza”.

 

I referenti di Cgil, Cisl e Uil avevano già denunciato come il 100% delle quote risulterebbe oggi essere di proprietà della Seconda Investimenti Srl, a sua volta posseduta totalmente dalla Karmainvest S.a., con sede in Lussemburgo. Lo hanno scoperto inviando una lettera a quelli che pensavano essere ancora i soci dell’Aerosol Service. La risposta, riferiscono i sindacalisti, è stata che la ‘vecchia’ proprietà non era più coinvolta nelle sorti della ditta di Valmadrera (qui l’articolo precedente)

“Attualmente non sappiamo chi detenga effettivamente le quote della Aerosol Service. E’ una situazione che non tolleriamo più. I lavoratori hanno quattro mensilità arretrate da percepire, non prendono un euro da due mesi, ci sono nuclei familiari, genitori che lavorano entrambi in azienda e sono senza stipendio. L’aspetto surreale è che c’è un portafoglio ordini di 3 milioni di euro da qui alla fine anno. Aerosol potrebbe lavorare ma il circolo vizioso finanziario in cui è caduta non lo consente. Se i Fiocchi sono ancora i proprietari chiediamo loro di intervenire, altrimenti sono comunque responsabili della situazione”.

I sindacalisti Nicola Cesana (Cgil) Celeste Sacchi (Uil) e Massimo Ferni (Cisl)

 

“Serve chiarezza – ribadisce Celeste Sacchi della Uiltec – perché se hai ordini ma non riesci a portarli avanti, i clienti se ne andranno comunque. Non bisogna intervenire oggi, era necessario farlo ieri. I lavoratori sono molto arrabbiati, hanno fatto sacrifici. Si sono tolti anche pezzetti di stipendio per alcuni mesi, il 10% gli operai e il 30% gli impiegati, per consentire all’azienda di anticipare la solidarietà. Soldi che avrebbero dovuto percepire dal marzo di quest’anno e invece non hanno neppure più lo stipendio”.

Quello che i sindacati auspicano “è che la proprietà, chiunque sia, metta un milione di euro – ci dice Massimo Ferni della Femca Cisl – è il minimo di capitalizzazione necessaria per far funzionare Aerosol, e che avvenga al più presto, al Tribunale di Lecco, lo sblocco del conto corrente, pignorato per 800 mila euro a fronte di un debito inferiore. Questo darebbe ossigeno immediatamente al pagamento degli stipendi. Con tre milioni in portafoglio ordini, è un crimine fermare il futuro di questa azienda”.

 

“Ci prendono in giro – si sfoga una lavoratrice – ci danno risposte ai tavoli e poi non mantengono la parola, ci svendono illudendoci che il lavoro c’è fino a novembre. Troppo facile ora nascondersi dietro i vetri. Con la famiglia Fiocchi c’era un bel rapporto, ci si poteva confrontare. Abbiamo creduto nella correttezza di una persona che oggi ci ha abbandonato, altro che dirci che era come un padre, un padre non fa affondare la barca con i figli”.