LECCO– Ben 6 mila posti di lavoro persi dal 2008, di cui 5 mila nell’industria e mille nell’edilizia, 587 vertenze e 243 fallimenti solo nel 2012 insieme a 844 accordi per cassa integrazione, 31 per mobilità ed un tasso di disoccupazione cresciuta dal 2,6% del periodo pre-crisi al 6,9% dello scorso anno e già oltre al 7% nel 2013.
Sono i numeri della crisi economica in provincia di Lecco raccolti da Cgil, “una situazione assolutamente pazzesca” come l’ha definita il segretario generale del sindacato lecchese, Wolfango Pirelli, che hanno deciso di fare il punto della situazione prima del presidio alla Prefettura che la Camera sindacale ha organizzato per venerdì 8 ottobre.
Non uno sciopero ma una manifestazione, precisa il segretario, per denunciare “una drammaticità evidente” e che, come stimato dal sindacato, vede almeno 9 mila lavoratori in provincia usufruire di ammortizzatori sociali.
Nei settori dell’edilizia e del legno, complessivamente, sono 61 le aziende che hanno richiesto la cassa integrazione, cinque quelle sottoposte a fallimento (con situazioni pesanti come nel caso della Lariana Asfalti, dove i lavoratori hanno atteso ben 8 mesi prima di ricevere i soldi della cassa in deroga), due imprese in concordato e la Beton Villa in liquidazione concordataria.
Dai dati della Cgil risultano ben 200 imprese artigiane lecchesi che hanno sottoscritto la cassa in deroga per un totale di 559 dipendenti. Non va meglio al commercio, dove sono ci sono 84 le aziende e cooperative in cassa in deroga per 600 dipendenti.
Nulla in confronto ai 3585 lavoratori del metalmeccanico sottoposti a cassa integrazione: “Alcune di queste situazioni le stiamo governando dal 2008 e di anno in anno la situazione è sempre più pesante” ha sottolineato il segretario della Fiom di Lecco, Diego Riva. C’è il caso della Candy che lascia Santa Maria Hoé per andare a produrre in Cina, la Riello in Polonia ed altri come per la RSI di Costa Masnaga che potrebbe trovare uno sbocco nella manutenzione dei treni “ma nessuno nel pubblico ha voluto investire” e tantissimi altri che hanno avuto meno spazio sulle pagine dei quotidiani.
Nel tessile sono 16 le aziende colpite dalla crisi a rischio di “perdere un’eccellenza lecchese del lavoro femminile” come spiegato dalla segretaria di Filctem, Lorena Panzeri. Senza dimenticare la Pubblica Amministrazione: nelle scuole lecchesi, denuncia la FP Cgil, si sono bruciati 400 posti di insegnanti e 200 di personale impiegatizio e tecnico; al Comune di Lecco si sono persi 22 dipendenti negli ultimi tre anni e altrettanti a Calolzio dal 2004 ad oggi. Ma in tutta la P.A. si parla del 30% di personale precario, un’altra delle criticità messe in luce dal sindacato.
“Oggi siamo di fronte ad una timida ripresa – ha concluso Pirelli – ma serve una riduzione del costo del lavoro per aumentare i salari e far finalmente ripartire i consumi, c’è bisogno di politiche industriali e quindi sostegno pubblico ai settori più in difficoltà e una riforma della Pubblica Amministrazione che non può essere fatta di soli tagli. Alle associazioni e alle imprese chiediamo invece di non lasciarci il ruolo dei notai per firmare concordati e fallimenti; i contratti solidarietà sono troppo pochi e potevano essere un’alternativa al fallimento, ma serviva una scelta comune”.