LECCO – “Da tempo diciamo che il ‘Sistema Lecco’ sta sparendo per scelta e volontà di alcuni soggetti”.
Dopo la denuncia dei vertici dell’Associazione Piccole Medie Industrie di Lecco, che nella conferenza stampa di giovedì hanno messo in luce le pecche di quella rete di “eccellenza” di rapporti tra istituzioni e tessuto economico lecchese (vedi articolo), anche la Cgil prende posizione e lo fa attraverso le parole del suo segretario provinciale, Wolfango Pirelli.
Un sistema “per pochi” secondo l’API, che ha chiesto un maggiore coinvolgimento di tutti gli attori economici del territorio. Gli fa eco il sindacato:
“Certe associazioni di imprenditori se ne stanno andando per la propria strada – prosegue Pirelli – Il sistema si sta sfaldando e stanno crescendo i muri per il protagonismo di alcuni. La regia non è sufficientemente autorevole. Ci si chiede anche chi debba fare la regia, perché ,se l’idea del futuro è quella di un centralismo regionale e lo scioglimento delle Camere di commercio e delle Province, viene da chiedersi chi coordinerà lo sviluppo sul territorio”.
Tutto questo in un contesto di crisi che, nonostante un lieve miglioramento su produttività e fatturati delle industrie, fa ancora sentire i suoi “morsi”: gli ultimi dati diffusi proprio dalla Cgil nei giorni scorsi hanno quantificato su Lecco quasi 14 milioni di ore di cassa integrazione e licenziamenti nel 2013 in crescita di 56% rispetto al 2012.
“Si conferma quello che ipotizzavamo – spiega Pirelli – la cassa integrazione si sta stabilizzando e non ci sono grandi spostamenti come è stato nel 2011, c’è maggiore equilibrio anche se non si vede nessuna inversione di tendenza. Se c’è qualche segnale di questa ripresa, tutto sta avvedendo senza riscontri sull’occupazione”.
Come sottolineato dallo stesso segretario della CGIL, non sono emerse nuove crisi ma sono sempre le stesse aziende a trovarsi in difficoltà e mancano quelle che assumono.
“C’è bisogno di politiche di sostegno alla crescita e allo sviluppo – conclude Pirelli – Va aiutato l’imprenditore vuole investire o innovare e che oggi si trova a dover rinunciare. L’intervento pubblico è decisivo in questa fase ed altri Paesi lo hanno già fatto. In Italia stiamo ancora aspettando”.

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