Lecco Mountain Festival, pienone per Denis Urubko

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Denis Urubko

L’alpinista Urubko ospite del Lecco Mountain Festival

Tra i racconti il salvataggio sul Nanga Parbat e l’apertura di ‘Honeymoon’ sul Gasherbrum II

LECCO – La passione per la montagna lo ha portato a raggiungere le vette più impegnative, tutti i quattordici ottomila, aprendo cinque vie nuove. Denis Urubko è una vera e propria leggenda dell’alpinismo, protagonista di imprese vissute con umiltà, entusiasmo e, se vogliamo, un pizzico di pazzia.

Il pubblico in Sala Ticozzi

L’alpinista russo naturalizzato polacco, 46 anni, è stato ospite venerdì sera della serata sul grande alpinismo nell’ambito del Lecco Mountain Festival. Piena la Sala Ticozzi per l’evento durante il quale Urubko ha raccontato per la prima volta in Italia la spedizione sul Gasherbrum II durante la quale ha aperto in solitaria la nuova via ‘Honeymoon’.

Denis Urubko con il presentatore della serata Carlo Caccia

Accompagnato da foto e filmati, l’alpinista ha ripercorso in quasi due ore un’esperienza dura e affascinante, che lo ha portato in vetta al GII (8.035 m) lungo una nuova linea. “In realtà avrei dovuto salire con Maria (Cardell, ndr), mia moglie, ma per alcuni problemi di salute ha dovuto fermarsi al campo base. Mi è molto spiaciuto partire senza di lei per la vetta ma il suo supporto è stato importantissimo” ha raccontato.

In pieno stile Denis Urubko, anche la spedizione sul Gasherbrum II lo ha visto impegnato in diversi salvataggi di alpinisti, quattro per la precisione. Quella di aiutare i compagni in difficoltà, per Urubko, è quasi una vocazione, come spiegato: “Mi risulta davvero difficile rifiutare una richiesta di aiuto, soprattutto tra alpinisti, tra amici. Anche l’ultima volta, sul GII, non mi sono tirato indietro. Ammetto che è stato sfiancante, dopo tutti quei salvataggi mi sentivo stanco e sempre più lontano dal mio obiettivo, salire sulla montagna aprendo una nuova via. Ma alla fine, dopo alcuni giorni, una finestra di bel tempo mi ha dato la giusta carica e sono partito”. Con sé solo uno zaino con meno dell’essenziale, neanche l’acqua pur di alleggerire il peso ed essere veloce nell’ascesa, e nessun telefono per chiamare i soccorsi in caso di bisogno: “Non trovo giusto dover disturbare gli altri per una mia idea – ha spiegato, tra gli applausi – le cose che faccio sono una mia volontà e non voglio che altri ci rimettano per il mio egoismo”. Urubko è partito il 31 luglio alle 23 di sera dal Campo I, la sera del 1° agosto arriva in vetta al GII: “Durante la salita mi sentivo come un giovane ragazzo alle prese con il primo amore: leggero, entusiasta, bilanciato sia fisicamente che psicologicamente. Stavo bene, ogni 100 metri mi sentivo un chilo meno pesante”. La discesa non è stata priva di difficoltà: “Col buio non mi sentivo sicuro così mi sono fermato e ho atteso per 5 ore le prime luci del sole, in piedi. Non ho dormito, temevo di morire, l’unica cosa a cui pensavo era sopravvivere. Quando sono arrivato al campo da Maria ero felice: non potevo chiamare diversamente la via, ‘Honeymoon’, luna di miele. Questo era il nostro sogno e l’ho realizzato per noi”.

Durante la serata c’è stato tempo anche di parlare di un altro noto salvataggio effettuato da Urubko, quello dell’alpinista francese Elisabeth Revol sul Nanga Parbat (fine gennaio 2018). Il compagno della Revol, Tomek Markievikz, perse la vita. La vicenda è stata ricordata a inizio serata con la proiezione di un video di quei concitati momenti. “Mi trovavo al K2 per tentare la salita invernale con il team nazionale polacco – ha ricordato Urubko – quando ho sentito che c’erano problemi sul Nanga Parbat, due alpinisti in difficoltà. Non ho esitato e mi sono subito messo a disposizione per partire ad aiutarli. Ricordo che col mio amico, Adam Bielecki, abbiamo parlato a lungo di cosa fare, se salvare Elisabeth o proseguire e cercare Tomek, che era caduto in un crepaccio. Quando abbiamo trovato Elisabeth era distrutta: disorientata, disidratata, con le mani congelate. Sarebbe di certo morta se l’avessimo lasciata lì e le speranze di trovare Tomek vivo e di portarlo in salvo erano davvero poche. Così l’abbiamo riportata al Campo Base”. Per questo Urubko ha ricevuto la Legion d’Onore dallo Stato Francese.

Dopo il salvataggio della Revol Urubko aveva tentato, senza autorizzazione, la salita del K2 da solo: “Eravamo al campo base da giorni e nessuno dei miei compagni sembrava intenzionato a partire – ha raccontato – non volevo sprecare l’occasione così sono partito da solo, senza dire niente a nessuno, non volevo mi fermassero”. L’alpinista ha raggiunto quota 7.700m prima di tornare indietro: “Le condizioni meteo erano pessime, trovare la via era difficile e dopo essere finiti un due crepacci ho deciso di desistere. Alpinismo è anche questo” ha commentato Urubko.

Al termine della serata Urubko è stato salutato dal pubblico lecchese con un lungo applauso. Lui, da parte sua, ha ricambiato con un sorriso aperto e sincero: “Grazie di tutto, ci vediamo in montagna!”.

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