Nello scorso articolo abbiamo illustrato i primi due consigli pratici per iniziare un’attività atletica partendo da zero:
1) Iniziate con poco, veramente poco, un piccolo e facile cambiamento, ed incrementate di giorno in giorno
2) Scegliete obbiettivi di processo e non di risultato
Ora non ci resta che… farlo! Ci sono un sacco di strutture pronte ad ospitarci, solo in provincia di Lecco se ne contano almeno 400 a partire dagli oratori fino ad arrivare alle più rinomate polisportive… Le risorse ci sono, voi ci siete, quindi tutto è pronto ma… avete paura di fallire! Ma come paura di fallire?! Dopo che ci siamo detti di non fissarci sul risultato (numerico) e dopo esserci dati obbiettivi inizialmente abbordabili?.. Beh, è proprio così! Così come l’atleta professionista ha paura di fallire (o di vincere, in molti casi), anche il non sportivo ha paura di provare delusione, di scoprire che non va come desidera, di sentire che il cambiamento lo porterà a vedersi inadatto, di subire il confronto con altri atleti in cui emergerà il fatto di essere l’ultimo del gruppo, che da sempre è stato così, che non cambierà mai e che nessuno può farci nulla e… Fermiamoci (diamine)! Stiamo attuando un self talk decisamente controproducente!
Il fallimento, per come viene percepito dalla larga maggioranza delle persone, è vissuto come la più grande maledizione, come un attestato di incapacità perenne. Questo però succede a tutte quelle persone che poi puntualmente falliscono di nuovo. Perchè? Perchè lo vivono come uno sbaglio, come una porta da chiudere e di cui non se ne vuole sapere più nulla. Così il fallimento rimane spesso nascosto, se ne prova vergogna. Ah, che errore… Ed ecco il terzo consiglio quindi:
3) Il fallimento è parte del percorso, è visceralmente inserito nel processo, anzi preoccupatevi se non vi capita mai, forse vuol dire che avete fissato obbiettivi troppo semplici e alla lunga poco appaganti per come siete voi! Bisogna vedere l’insuccesso con una luce nuova, ma allo stesso tempo realistica perchè testimoniata dalla realtà di tutti i giorni. In certi momenti il fallimento è una benedizione, un modo per trovare le soluzioni giuste per il prossimo progetto ancor più bello di quello appena andato storto… Ma poi è andata così male? Possibile che non ci sia proprio nulla di buono anche in ciò che è fallito? Figuriamoci, c’è di sicuro! E allora lo prendo, lo conservo e lo replico. Solo da innumerevoli fallimenti si arriva al successo, provate a chiederlo a qualsiasi persona di successo che conoscete, che sicuramente vi dirà che il problema non è fallire, ma continuare quando ciò succede. Poi ovviamente c’è anche la botta di c…ondizioni favoreli, ma quello è un discorso che abbiamo già affrontato nell’articolo sul fattore sfiga…
Quando il fallimento è parte integrante del percorso, quando lo abbiamo veramente compreso, ecco che fare attività atletica diventa un piacere assoluto, finalmente si torna al significato originale dello sport: esercitarsi, apprendere, migliorare, accettare chi è più bravo oggi, tranquilli e sereni che magari domani il confronto potrà cambiare ed anche se non cambierà mai, noi andremo avanti, sempre, perchè alla fine ci piace farlo. Concentriamoci sui nostri successi e perchè no, anche sui nostri sogni. Quando si comincia si è sempre gli ultimi del carro e vi sembrerà di essere lontani anni luce da chi pratica da tempo, non lasciatevi fregare e perseverate. E’ la continuità nel tempo a fare la differenza.
Ora che ci siamo tolti questo macigno psicologico potremo dedicarci a quelle che saranno le piccole strategie per incentivarci e rendere uniche le nostre attività, piccoli esercizi di cui ve ne posso anticipare uno: tracciare i propri momenti sportivi.
A settimana prossima!
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Dott. Mauro Lucchetta – Psicologo dello Sport
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