Psicologia e Vita. Che cosa sta succedendo ai nostri ragazzi?

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RUBRICA – Ha fatto molto discutere, la scorsa settimana, una serie di episodi di violenza “gratuita”, verificatisi sul nostro territorio, messi in atto da giovanissimi nei confronti di propri coetanei. Come spesso accade in queste circostanze è inevitabile chiedersi che cosa stia succedendo alla nuove generazioni che stiamo facendo crescere e se questi episodi, generalmente rubricati sotto l’etichetta di “bullismo” o “fenomeno delle baby gang”, siano nuovi.

Da un certo punto di vista possiamo dire che si tratta della riproposizione di un tema antico quanto l’uomo calato nella specificità irriducibile del nostro tempo. L’adolescenza (i cui confini temporali oggi sono quantomai vaghi ed indefiniti) è la fase della sperimentazione, della conoscenza dei limiti e anche, in qualche misura, del loro superamento. Ma è sempre stato chiaro, nelle generazioni che ci hanno preceduto, quali fossero i confini, anche perché ci sono sempre state agenzie sociali forti e sensibilità collettive stabili che se ne facevano garanti: la famiglia, la Chiesa, la scuola, la cultura, la legge. Ognuno con i propri modelli, i propri codici, la definizione di un perimetro di ciò che si poteva e di ciò che non si poteva fare. Era dunque chiaro, ad un giovane che si affacciava all’età adulta, anche come si potesse trasgredire e in rapporto a quali regole.

L’impressione è che oggi le agenzie sociali siano le prime ad essere disorientate e facciano dunque fatica ad offrire i criteri per orientarsi e per orientare l’agire “di tutti e di ciascuno”, come amava dire Hegel. Le figure del genitore, dell’insegnante, del prete, del maestro, del medico non sono più così ben definite, riconoscibili e riconosciute, nei loro ruoli. Hanno progressivamente perso la loro autorevolezza in un’uniformità mediatica in cui non ci sono più gerarchie né competenze o ruoli riconoscibili.

I primi a farne le spese sono proprio quelle figure che di autorevolezza, credibilità, riconoscibilità hanno assoluto bisogno: i giovani. Le nuove generazioni si trovano quindi nella paradossale e drammatica condizione di non sapere neanche come esercitare e in che direzione mettere in atto quelle “prove” che permetteranno a loro stessi di definire i confini del proprio agire e trovare la propria posizione nel mondo. È come se i giovani non avessero più neanche un parametro per trasgredire: né su come farlo né rispetto a che cosa. E allora vale tutto. È così che tutti noi assistiamo a comportamenti che ci risultano assolutamente incomprensibili, anche nella trasgressione, e privi di qualsiasi “logica”.

In questo contesto entrano in gioco anche molti altri fattori che contribuiscono a rendere ancor più difficile, per adolescenti e giovani, il diventare adulti. Anzitutto la difficoltà ad immaginare il proprio futuro e il proprio ruolo nella società. In un orizzonte sempre più plastico, indefinito, incerto, “liquido”, come probabilmente si sarebbe espresso il grande sociologo Zygmunt Bauman, per un giovane è difficile immaginare il proprio posto nel mondo. È così che la progettualità fatica a trovare respiro in un desiderio realizzabile per sè o in una disposizione individuale esprimibile insieme agli altri. Due dei possibili esiti emotivi di uno scenario così delineato sono la noia del non sapere come riempire il proprio tempo in modo “sensato”, e lo “sballo” come antidoto alla noia stessa e alla mancanza di senso, al vuoto. L’orizzonte temporale si limita alla condizione puntiforme del “qui ed ora”; lì si cerca di trarre il massimo piacere possibile.

L’anonimato e la deresponsabilizzazione oggi favoriti dall’avvento delle “identità virtuali” in cui l’espressione di sé si scinde dalla responsabilità di ciò che viene espresso pone un nuovo, e inedito, problema alle agenzie educative: riconfigurare un criterio definito di responsabilità attraverso cui i giovani ritrovino il senso del proprio agire e possano così diventare “adulti” in modo sano.

Dott. Enrico Bassani
Psicologo – Psicoterapeuta
Via Leonardo da Vinci 15, Lecco
http://www.bassanipsicologo.it – info@bassanipsicologo.it – tel. 338.5816257


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