L’incontro si è tenuto mercoledì sera in Auditorium
“Non c’è bisogno di un’interdittiva antimafia del Prefetto per capire chi non frequentare”
MERATE – La mafia? Un fenomeno sottovalutato al Nord o di fronte al quale si decide di voltarsi dall’altra parte. E’ l’analisi, lucida e decisa, effettuata dal magistrato Alessandra Cerreti, pubblico ministero della DDA di Milano ospite ieri sera, mercoledì, dell’incontro promosso dall’amministrazione comunale nell’ambito del progetto alla legalità.
Terza serata sul tema, dopo il vibrante faccia a faccia con Nicola Gratteri e l’altrettanta fervida testimonianza di don Massimo Mapelli, l’appuntamento ha richiamato in auditorium un pubblico numeroso e attento. In prima fila, insieme al sindaco Mattia Salvioni, i rappresentanti delle forze dell’ordine e delle istituzioni, a partire dal prefetto Paolo Ponta che ha elogiato la bontà di iniziative come quella promossa in sinergia con Libera e Avviso Pubblico, volte a creare una cultura della legalità, coinvolgendo i cittadini e contribuendo alla lotta dal basso alla criminalità organizzata, abile a infiltrarsi nella società civile in maniera sempre più subdola.

“Ricordiamoci sempre che l’obiettivo di tutte le mafie è quello di fare profitto, riciclare soldi sporchi e fare business” ha esordito la magistrata arrivata a Milano nel 2015 dopo anni trascorsi alla Procura di Reggio Calabria. “In Lombardia dove le mafie operano al di fuori del territorio di origine e quindi devono fare i conti anche le altre organizzazioni criminali, la mafia si è strutturata come una società che offre servizi, mettendosi a disposizione degli imprenditori che vogliono fare il nero e hanno bisogno di fatture false, crediti di imposte falsi” ha aggiunto sottolineando come invece nel Sud Italia l’operato resta contrassegnato da estorsioni, usura e riciclaggio, oltre al traffico di sostanze stupefacenti, attività effettuata senza alcuna distinzione geografica lungo tutta la Penisola e anche in collaborazioni a mafie straniere.

“Il volto della mafia sta cambiando perché è un’organizzazione in continua evoluzione come la società”. Per Cerreti però, se è vero che la mafia non uccide più come una volta, è altrettanto certo che la matrice resta sempre quella violenta. “Si spara ancora quando è necessario, non dobbiamo cadere nel tranello di pensare che la mafia non usi più le pistole perché all’insorgere di una problematica viene fuori sempre la brutalità. I mafiosi sono sempre quelli, si evolvono per fare più profitto, ma accanto ai reati finanziari resta sempre la violenza”.

Sollecitata dalle domande di Alberto Bonacina, presidente di Libera Lecco, Cerreti ha ribadito come il fenomeno riguardi tutti e molto da vcino.
Credere che a Lecco, la mafia sia finita con l’operazione Wall Street, sarebbe non solo una pia illusione, ma anche quanto di più lontano dalla realtà possa esistere. “Non abbiamo più di fronte i mafiosi che ostentavano il lusso, ma gente dal profilo volutamente più basso, capace di mimitezzarsi nel tessuto sociale per allontare la consapevolezza sul fenomeno. Penso, ma spero di sbagliarmi, che la mafia riesca oggi a mischiarsi nella società civile per sottovalutazione e convenienza. Perché non stringere certe mani richiede più forza, coraggio e la convinzione che certi valori non possano essere mischiati. Una certa aridità personale legata a un piccolo tornaconto fa sì di sottovalutare il fenomeno oppure fa girare dall’altra parte”.

Quanto alle possibilità di ognuno di contrastare il fenomeno, la magistrata non si è persa in troppi giri di parole: “Avete bisogno di una interdittiva del prefetto che vi dica che quel locale è mal frequentato? Non credo. Ognuno dal basso può togliere il consenso sociale. La maggior parte di voi sa bene chi sono le persone per bene e chi no. Per cui la strategia è quella di isolarli, non stringere certe mani, accorgerci quando gira il denaro troppo facilmente, diffidare da quell’amico che sembra offrire troppo facilmente un aiuto economico”.

Cerreti ha infine ribadito l’importanza dei collaboratori di giustizia, cogliendo una possibilità di cambiamento in chi ha deciso di parlare per non consegnare i propri figli a un futuro già scritto. “Prima era una peculiarità delle donne: di recente mi è capitato anche con un uomo che ha visto nella collaborazione con la giustizia una via di libertà per i propri figli”. Una luce in fondo al tunnel, accesa al termine della serata, che ha portato una ventata di speranza a tutti i presenti, sollecitati a fare ognuno la propria parte nel contrastare un fenomeno tanto radicato quanto silente anche nella ricca Lombardia.
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