Caso Italcementi: sette Comuni e la Provincia di Lecco fanno ricorso al Tar

Tempo di lettura: 5 minuti

Viene contestato il progetto di Italcementi di portare a 110mila tonnellate all’anno l’utilizzo di combustibili solidi secondari nel cementificio di Calusco

Sette sindaci e la provincia di Lecco uniti nella battaglia: “Il nostro no non è aprioristico, ma motivato e derivato dal non recepimento delle nostre richieste di effettuare un’analisi epidemiologica sul territorio”

ROBBIATE – Un ricorso al Tar contro la Provincia di Bergamo e Ats Bergamo per chiedere di annullare le determinazioni dirigenziali, adottate al termine delle Conferenze di servizi riguardanti la Via, (valutazione impatto ambientale) e l’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale, con cui è stata accolta la richiesta di Italcementi di incrementare da 30.000 tonnellate all’anno a 110.000 tonnellate all’anno di utilizzo di combustibili solidi secondari nel cementificio di Calusco d’Adda.

A presentarlo lo scorso 15 gennaio sono stati i Comuni di Cornate d’Adda, Imbersago, Merate, Paderno d’Adda, Robbiate, Solza, Verderio e la Provincia di Lecco, tramite il Comune di Robbiate, capofila del protocollo di intesa sottoscritto nei mesi scorsi per chiedere alla Provincia di Bergamo di poter avere voce in capitolo sulla vicenda Italcementi.

Una richiesta che non ha mai avuto riscontro: da qui la decisione dei Comuni (escluso Calusco) della cintura intorno a Italcementi, supportata anche dalla Provincia di Lecco, di rivolgersi al Tar della Lombardia, sezione di Brescia ritenendo illegittime le determinazioni dirigenziali adottate dalla Provincia di Bergamo. Diverse le argomentazioni riportate ai giudici: dalla violazione delle norme di riferimento in materia di Via e di Aia all’aver ritenuto adeguata l’H.I.A. prodotta da Italcementi passando per non aver disposto gli approfondimenti istruttori indispensabili per valutare complessivamente gli inquinanti presenti nell’aria richiesto.

Dalla Provincia di Lecco, anche a nome degli altri enti, è stato più volte richiesto, per iscritto, un incontro ad Ats Brianza; con altre modalità la stessa richiesta è stata fatta alla Ats Bergamo al fine di ulteriormente motivare, approfondire e chiarire ciò che da noi veniva richiesto. Non è mai stato possibile organizzare tale incontro” sottolineano gli amministratori uniti nel ricorso al Tar. Aggiungendo: “In data 6 novembre 2023, il Comune di Robbiate in qualità di ente capofila del protocollo di intesa, ha presentato all’Ats Bergamo e Ats Brianza formale istanza di accesso agli atti con la quale è stata richiesta la trasmissione dei dati e delle informazioni a disposizione di entrambe le Ats necessari per
l’effettuazione dello studio epidemiologico con specifico riferimento ai dati ambientali (inclusivi dei modelli di dispersione degli inquinanti) e sanitari (in versione anonimizzata), come rilasciati ai soggetti incaricati da Italcementi nell’ambito del procedimento Via., formati e/o detenuti dall’Ats Bergamo, compresi tutti i dati ad essa trasmessi da parte di Ats Brianza. Né Ats Bergamo né Ats Brianza hanno dato riscontro alla suddetta istanza con la conseguenza che, decorso inutilmente il termine di 30 giorni da quando la stessa è stata presentata, su di essa si è formato provvedimento di diniego tacito ai sensi dell’art. 25, comma 3, della Legge n. 241/1990”.

Un no che ha comportato un primo ricorso al Tar, il 5 gennaio 2024, per “conseguire l’accertamento del diritto di accesso ai dati ambientali e sanitari e, conseguentemente, l’annullamento del provvedimento di diniego tacito formatosi” e poter cosi effettuare autonomamente l’indagine epidemiologica.
I sindaci e la Provincia ribadiscono impegno e trasparenza: “Dal 2004 i nostri enti stanno seguendo i vari progetti presentati da Italcementi. In particolare dalla fine del 2014 abbiamo intrapreso diverse iniziative, esposto e motivato il nostro dissenso su alcuni punti, proposto e richiesto soluzioni alternative e migliorative in relazione al quadruplicamento dell’utilizzo di Combustibili Solidi Secondari, derivanti da rifiuti, presso lo stabilimento di Calusco d’Adda, evidenziando che deve essere comunque subordinato all’effettuazione di una ulteriore indagine epidemiologica ante-operam al fine di valutare più approfonditamente i riflessi sulla salute dei Cittadini derivanti dall’implementazione di quanto viene richiesto da Italcementi Spa”.

Considerazioni a cui si aggiunge una dura presa di posizione: “E’ inaccettabile che i sindaci ammessi a partecipare alla Conferenza di Servizi per il procedimento Aia (tranne il Sindaco di Calusco d’Adda) vengano relegati al ruolo di semplici uditori, visto che a quella Conferenza autorizzativa venivano trattati temi che possono implicare pesanti ripercussioni sulla salute dei nostri cittadini. Siamo altresì delusi del fatto che alcuni enti deputati alla tutela della salute pubblica non abbiano accolto le nostre richieste per l’effettuazione di un’indagine epidemiologica integrativa e migliorativa rispetto a quella commissionata da Italcementi”.

Non solo. “Il nostro parere negativo espresso sia nella fase conclusiva del procedimento Via. che nel corso dell’intero procedimento di modifica sostanziale dell’Aia non è stato aprioristico, ma fortemente motivato e derivato dal non recepimento delle nostre richieste, più volte avanzate a tutti i tavoli di confronto e sempre rigettate senza appropriati approfondimenti di merito, in particolare la richiesta di ulteriori approfondimenti in tema di salute pubblica. Abbiamo sempre posto al centro delle nostre richieste la necessità di effettuare una indagine epidemiologica sui nostri territori, supportati dai Comitati “Rete Rifiuti Zero Lombardia” e “La Nostra Aria”, che sono stati promotori di una petizione popolare sottoscritta da circa 10.000 Cittadini di diversi Comuni, firme depositate presso la Provincia di Bergamo nel luglio 2015. La richiesta di Italcementi smuove le coscienze dei cittadini anche perché si inserisce in un contesto, quello dell’Isola Bergamasca e del Meratese, che vede già la presenza di ben 4 inceneritori di rifiuti nel giro di 20 Km con capacità totale pari a circa 630.000 ton./anno. Non deve passare in secondo piano l’ormai certa condizione di elevatissimo inquinamento ambientale che caratterizza la nostra zona (siamo tra le aree più inquinate di tutta l’Europa), una condizione che non abbiamo mai sottovalutato e che dovrebbe spingere gli enti competenti a prendere in ogni campo nuovi ed opportuni provvedimenti volti alla riduzione dell’inquinamento atmosferico”.

Da qui le conclusioni: “Alla luce di queste evidenze, è chiaramente inverosimile e controproducente la volontà di concedere pesanti aumenti di capacità di combustione a questi grandi impianti, soprattutto quando si parla di rifiuti che potrebbero essere trattati da appositi inceneritori operanti con livelli emissivi ridotti ad un decimo rispetto ai cementifici. Più corretto sarebbe invece intervenire richiedendo a priori drastiche riduzioni delle emissioni del cementificio in atmosfera”.