Vittorio Arrigoni, la sua storia nel libro di Anna Maria Selini

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Duccio Facchini (Qui Lecco Libera) con la scrittrice Anna Maria Selini

La vita e la morte di Vittorio Arrigoni, il “ritratto di un utopista”

La scrittrice Anna Maria Selini presenta il suo libro

LECCO  / BULCIAGO – “Restiamo umani”. In due semplici parole era riuscito a racchiudere un significato immenso, Vittorio Arrigoni le usava per concludere le sue testimonianze dalla Striscia di Gaza, colpita al cuore dalle bombe dell’esercito israeliano tra la fine del 2008 e il gennaio del 2009. Due parole per esprimere la tragedia del popolo palestinese che si stava consumando sotto i suoi occhi di attivista per i diritti umani.

Una vita finita drammaticamente nel 2011 e che non sarà dimenticata. A raccontarla è il libro scritto dalla giornalista Anna Maria Selini, presentato giovedì sera nell’incontro organizzato da Qui Lecco Libera, Les Cultures Onlus, Associazione Dinamo Culturale e il Circolo Arci Spazio Condiviso presso la Cereria Alumedicandela di via Cesare Beccaria 5 a Lecco.

Anche Egidia Beretta, madre di Vittorio ed ex sindaco di Bulciago, ha partecipato alla presentazione.

Tra il pubblico Egidia Beretta, madre di Vittorio Arrigoni

“Vittorio Arrigoni. Ritratto di un utopista” è il titolo del manoscritto che ripercorre la formazione di ‘Vik’, l’attività di informazione, Guerilla Radio, le iniziative con i giovani di Gaza. Le scelte di Arrigoni.

“Vittorio era un attivista per il popolo palestinese -scrive Selini- ma la Palestina e Gaza erano solo le ultime due tappe di un viaggio iniziato molti anni prima”. Arrigoni è morto dopo essere stato rapito da un gruppo di estremisti a Gaza City, in Palestina, nella notte tra il 14 e il 15 aprile 2011.


“Vik – spiega Francesco Battistini nell’introduzione del libro – è stato fra i più ignorati dei connazionali caduti o inguaiati all’estero: abbiamo profuso sforzi per salvare gli ostaggi del terrorismo islamico, speso milioni per riportare a casa i marò, tributato onori ai nostri morti in giro per il mondo, ma nel tribunale di Gaza city siamo andati solo noi giornalisti. E non comparve uno straccio d’osservatore per vedere a che farsa di sentenza ci si stava preparando. E in Italia, al funerale non si mosse neppure un sottosegretario ad accogliere la bara d’un giovane che non sparava, non faceva soldi e semmai, potendo, faceva del bene”