LECCO – Siamo oramai alla resa dei conti: a meno di un mese dalla chiusura della fabbrica, annunciata e confermata per la fine di marzo, i lavoratori della Leuci non vogliono perdere la speranza e rincarano la dose, proclamando uno sciopero di 8 ore per la giornata di oggi, il primo vero giorno di astensione completa dal lavoro in questi ultimi anni di lotta.
“Abbiamo cercato di ridurre al minimo l’utilizzo dello sciopero, ma non potevamo aspettare di arrivare al 31 marzo e veder chiudere la nostra azienda – ha spiegato Germano Bosisio, responsabile RSU della Leuci – Da sempre ci siamo mossi con atteggiamento responsabile, anche negli incontri con la direzione, ma c’è stato poco da fare. Sono loro, a questo punto, a costringerci ad alzare il tiro; non ci sentono, cercheremo di urlare più forte”.
Così in mattinata è partita la protesta, indetta unitamente a tutte le single sindacali e che avrebbe visto la partecipazione ad unanimità di tutti i lavoratori dell’azienda; il presidio di fronte ai cancelli starebbe inoltre impedendo il flusso di tir in entrata e in uscita dalla Leuci. Un segnale “forte e chiaro”, come lo definiscono i rappresentanti sindacali, in risposta alla trattativa con i vertici aziendali, saltata nel pomeriggio di venerdì dopo l’offerta di quattro mesi di cassa integrazione straordinaria per cessazione di attività, avanzata dalla dirigenza, a fronte di un anno di solidarietà richiesta dai sindacati per rilanciare l’azienda (vedi articolo).
Perché se l’intenzione dei vertici Leuci sarebbe quella dell’imminente chiusura della storica fabbrica lecchese, da tempo i lavoratori battono su un progetto di recupero della fabbrica, “la Cittadella della Luce”:
“Un lavoro di anni, partito dal basso, che ha registrato il contributo fattivo delle istituzioni e del Politecnico – prosegue Bosisio – il rischio è quello di buttare tutto alle ortiche non cogliendo qualcosa che è ritenuta un’opportunità non solo dai lavoratori, ma tra gli altri soggetti istituzionali, dalla stessa Camera di commercio. Chi si prenderà la responsabilità di affossare questo progetto, in un quadro di drammatica difficoltà occupazionale? Quello che si sta per compiere è un vero e proprio delitto sociale”.