MANDELLO – Nel giorno del patrono una riflessione sulle nuove povertà e l’invito a rivolgere lo sguardo verso chi è in difficoltà. E’ decisamente nel segno della solidarietà, a Mandello, l’edizione 2013 della festa di San Lorenzo.
Già mercoledì 7, in occasione della veglia di preghiera da lui presieduta nella chiesa arcipretale, il vescovo di Cremona monsignor Dante Lafranconi aveva sollecitato ad aprire gli occhi sulle povertà di oggi, “che – aveva detto – possono essere gli immigrati e chi ha perso il posto di lavoro, ma anche gli anziani oppressi dalla solitudine”.
E sabato, ricorrenza del santo patrono, padre Arialdo Urbani, sacerdote betharramita che da quasi trent’anni opera nella Repubblica Centrafricana, all’omelìa della messa solenne celebrata in San Lorenzo assieme ad altri sette sacerdoti delle varie parrocchie di Mandello e Abbadia Lariana, ha invitato a sua volta a mettersi al servizio dei fratelli più bisognosi. “San Lorenzo era un diacono – ha detto – cioè un servitore della Chiesa di Roma e anche ricordando il suo esempio di totale dedizione e donazione al Signore tutti noi siamo chiamati a fare un passo indietro e ad aiutare i nostri fratelli”.
Padre Arialdo – cugino dell’arciprete don Donato Giacomelli, che lo affiancava all’altare unitamente a don Pietro Mitta, don Andrea Del Giorgio, don Vittorio Bianchi, don Mario Conconi, don Massimo Rossi e don Mario Tamola – si è soffermato sulla difficile situazione della sua missione. “Ho bravi catechisti che lavorano con me e per me – ha affermato – ma i problemi da affrontare sono tanti. In Africa chi non ha niente dà comunque qualcosa per gli altri e Dio ama chi dona con gioia. Poi per fortuna c’è la provvidenza…”.
Un accenno a Papa Francesco (“in Africa quando è stato eletto vi è stata grande gioia perché lui vuole una Chiesa povera, vicina a coloro che soffrono”) e un riferimento alla situazione del nostro Paese (“io qui non vedo così tanta crisi se penso alle condizioni di vita della gente della mia missione”), poi un nuovo richiamo a San Lorenzo e al suo martirio. “Lui ha servito Dio fino a dare la sua vita – ha detto padre Arialdo – e neppure noi dobbiamo avere timore di mettere a rischio la nostra stessa esistenza. A me è capitato più di una volta, l’ultima nel marzo di quest’anno. Nella Repubblica Centrafricana c’è stato un colpo di Stato. Sono venuti da me chiedendo la mia auto e minacciandomi con un kalashnikov. ‘Come faccio senz’auto a raggiungere i miei parrocchiani? Spara pure, se vuoi’, ho detto a quello che lo imbracciava”.
Quindi la conclusione della sua omelìa: “Domandiamoci oggi se nel nostro cuore c’è ancora uno spazio di bontà e di generosità”.
La celebrazione eucaristica è stata seguita dalla processione con la statua del santo patrono che – muovendo dalla chiesa e passando per via della Torre, come sempre addobbata con gusto in occasione della festa del 10 agosto – ha raggiunto piazza Italia. Qui padre Arialdo ha impartito la benedizione, prima di portarsi sulla passerella dell’imbarcadero e, da lì, benedire a sua volta il lago.