LECCO – “Questo risultato elettorale ci preoccupa molto, anche perché mette in discussione la libera circolazione delle persone sancita dagli accordi tra Svizzera e Comunità Europea”. E’ la CGIL lombarda a diffondere un comunicato all’indomani del referendum svizzero per limitare fortemente l’ingresso di lavoratori stranieri nel territorio nazionale.
“Nell’immediato non ci saranno ripercussioni pratiche, il Governo federale ha 3 anni di tempo per adeguare la vigente legislazione con gli esiti referendari – spiega il sindacato – Le ripercussioni si faranno purtroppo sentire per i circa 60.000 lavoratori e lavoratrici frontalieri, che tutti i giorni varcano il confine per motivi di lavoro, donne e uomini che in tutti questi anni hanno contribuito moltissimo alla crescita economica e al benessere della vicina Svizzera, magari svolgendo i lavori più umili e rifiutati dagli svizzeri stessi”.
La CGIL parla di “razzismo nemmeno molto nascosto” e guarda alle motivazioni della scelta decretata dalla consultazione:
“Da parecchio tempo, assieme ai sindacati svizzeri, avvertivamo il rischio del diffondersi di un clima ostile ai lavoratori frontalieri – spiegano – tanto è vero che lo avevamo evidenziato negli incontri fatti negli scorsi mesi con la Regione Lombardia, nel corso dei quali avevamo chiesto di affrontare le tematiche inerenti il frontalierato proprio per evitare di arrivare a queste conclusioni. Assieme avevamo anche chiesto ai partiti politici di farsi promotori nei confronti del nostro Governo, di un tavolo permanente per discutere e risolvere i problemi dei frontalieri. Abbiamo anche ottenuto un primo risultato, infatti il Parlamento ha approvato un ordine del giorno che chiede al Governo l’apertura di questo confronto”.
“L’esito del referendum di domenica obbliga ora il Governo ad accelerare la costituzione del tavolo di discussione – concludono dalla CGIL – La crisi che investe l’Italia e tutta l’Europa accentua queste problematiche: aumentano i lavoratori e anche le aziende che varcano il confine per lavorare, sempre più numerosi sono i casi di aziende italiane che anche in Svizzera non rispettano contratti e leggi, provocando come è ovvio numerosi problemi di concorrenza sleale, così come spesso i lavoratori italiani sono costretti ad accettare condizioni salariali inferiori a quelle contrattuali, creando così un dumping salariale”.

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