PASTURO – Che sul Grignone qualcosa di eccezionale fosse in atto era ben noto grazie al tam-tam dei social network (vedi nostro scorso articolo). Ma i numerosi appassionati di montagna saliti in Grignone questo weekend, anche grazie alla caparbia dei gestori del Rifugio che hanno fatto l’impossibile per riaprire il locale, sono rimasti ugualmente stupiti ed a bocca aperta davanti a tanta abbondanza di neve ed alle forme di neve e ghiaccio che si sono create con la complicità del vento.
Circa 150 le persone salite in vetta nel weekend, a piedi o con gli sci d’alpinismo, tra cui molti volti noti del mondo alpinistico lecchese, tra questi gli alpinisti Marco Anghileri e Mario Panzeri, il fotografo Alberto Locatelli con il team di ClickAlps, Sergio Longoni titolare di DFSportSpecialist e l’uomo delle ormai 3500 e più volte in cima Claudio Ghezzi, solo per citarne alcuni.
Due i punti di partenza per l’ascesa: la Chiesetta del Sacro Cuore a Balisio ed il paese di Pasturo per i più allenati. La neve vera e propria sul sentiero inizia dalla località Pialeral. Raggiunti i Comolli, inizia il famosissimo sentiero invernale con pendenze austere in quello che viene definito “Muro del Pianto”.
E proprio ai Comolli la prima sorpresa: la baita, l’annessa ex-stalla che ospitano il bivacco Riva-Girani ed il crocifisso votivo sono letteralmente spariti, sommersi da una quantità impressionante di neve. L’unico segno del luogo è il pennone della bandiera che ora si tocca semplicemente con un dito. Sergio Longoni, proprietario del bivacco, ha scavato una vera e propria galleria nella neve per accedere al bivacco.
Una breve sosta, si calzano i ramponi e via ancora in salita; dopo aver vinto il “Muro del Pianto” gli alpinisti si ritrovano in un mondo totalmente diverso da quanto affrontato fin qui: crepe nella neve, cornici di grandezza impressionante e la via di salita che costeggia a distanza di sicurezza queste pericolose opere della natura ammirando dall’alto il versante Nord Del Grignone costellato di slavinette.
Dopo l’ultimo tratto di cresta, ecco la meta finale di tanta fatica: la croce del Grignone a quota 2410 incredibilmente incrostata ed irriconoscibile. E poco sotto la vetta, ecco il Rifugio Brioschi, ammantato da una spessa crosta di neve e ghiaccio e sprofondato in cumuli di neve di oltre 4 metri, tanto che si camminava tranquillamente sul tetto del rifugio e dell’annessa cappellina votiva. Incredibile! Piccolo brivido per tutti quando, intorno all’ora di pranzo, la spessa crosta è scivolata dai muri sommergendo racchette e ramponi che vi erano adagiati.
Dopo un meritato pranzo al rifugio si ricalzano i ramponi e poi giù verso valle e verso la vita di tutti i giorni, con ancora nella mente e nel cuore lo spettacolo di tanta bellezza … chi a piedi, chi con gli sci, chi con metodi quantomeno originali … ma indubbiamente veloci!
Menzione d’onore finale ai due appassionati alpinisti che attrezzati di tutto punto sono stati avvistati in salita a ritmo serrato di corsa nel primo pomeriggio e che probabilmente, dopo una sudata epocale, erano già di ritorno a valle con le vetta in tasca per le 18.00, giusto il tempo di una doccia e poi con le gambe sotto la sedia per la cena!