LECCO – Il 4 dicembre prossimo, al Referendum, voterò sì. Cercherò di motivarlo con esempi che tutti insieme possiamo comprendere.
1. La riduzione del numero dei senatori e l’annessa riduzione dell’iter di approvazione delle leggi, in analogia con quanto avviene in altri Paesi Europei (ad esempio: Germania, Francia) è un passo avanti anche se io, personalmente, avrei preferito l’abolizione del Senato.
2. Il “riassumersi” da parte dello Stato di alcune prerogative oggi in bilico con le Regioni e che sono fonte continua di conflitti sulle competenze è un passo verso un miglior funzionamento dell’apparato pubblico nel suo insieme. Faccio un esempio: se si percorrono le strade statali in Puglia si noterà che sono perfettamente asfaltare e tenute dall’ANAS in ottimo stato di conservazione. Si asfalta un anno sì ed un anno no. In Lombardia, dopo il festival delle autonomie e di un federalismo nebuloso e parolaio, queste strade sono state “scaricate” alle Provincie senza dotarle dei mezzi necessari al mantenimento. Lo stato delle ex statali lo vediamo tutti i giorni, basta uscire di casa! Questo non è una lesione dell’autonomia regionale, ma è far funzionare meglio l’apparato pubblico.
3. Oggi il vero problema dei Comuni non è più il “centralismo centrale”, ma quello “regionale”. Una parte dei fondi passati dallo Stato per far funzionare i servizi pubblici vengono trattenuti dalle Regioni per progetti di gestione di competenza comunale. Non è compito costituzionale delle Regioni “gestire”. Hanno poteri legislativi. In Lombardia la Regione ha trattenuto milioni di euro nel corso degli anni sui contributi del settore sociale (legge 328) che spettavano i Comuni per esperimenti poi falliti di distribuzione in proprio dei fondi. Questo metodo non è solo nostro di Lombardi, ma è generalizzato.
4. Non ci sono parti del quesito referendario che prevedano che il Presidente del Consiglio possa sciogliere le Camere alla vigilia di un voto di fiducia come era previsto dalla proposta Berlusconi poi decaduta.
Semplicemente è un tentativo di evitare conflitti di competenza e di migliorare l’apparato pubblico. Faccio notare che non è una cosa di poco conto perché è dagli ’80 del Novecento che parliamo di riforme senza farle. Questa volta i cittadini decideranno se continuare il vecchio sistema oppure modificarlo.
Faccio questa dichiarazione nonostante, pur avendo la tessera del PD, non sia un “renziano” , non ho votato mai Renzi in alcuna primaria. Non faccio parte di nessun organismo dirigente del partito. Semplicemente, ritengo che l’approvazione del quesito referendario faccia fare un passo avanti al nostro martoriato Paese”.
Ambrogio Sala