L’effetto Coronavirus sul mercato del lavoro lecchese
I dati diffusi dalla Cisl: quasi otto mila posti persi, +364% di cassa integrazione.
LECCO – “A fine del 2019, l’economia continuava spingere anche nel lecchese, i segnali positivi si sono susseguiti per più anni consecutivi, le nuove assunzioni superavano i licenziamenti, seppur con un piccolo rallentamento a inizio 2020, poi è arrivato il Covid e come uno tsunami ha travolto tutto”.
Rita Pavan, segretario generale della Cisl Monza Brianza Lecco, è franca nel commentare gli ultimi dati sul mercato del lavoro lecchese che inquadrano la crisi innescata dall’emergenza sanitaria e che ha coinvolto anche la provincia di Lecco.
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Il confronto tra i primi tre mesi di quest’anno con il 2019 rendono evidente l’effetto che il Coronavirus ha avuto sull’economia del territorio: le cessazioni di lavoro sono aumentate del 6%, solo ad aprile del 126% rispetto ai tre mesi precedenti. La cassa integrazione complessiva nei primi quattro mesi del 2020 è ‘esplosa’ nel quantitativo di ore autorizzate (+364% rispetto al quadrimestre 2019)
“Nonostante il blocco dei licenziamenti deciso dal Governo, il numero delle cessazioni è preoccupante – spiega Pavan – la maggior parte sono contratti a termine che non sono stati rinnovati, ma il dato non può che allarmarci”.
“Lecco era tornata ai livelli pre crisi, poi è arrivato il Covid”
Sono 8,8 milioni le ore di cassa integrazione ordinaria autorizzate (erano 1,35 milioni nei primi mesi del 2019) sopratutto per manifatturiero e settore edile, 368 mila le ore di cassa integrazione straordinaria e 100 mila le ore di cassa in deroga. “A queste vanno aggiunte le misure specifiche di commercio e artigianato, i fondi di integrazione salariale. Un lavoratore su tre nel lecchese, complessivamente, percepisce un ammortizzatore sociale” spiega Enzo Mesagna della segreteria Cisl.
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“Solo qualche mese fa, Lecco era tornata ai livelli pre crisi, ovvero prima del 2008, ci stavamo trasformando di nuovo nell’isola felice del lavoro, sfiorando il 70% del tasso di occupazione e scendendo al 5,3% del tasso di disoccupazione – ricorda Mesagna – l’ondata del Covid ha spazzato via questi risultati”.
Il saldo del primo quadrimestre dell’anno, ovvero la differenza tra licenziamenti (16,3 mila) e assunzioni (8,5 mila), è negativo ed equivale alla perdita di 7,8 mila posti di lavoro.
A subire il colpo sono soprattutto i lavoratori a termine con contratto determinato (10 mila licenziamenti, 8 mila nuove assunzioni) e i lavoratori in somministrazione (2,3 mila cessazioni e 1,5 mila avviamenti). I contratti a tempo indeterminato conoscono invece un lieve aumento (+2,5 mila) frutto dei primi due mesi dell’anno quando ancora la pandemia non aveva fatto capolino sul nostro Paese.
Tra i settori, il più penalizzato è quello del commercio e del turismo (10,6 mila cessazioni e 5 mila assunzioni) segue l’industria ( -1894 il saldo),
La Cisl: “Liquidità, ammortizzatori, investimenti pubblici e formazione”
E’ una situazione di grave difficoltà anche per il nostro territorio che, per il sindacato, può essere affrontata con quattro interventi specifici.
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“Il blocco dei licenziamenti e gli ammortizzatori sociali devono essere prorogati fino alla fine dell’anno per evitare lo shock occupazionale finché non ci sarà una ripresa – sottolinea Rita Pavan – serve liquidità per le imprese e nuovi investimenti pubblici sbloccando i cantieri che sono pronti a partire. L’Europa può darci una mano e dobbiamo saper sfruttare al meglio i finanziamenti europei”.
“Dobbiamo saper progettare il cambiamento – ha proseguito il segretario della Cisl – superando la dicotomia lavoro-sicurezza, sfruttando in modo positivo le nuove dinamiche emerse, come lo smart working. Infine dobbiamo riavviare quei processi di formazione al lavoro e riqualificazione dei lavoratori che sono rimaste sospese con l’arrivo del virus e non sono proseguite come è stato invece per la didattica scolastica”.