Cellulari rubati e ‘hackerati’ per essere rivenduti come nuovi: tre arresti a Milano

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MILANO – Un giro di soldi di migliaia di euro, tecnologie da hacker e alta, altissima specializzazione criminale, a stretto contatto con la criminalitร  comune, questo ciรฒ che i Carabinieri della Stazione di Arese (MI), Compagnia di Rho, sotto la direzione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, hanno messo in luce nellโ€™indagine โ€œDEEP PHONEโ€, che ha portato nella giornata di ieri 20 luglio allโ€™esecuzione di 3 misure cautelari ai domiciliari.

In manette una donna italiana di 29 anni e due uomini egiziani di 36 e 28 anni, tutti residenti a Milano, colpevoli dei reati di associazione a delinquere con finalitร  di ricettazione e riciclaggio di dispositivi elettronici.

La complessa indagine รจ iniziata con una semplice denuncia di furto di un computer di una noto marchio americano, quando il proprietario riconosce lo stesso su un sito di compravendita online.

Rivoltosi ai Carabinieri, veniva predisposto un servizio di polizia giudiziaria, che permetteva di arrestare per ricettazione il venditore e recuperare il telefono, ma soprattutto di accertare che dietro a quel banale furto vi era qualcosa di piรน ampio, un vero e proprio mercato illecito di apparati telematici rubati, tutti della stessa casa statunitense di telefonia, in prevalenza personal computer e smartphone .

Un mercato quanto mai fiorente, che aveva i suoi punti base in 2 negozi di telefonia del centro di Milano.

Nel corso dellโ€™indagine i Carabinieri hanno scoperto come, grazie a sofisticati malware, gli indagati fossero capaci di modificare i codici IMEI dei cellulari, per poi rivenderli come se fossero nuovi, talvolta ad un prezzo maggiorato se venduti assieme a schede sim fittiziamente a soggetti stranieri, da loro stessi prodotte.

Questo perchรฉ il codice IMEI, abbinato allโ€™codice identificaivo, rappresenta lโ€™identitร  del dispositivo, associato inequivocabilmente allโ€™account del suo proprietario.

Con i malware rinvenuti allโ€™interno di semplici chiavette usb, gli indagati riuscivano ad eludere queste misure di sicurezza, sรฌ che lโ€™acquirente poteva benissimo ritenere di aver acquistato un cellulare o un pc senza nessun pregiudizio legale.

Allo stesso modo, se i dispositivi venivano abbinati ad una scheda intestata a prestanome, lโ€™acquirente riusciva a diventare irrintracciabile, un โ€œfantasma virtualeโ€, sรฌ da poter utilizzare telefoni e pc per commettere reati, senza lasciare traccia.

Per attribuire la paternitร  dei dispositivi sequestrati e quindi dimostrare il reato, รจ stata necessaria una lunga attivitร  di intermediazione con lโ€™ufficio preposto della casa madre, che, su insistenza degli inquirenti, ha rilasciato i segretissimi codici ID, i quali hanno permesso di risalire alle identitร  reali di chi ha effettuato il primo accesso sui dispositivi e quindi ricollegarli alle denunce di furto presentate in passato.

Una collaborazione fondamentale per rivelare il giro illecito e assicurare i 3 soggetti alla giustizia, oltre a rivelare dettagli e possibilitร  finora sconosciute nel campo dellโ€™investigazione telematica.