Vorrei affidarmi alla psicologia dello sport ma…

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Con questo articolo un po’ atipico, cercherò di rispondere ad alcune delle domande che spesso mi vengono poste in sede di contatto. Ho notato infatti che sono molto spesso gli stessi quesiti perciò ho pensato che potesse essere utile cercare di scioglierli direttamente in questa sede. Quello che sto osservando, in generale, è una certa predisposizione da parte di atleti e società sportive, ad interessarsi alle attività dello psicologo dello sport, curiosità che talvolta non sfocia però in un approfondimento a causa di alcune barriere che ritengo possano essere superate, ed a volte non esistono nemmeno! Parlare di “psicologia dello sport” non è così strano come poteva esserlo qualche anno fa, ci sono ovviamente ancora certe diffidenze soprattutto da chi, nella propria società “vive da sempre”, “sa come si fa” e “non vuole certo che arrivi un estraneo a comandare”. Perciò la prima domanda, non detta ma pensata, è quella che recita più o meno così:

– Ma tu chi sei per dirmi cosa devo fare?

La mia risposta è… una non risposta. Nel senso che ritengo errata la domanda. Ancora dobbiamo capire cosa fare insieme! (soprattutto se fare qualcosa insieme). Lo psicologo dello sport non ti dice cosa devi fare l’atleta, preparatore, allenatore, dirigente, presidente. Anche perchè, molto spesso, ognuno di loro svolge già bene il suo lavoro. Vediamola nel verso giusto: lo psicologo dello sport ha delle caratteristiche e delle potenzialità che sono a supporto della società. Così come la squadra ingaggia il preparatore atletico affidandogli dei compiti, altrettanto fa con lo psicologo dello sport, il quale avrà il dovere di lavorare su quanto concordato con la società. Perciò i ruoli non vengono intaccati, semplicemente è il “contratto” a stabilire le competenze. Ad esempio in alcune strutture lo psicologo può occuparsi degli aspetti relazionali fra società e genitori, in altre della comunicazione a tutto campo, in altre ancora solo degli aspetti di preparazione mentale (concentrazione, orientamento del pensiero, allenamento ideomotorio, etc.). In fin dei conti non è lo psicologo che ti dice cosa devi fare, ma sono l’atleta e la società che fanno la domanda! Ma soprattutto, partiamo con calma. Nessuno ci impone nulla. Vogliamo fare la cosa più semplice? Organizziamo una semplice serata formativa…

– Ma quindi come si comincia?

Come appena scritto sopra, la via più sensata , non impegnativa e più semplice per affacciarsi al mondo della psicologia dello sport non è altro che l’organizzazione di una serata su un tema caro alla società sportiva commissionante: aspetti motivazionali? Preparazione mentale? Comunicazione e relazioni? (per le diverse opportunità vi rimando al primissimo articolo di questa rubrica: introduzione alla psicologia dello sport). In questo modo sia la società che lo psicologo posso conoscersi ed eventualmente decidere sul da farsi.

– Ma quanto dura?

Un altro aspetto, apparentemente banale ma importantissimo. Spesso si crede, non si sa bene per quale motivo, che avere uno psicologo dello sport sia come tenersi una persona 24 ore su 24 nella società. Togliamoci un dubbio: esiste la consulenza nuda e cruda, con presenza più o meno assidua (1 volta al giorno? 1 a settimana? 1 al mese?). Prendendo nuovamente come esempio l’attività formativa, in rapporto ad una normalissima polisportiva, nessuno vieta la realizzazione di una serata/giornata ogni 2/3 mesi . 4/5 eventi all’anno non sono certo un impegno di tempo e risorse.

– Ma quanto mi costa?

Anche qui bisogna riflettere per un attimo. Se io parto con il presupposto dello psicologo onnipresente in società si avrà sempre l’idea errata di costi al di sopra delle proprie possibilità. L’approccio morbido è sempre l’ideale. Se prendiamo ancora come riferimento l’attività formativa c’è un ulteriore aspetto da considerare: la società sportiva fornisce un servizio ai suoi atleti e si mostra attenta nei loro confronti. Un genitore che vede questo interesse per il proprio figlio/atleta non può che apprezzare certe iniziative ed essere anche propenso a supportare la società. Se condiviso da tutte le famiglie ecco che una piccola quota pro-capite permette di ottenere i fondi necessari. E’ ovvio che ogni attività abbia un costo differente, lo psicologo impegna il suo tempo e non può certo lavorare gratis, ma l’esempio appena illustrato serve a comprendere che una soluzione sia sempre possibile attraverso il dialogo e una buona costruzione della domanda.

Dott. Mauro Lucchetta – Psicologo dello Sport

Per domande o dubbi: mauro.lucchetta@psicologiafly.com oppure visitate il sito: www.psicologiafly.com

 

 

 
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