LECCO – “Una donna che ha fatto, vissuto e scritto la storia”. Queste le parole che hanno accompagnato l’ingresso sul palco del Teatro Sociale di Dacia Maraini. La scrittrice e saggista è stata vincitrice del Premio Manzoni alla Carriera, il prestigioso riconoscimento promosso dall’associazione 50&più di Confcommercio Lecco. La cerimonia di consegna si è svolta sabato sera, in un teatro gremito di persone.
Elegante e sorridente la scrittrice, nata a Firenze nel 1936, ha portato sul palco la propria testimonianza di donna, prima che di scrittrice, condotta dalle domande dei giornalisti Luigi Mascheroni e Vittorio Colombo. A segnare le sue”tappe” è stato un simbolico alfabeto di lettere, che a mo’ di capitoli hanno condotto il pubblico attraverso una vita intensa e davvero vissuta, nella semplicità che da sempre contraddistingue la famosa scrittrice.
Non si poteva non partire dal rapporto con il romanzo manzoniano per eccellenza, “I Promessi Sposi”. La confessione di Dacia Maraini ha strappato una tenera risata a tutti i presenti: “Da piccola avevo pianto perchè a scuola ci costringevano ad imparare a memoria alcune parti del romanzo e delle poesie, era uno strazio! Poi crescendo il rifiuto si è trasformato in piacere“.
Fresca di compleanno (lo scorso 13 novembre la Maraini ha spento l’ottantesima candelina) l’autrice ha potuto dichiarare di aver fatto nella vita davvero tutto quello che aveva desiderato. Un unico rimpianto, la musica: “Ho sempre amato la musica ma non ho mai imparato a suonare uno strumento. Quando ti dedichi a un’arte e la vuoi approfondire c’è spazio davvero per poco altro, io ho scelto la scrittura”.
Una dote “innata”, si potrebbe dire. Dacia è infatti figlia d’arte, sua madre, Topazia Alliata, nata in Sicilia, oltre ad essere un’apprezzata pittrice scriveva. Così la madre di sua madre. L’incontro con la letteratura è a 13 anni: una passione e una dote che porterà Dacia Maraini a scrivere diversi romanzi, ma anche saggi, storie per bambini, sceneggiature e molto altro. Tra i riconoscimenti più prestigiosi c’è il Premio Strega, vinto nel 1999 con la raccolta di racconti sulla violenza sull’infanzia “Buio”.
Ma nella vita della scrittrice, come raccontato durante la serata, ci sono stati anche il padre, Fosco Maraini, “giovanotto ribelle” e allo stesso tempo padre premuroso (che nel ’58 accompagnò Riccardo Cassin e Carlo Mauri nella spedizione al Gasherbrum IV), i difficili anni nel campo di concentramento tra la sofferenza e gli stenti della fame. Ci sono stati la solarità di un altro grande autore, Alberto Moravia, per 15 anni compagno di vita, e il silenzio poetico di Pier Paolo Pasolini, compagno di tanti viaggi, altra passione dell’autrice.
Le riflessioni e gli scritti hanno seguito (e seguono tutt’ora) un percorso volto alla solidarietà. “L’unica chiave è aiutare gli altri – ha spiegato la Maraini – nei miei libri spesso tratto della sofferenza, di violenza, dell’emarginazione, delle ingiustizie in generale. Viviamo in un’epoca in cui le ideologie sono scomparse, lasciando il posto a tanta confusione. Scomparse le ideologie rimane la prassi, rimane il rimboccarsi le maniche per aiutare l’altro, chiunque sia“.
Non poteva mancare, in chiusura di serata, l’invito alla lettura: “Leggere mette in moto l’immaginazione, quando si legge un libro spesso lo si riscrive mentalmente. Anche questo è un percorso di crescita interiore che non va perso”.
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